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MONDO

Parco Santakos

Bagno folla per il Papa a Kaunas, oltre 100mila nel parco: è la seconda tappa in Lituania

La messa con il ricordo di deportazioni e occupazioni. Poi il rientro a Vilnius e la tappa al Grande Ghetto. Qui, Francesco si commuove visitando le celle dei torturati: prima toccò agli ebrei, poi agli oppositori al regime

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È un vero bagno di folla quello che ha accolto papa Francesco al suo arrivo a Kaunas, sua seconda tappa in Lituania, dove stamane celebra la messa e recita l'Angelus nel Parco Santakos.

Sono oltre centomila i fedeli presenti nell'area della messa: gli organizzatori avevano distribuito 90 mila biglietti ma considerano che gli arrivi siano stati superiori. Molte le persone che hanno salutato il Papa sulla 'papamobile' aperta anche lungo le vie di accesso al parco.   

Francesco, prima della messa, fa il giro tra la folla, che lo acclama a gran voce e lo saluta al suo passaggio, sventolando anche bandierine bianche e gialle, i colori della Santa Sede.

Il Papa ricorda occupazioni e deportazioni
"La vita cristiana attraversa sempre momenti di croce, e talvolta sembrano interminabili. Le generazioni passate avranno avuto impresso a fuoco il tempo dell'occupazione, l'angoscia di quelli che venivano deportati, l'incertezza per quelli che non tornavano, la vergogna della delazione, del tradimento". Così il Papa, facendo riferimento alle vicende storiche della Lituania, nella messa nel Parco Santakos, a Kaunas.     

"Quanti di voi hanno visto anche vacillare la loro fede perché non è apparso Dio per difendervi - ha detto -; perché il fatto di rimanere fedeli non è bastato perché Egli intervenisse nella vostra storia". "Kaunas conosce questa realtà - ha ricordato Francesco -; la Lituania intera lo può testimoniare con un brivido al solo nominare la Siberia, o i ghetti di Vilnius e di Kaunas, tra gli altri". 

Voglia di potere è di chi non fa i conti con la storia
Il desiderio di potere e di gloria è il modo più comune di comportarsi di coloro che non riescono a guarire la memoria della loro storia e, forse proprio per questo, non accettano nemmeno di impegnarsi nel lavoro del presente". Lo ha detto il Papa nella messa a Kaunas.   

"E allora - ha proseguito - si discute su chi ha brillato dipiù, chi è stato più puro nel passato, chi ha più diritto ad avere privilegi rispetto agli altri. E così neghiamo la nostra storia, 'che è gloriosa in quanto storia di sacrifici, di speranza, di lotta quotidiana, di vita consumata nel servizio, di costanza nel lavoro faticoso'".   

Secondo Francesco, "è un atteggiamento sterile e vano, che rinuncia a coinvolgersi nella costruzione del presente perdendo il contatto con la realtà sofferta del nostro popolo fedele". "Non possiamo essere come quegli 'esperti' spirituali - ha aggiunto -, che giudicano solo dall'esterno e passano tutto il tempo a parlare di 'quello che si dovrebbe fare'".   

Commentando i passi evangelici il Papa ha quindi chiesto: "Chi saranno i più piccoli, i più poveri tra noi, che dobbiamo accogliere a cent'anni della nostra indipendenza? Chi è che non ha nulla per ricambiarci, per rendere gratificanti i nostri sforzi e le nostre rinunce?". "Forse sono le minoranze etniche della nostra città, o quei disoccupati che sono costretti a emigrare - ha affermato -. Forse sono gli anziani soli, o i giovani che non trovano un senso nella vita perché hanno perso le loro radici". 

Quando si accoglie un piccolo, si accoglie Gesù
"Di questo si tratta: di essere una Chiesa 'in uscita', di non aver paura di uscire e spenderci anche quando sembra che ci dissolviamo, di perderci dietro i più piccoli, i dimenticati, quelli che vivono nelle periferie esistenziali", ha affermato papa Francesco durante la messa a Kaunas. "Ma sapendo che quell'uscire - ha sottolineato -comporterà anche in certi casi un fermare il passo, mettere da parte le ansie e le urgenze, per saper guardare negli occhi, ascoltare e accompagnare chi è rimasto sul bordo della strada".   

A volte, ha aggiunto, "bisognerà comportarsi come il padre del figlio prodigo, che rimane sulla porta aspettando il suo ritorno, per aprirgli appena arriva; oppure come i discepoli, che devono imparare che, quando si accoglie un piccolo, è lo stesso Gesù che si accoglie". "Perché per questo oggi siamo qui- ha detto ancora Francesco -, ansiosi di accogliere Gesù nella sua parola, nell'Eucaristia, nei piccoli. Accoglierlo affinché Egli riconcili la nostra memoria e ci accompagni in un presente che continui ad appassionarci per le sue sfide, per i segni che ci lascia; affinché lo seguiamo come discepoli, perché non c'è nulla di veramente umano che non abbia risonanza nel cuore dei discepoli di Cristo, e così sentiamo come nostre le gioie e lesperanze, le tristezze e le angosce degli uomini del nostro tempo, soprattutto dei poveri e dei sofferenti".   

Per questo, "e perché come comunità ci sentiamo veramente e intimamente solidali con l'umanità - di questa città e di tutta la Lituania - e con la sua storia vogliamo donare la vita nel servizio e nella gioia, e così far sapere a tutti che Gesù Cristo è la nostra unica speranza". 

Mai più seguire canti sirena ideologie naziste
"Settantacinque anni fa, questa Nazione assisteva alla definitiva distruzione del Ghetto di Vilnius; così culminava l'annientamento di migliaia di ebrei che era già iniziato due anni prima". Così il Papa all'Angelus a Kaunas. "Facciamo memoria di quei tempi, e chiediamo al Signore che ci faccia dono del discernimento per scoprire in tempo qualsiasi nuovo germe di quell'atteggiamento pernicioso, di qualsiasi aria che atrofizza il cuore delle generazioni che non l'hanno sperimentato e che potrebbero correre dietro quei canti di sirena".

L'incontro con il clero: "Non dimenticate i vostri martiri"
"Volevo dire un sentimento che ho: guardando voi, vedo dietro di voi tanti martiri. Martiri anonimi, nel senso che neppure sappiamo dove sono stati sepolti. Qualcuno di voi, che ho salutato prima, ha saputo cos'era la prigione. Viene in mente una parola, per incominciare: non dimenticate! Abbiate memoria!". Così papa Francesco, parlando 'a braccio', ha esordito nell'incontro col clero della Lituania nella Cattedrale di Kaunas. "Siete figli di martiri - ha continuato -. Questa è la vostra forza. E lo spirito del mondo non venga a dirvi qualche altra cosa, diversa di quella che hanno vissuto i vostri antenati".

"Ricordate i vostri martiri - ha insistito -. Prendete esempio da loro, non avevano paura. Parlando con i vostri vescovi, oggi, dicevano come si può fare per reintrodurre la causa di beatificazione di tanti di cui non abbiamo documenti ma sappiamo che sono martiri. E' una consolazione, bello sentire questo. La preoccupazione per coloro che ci hanno dato testimonianza. Sono dei santi!".

"Il vescovo - ha proseguito il Pontefice - ha parlato senza sfumature. I francescani parlano così. 'Oggi, spesso e in vari modi, viene messa alla prova la nostra fede', ha detto. Lui pensava che fossero i dittatori a perseguitare, no. 'Dopo aver risposto alla chiamata della vocazione spesso non proviamo più gioia nella preghiera né nella vita comunitaria', ha detto ancora".

"Lo spirito della secolarizzazione, della noia, quello che tocca la comunità, la tentazione della seconda generazione - ha sottolineato Francesco -. I nostri padri hanno lottato, hanno sofferto, sono stati carcerati, e forse noi non abbiamo la forza di andare avanti. Abbiate conto di questo". "Il libro degli Atti degli Apostoli - ha aggiunto - faceva un'esortazione: "Non dimenticatevi dei primi giorni, non dimenticatevi dei vostri antenati", questa è l'esortazione che all'inizio rivolgo a voi".

In preghiera al Monumento Vittime del Ghetto a Vilnius
Tornato in auto da Kaunas a Vilnius, papa Francesco ha sostato in preghiera silenziosa davanti al Monumento delle Vittime del Ghetto. Presente anche la presidente della Repubblica della Lituania, Dalia Grybauskaite. Il Papa, prima di soffermarsi per alcuni istanti in raccoglimento, ha deposto un omaggio floreale. Ricorre proprio oggi il 75/o anniversario della distruzione del Ghetto di Vilnius da parte delle forze di occupazione naziste (23 settembre 1943). Il Pontefice si è recato poi in visita al Museo delle Occupazioni e Lotte per la Libertà.

Il Grande Ghetto
Sul muro di un edificio residenziale in Via Rodninku, in pieno centro storico di Vilnius, una targa sobria, costituita da due tavolette in pietra, annuncia l'ingresso a uno dei più grandi ghetti ebraici della Lituania e dell'Europa. Il memoriale raffigura il piano del Grande Ghetto di Vilnius circoscritto tra le vie Lydos, Rudnunku, Mesiniu, Asmenos, Zemaitijos, Dysnos, Siauliu e Lagonines.

Nato dopo l'uccisione di circa 20 mila ebrei durante una rivolta nel piccolo ghetto, il Grande Ghetto fu aperto il 6 settembre 1941. Al suo interno, la fame, le malattie, le esecuzioni di strada, i maltrattamenti e le deportazioni nei campi di concentramento e di sterminio ridussero la popolazione del ghetto da 40 mila persone a zero. Pensato più come un'anticamera della morte, in soli due anni, poche centinaia di persone riuscirono a sopravvivere nascondendosi nelle foreste che circondano la città, unendosi ai partigiani sovietici o trovando riparo tra gli abitanti del luogo. Dai circa 95 mila residenti ebrei (quasi la metà della popolazione) e le 110 sinagoghe attive prima dell'occupazione nazista, oggi si contano appena 4 mila ebrei e solo due sinagoghe. Il 23 settembre 1943, giorno della chiusura del Ghetto di Vilnius, è stato dichiarato il Giorno del genocidio ebraico in Lituania.

La visita al Museo delle Occupazioni e Lotte per la libertà
 Il Papa, accompagnato dall'arcivescovo di Vilnius, mons. Gintaras Grusas, è sceso al piano inferiore dell'edificio, per visitare le celle n. 9 e 11. Francesco si è commosso davanti a queste due piccole stanze di 60 centimetri quadrati, utilizzate per le torture dalla Gestapo prima e dal Kgb poi. Qui ha acceso una candela in memoria delle vittime. Presente anche un vescovo della Compagnia di Gesù, superstite della persecuzione. Il Papa si è recato poi nella sala delle esecuzioni, dove si è soffermato in silenzio. 

Questo edificio evoca nei lituani una memoria sinistra. E' il simbolo che resta della dominazione sovietica, all'epoca sede degli uffici del Kgb e soprattutto, nei famigerati seminterrati, delle prigioni in cui venivano torturati e detenuti gli oppositori del regime. In precedenza, fu la Gestapo a occuparlo tra il 1941 e il '44 con finalità analoghe. Secondo alcune stime, oltre mille persone hanno perso la vita nell'edificio soltanto tra il 1944 e gli anni Sessanta. A ricordo di quell'orrore, l'edificio è stato riadattato nel 1992 a Museo dedicato alle vittime. All'interno sono visitabili una ventina di celle (terribili le due di isolamento, da 60 centimetri quadrati l'una) e alcuni luoghi in cui i prigionieri venivano seviziati.