Mariya scrive, legge, studia. Continua il suo lavoro di ricercatrice in studi sociali di genere. In testa, la sua Kàrkiv sotto le bombe: la prima università ucraina distrutta sotto gli occhi del mondo, pochi giorni dopo l'invasione russa. Mariya è fuggita subito, col figlio adolescente e il cane Nero. Suo marito è ancora lì, aiuta la resistenza. Torino l'ha accolta, e al Politecnico può continuare la sua attività scientifica.Una comunità scientifica dispersa, che l'Italia ricuce con percorsi di accoglienza per ricercatori rifugiati. Al Politecnico di Torino Mariya collabora a progetti sugli studi di genere. Tra questi, una mostra dedicata alle donne che hanno fatto la storia del Politecnico. Mariya tornerà, un giorno, a casa. Una comunità scientifica che il Politecnico tiene in piedi anche per altri rifugiati. Come Taiebeh, 28 anni, origini afghane ma nata da rifugiata in Iran. Due paesi in cui studio e ricerca, oltre che la stessa vita, sono a rischio per le donne. Lo studio, un privilegio anche per Yves, 28 anni, nato in Burundi, dove solo 1 bambino su 10 riceve un'istruzione, e sfollato in Zimbabwe. Al Politecnico studia ingegneria Energetica.
Servizio di Alessia Mari
Montaggio di Paola Bovolenta.