ITALIA
In primo grado gli era stato comminato l'ergastolo
Delitto Sara Di Pietrantonio: 30 anni in appello all'ex fidanzato Vincenzo Paduano
Paduano: "Non posso meritare la pace. Non mi perdonerò mai per quello che ho fatto"

Condannato a trent'anni in appello Vincenzo Paduano, l'ex vigilante accusato di avere ucciso e dato alle fiamme la sua ex fidanzata, Sara Di Pietrantonio, il 29 maggio 2016.
La conferma dell'ergastolo comminato in primo grado è quel che chiedeva la procura per l'uomo che due anni fa in Via della Magliana, a Roma, diede alle fiamme la ragazza, appena ventenne, dopo averla strangolata.
La tesi della difesa
La difesa premeva per l'assoluzione di Paduano dai reati di stalking e di distruzione di cadavere, ma soprattutto perchè non gli venisse riconosciuto l'aggravante della premeditazione. Secondo l'avvocato difonsore Flora Divizia, infatti, l'alcool contenuto nella bottiglia che Paduano aveva portato con sè quel giorno era poco e doveva servire solo a danneggiare la macchina della ragazza non ad incendiare nient'altro".
Quanto all'altro aggravante, quello per futili motivi, la difesa parlava di Vincenzo Paduano come "vittima di gelosia". Una gelosia diventata così insopportabile da arrivare a compiere il tragico gesto. Un rapporto, quello tra Vincenzo e Sara, fatto di continui litigi e discussioni: "Loro due hanno sempre avuto mille casini e ogni volta tornavano insieme", ha spiegato la difesa. "Ma dai messaggi che i due si scrivevano Sara non aveva mai espresso paura nei confronti di Vincenzo".
La tesi dell'accusa
Di altro avviso il pm Maria Gabriella Fazi, secondo la quale la premeditazione c'era ed emergeva dal fatto che Paduano prima di compiere l'omicidio, si era preoccupato di lasciare il cellulare e il tablet al lavoro. "La ragazza - ha affermato oggi davanti ai giudici Fazi - è stata bagnata di benzina dalla testa ai piedi. Paduano inoltre ha bruciato il corpo sulle foglie secche per distruggere Sara".
L'alcol contenuto nella bottiglietta, insomma, sarebbe servito per ripulire il marcio da sradicare e fare "tabula rasa". Sui futili motivi insisteva l'accusa, che parlava di un gesto estremo dovuto alla perdita improvvisa di potere e controllo di Paduano sulla vittima che considerava essere "di sua proprietà".
Il pentimento di Paduano
"Non posso meritare la pace. Non mi perdonerò mai per quello che ho fatto: ho tolto a Sara la possibiltà di essere felice, la pena più grande è la sofferenza che porto dentro e non il carcere", ha detto Paduano in aula rendendo spontanee dichiarazioni alla Corte.
La reazione della madre di Sara
Soddisfazione da parte di Concetta Raccuia, madre di Sara Di Pietrantonio, dopo la sentenza di condanna a 30 anni per Vincenzo Paduano. "Non c'è grossa differenza tra 30 anni e l'ergastolo", ha detto. "Forse posso sembrare cinica -ha aggiunto- ma non credo che Paduano si sia pentito: credo che per arrivare a un pentimento vero dovrà essere aiutato molto ancora perché da solo non può farcela". Sulle lacrime del vigilante di 28 anni, che ha pianto in più occasioni durante l'udienza di oggi, Raccuia afferma: "Ha pianto per se stesso direi, perché è una pena molto dura".
La conferma dell'ergastolo comminato in primo grado è quel che chiedeva la procura per l'uomo che due anni fa in Via della Magliana, a Roma, diede alle fiamme la ragazza, appena ventenne, dopo averla strangolata.
La tesi della difesa
La difesa premeva per l'assoluzione di Paduano dai reati di stalking e di distruzione di cadavere, ma soprattutto perchè non gli venisse riconosciuto l'aggravante della premeditazione. Secondo l'avvocato difonsore Flora Divizia, infatti, l'alcool contenuto nella bottiglia che Paduano aveva portato con sè quel giorno era poco e doveva servire solo a danneggiare la macchina della ragazza non ad incendiare nient'altro".
Quanto all'altro aggravante, quello per futili motivi, la difesa parlava di Vincenzo Paduano come "vittima di gelosia". Una gelosia diventata così insopportabile da arrivare a compiere il tragico gesto. Un rapporto, quello tra Vincenzo e Sara, fatto di continui litigi e discussioni: "Loro due hanno sempre avuto mille casini e ogni volta tornavano insieme", ha spiegato la difesa. "Ma dai messaggi che i due si scrivevano Sara non aveva mai espresso paura nei confronti di Vincenzo".
La tesi dell'accusa
Di altro avviso il pm Maria Gabriella Fazi, secondo la quale la premeditazione c'era ed emergeva dal fatto che Paduano prima di compiere l'omicidio, si era preoccupato di lasciare il cellulare e il tablet al lavoro. "La ragazza - ha affermato oggi davanti ai giudici Fazi - è stata bagnata di benzina dalla testa ai piedi. Paduano inoltre ha bruciato il corpo sulle foglie secche per distruggere Sara".
L'alcol contenuto nella bottiglietta, insomma, sarebbe servito per ripulire il marcio da sradicare e fare "tabula rasa". Sui futili motivi insisteva l'accusa, che parlava di un gesto estremo dovuto alla perdita improvvisa di potere e controllo di Paduano sulla vittima che considerava essere "di sua proprietà".
Il pentimento di Paduano
"Non posso meritare la pace. Non mi perdonerò mai per quello che ho fatto: ho tolto a Sara la possibiltà di essere felice, la pena più grande è la sofferenza che porto dentro e non il carcere", ha detto Paduano in aula rendendo spontanee dichiarazioni alla Corte.
La reazione della madre di Sara
Soddisfazione da parte di Concetta Raccuia, madre di Sara Di Pietrantonio, dopo la sentenza di condanna a 30 anni per Vincenzo Paduano. "Non c'è grossa differenza tra 30 anni e l'ergastolo", ha detto. "Forse posso sembrare cinica -ha aggiunto- ma non credo che Paduano si sia pentito: credo che per arrivare a un pentimento vero dovrà essere aiutato molto ancora perché da solo non può farcela". Sulle lacrime del vigilante di 28 anni, che ha pianto in più occasioni durante l'udienza di oggi, Raccuia afferma: "Ha pianto per se stesso direi, perché è una pena molto dura".