Troppe persone arrivano in ospedale già sieropositive
Aids in Europa, boom di infezioni nel 2012
L'Oms: un aumento dell'8% dei contagi proprio in Europa tra il 2011 e il 2012. Nel nostro paese il principale mezzo di trasmissione è costituito dai rapporti eterosessuali. Doxa: un giovane su tre in Italia non considera l'Aids un rischio reale

C'è chi pensa che l'Aids sia un problema del passato, o limitato ai paesi in via di sviluppo, e invece è sempre ben presente anche dentro i confini italiani ed europei, e anzi sta 'rialzando' la testa. Lo testimoniano, alla vigilia del World Aids Day del 1 dicembre, i dati diffusi dall'European Center for Diseases Control and Prevention e dall'Oms, che parlano di un aumento dell'8% dei contagi proprio in Europa tra il 2011 e il 2012.
Lo scorso anno sono state in totale 31mila le nuove infezioni registrate dall'Oms, di cui 29mila nell'Ue e nei paesi dello spazio economico europeo.
Il 40% delle diagnosi è stata fatta in persone omosessuali, ma la trasmissione eterosessuale è quasi altrettanto frequente (33%), mentre nel 18% dei casi l'origine dell'infezione è sconosciuta.
"Il 49% delle persone che ricevono la diagnosi - sottolinea Marc Sprenger, direttore dell'Ecdc - scopre troppo tardi di essere sieropositivo, quando ormai il sistema immunitario ha cominciato a cedere. Questo dimostra che dobbiamo rendere il test più disponibile in tutta Europa per assicurarci diagnosi precoci e quindi trattamenti più efficaci".
Per quanto riguarda l'Italia ormai da qualche anno il numero di nuove diagnosi di infezione da Hiv è stabilizzato intorno alle 4mila, afferma il bollettino del Centro Operativo Aids dell'istituto Superiore di Sanità, che corrispondono a circa 10 contagi al giorno.
Nel nostro paese il principale mezzo di trasmissione è costituito dai rapporti eterosessuali, al 42,7%, mentre quelli omosessuali sono al secondo posto con il 37,9%, mentre nel 12% dei casi non è stato possibile risalire all'origine del virus. Un terzo delle diagnosi riguarda persone tra 30 e 39 anni e i maschi sono quasi quattro volte più delle femmine. Nel 2012, si legge nel documento, sono stati segnalati invece 712 casi di Aids.
"Questi numeri ci dicono che anche da noi, come nel resto d'Europa, la battaglia contro l'Aids è tutt'altro che vinta - spiega Stefano Vella, esperto dell'istituto Superiore di Sanità e chairman del comitato internazionale dell'Oms che ha redatto le linee guida sulla malattia -. In Italia il problema principale è che troppe persone arrivano in ospedale quando già hanno l'Aids, e ci sono giovani che non hanno proprio idea di che cosa sia l'Aids oltre alle altre malattie sessuali. Servirebbe più informazione in materia, a partire dalle scuole, senza dimenticare che questo è un problema che nessun paese può risolvere da sè. L'epidemia è globale, e tale deve essere anche la risposta".
Un giovane su tre non considera l'Aids un rischio reale
Un giovane su tre in Italia non considera l'Aids un rischio reale. E' quanto emerge una ricerca realizzata da Doxa per la onlus Cesvi (Cooperazione E SVIluppo) tra i giovani dai 16 ai 34 anni. Il rapporto evidenzia anche che solo il 35% dei ragazzi e ragazze in Italia, nonostante sappiano perfettamente che la via di trasmissione principale è quella sessuale, usa abitualmente il preservativo nelle proprie relazioni e solo il 29% dichiara di aver fatto il test dell'Hiv.
Le giovani donne si espongono maggiormente al rischio, sentendosi protette da una relazione stabile.
Per tenere alta l'attenzione sul problema e fare chiarezza sul tema della prevenzione, in occasione della Giornata mondiale contro l'Aids dell'1 dicembre, Cesvi rilancia la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi giunta alla dodicesima edizione "Fermiamo l`Aids sul nascere", con il duplice obiettivo di sostenere la lotta al virus nei Paesi più colpiti e rialzare il livello di attenzione fra i giovani italiani sulla necessità della prevenzione.
Per Giangi Milesi, presidente di Cesvi, "a 30 anni dalla individuazione del virus dell'Hiv è un ottimo segnale che in Italia sia stato sperimentato per la prima volta al mondo con successo un vaccino terapeutico pediatrico, rivolto ai bambini nati infetti per via materna, trasmissione della malattia che interessa il 95% dei nuovi casi pediatrici ogni anno".
"La nostra lotta alla diffusione del virus in paesi come lo Zimbabwe dove la malattia tocca quasi ogni famiglia, riguarda proprio la protezione dei nuovi nati; è fondamentale bloccare il contagio tra madre e bambino con la terapia antiretrovirale al momento del parto. La ricerca non deve fermarsi e tantomeno i trattamenti con i farmaci antiretrovirali e le campagne di informazione, in Italia come nei Paesi del sud del mondo: l'Aids ancora oggi è una delle malattie che miete più vittime nel mondo".