Original qstring:  | /dl/archivio-rainews/articoli/Biagio-Conte-e-la-sua-Africa-siciliana-5f5d2941-4753-4f09-a380-1f243116d810.html | rainews/live/ | true
ITALIA

Un ritratto

Biagio Conte e la sua Africa siciliana

La storia di Fratel Biagio, il missionario laico che ha abbandonato tutto e ha fondato la Missione Speranza e Carità a Palermo, che oggi accoglie 800 emarginati, senza tetto, ultimi

Condividi
Biagio Conte
Palermo, 5 maggio 1990. Biagio Conte, 26 anni, classe 1963, va via di casa. In piena crisi esistenziale, si rifugia nelle montagne di Monreale e inizia una vita da eremita. È un ragazzo come tanti, della Palermo bene. Ha tutto: soldi, amici, fidanzata, unico figlio maschio (ha due sorelle) di una famiglia benestante che non gli fa mancare niente. Ma non è felice, quello che possiede, la vita che conduce non lo soddisfa, e la vista dei poveri e degli emarginati del capoluogo siciliano lo fa soffrire. La sua fuga, o meglio, il suo viaggio di formazione scaturiscono da un’istanza sociale molto forte, che lo porta in un primo momento ad allontanarsi dagli uomini e a ricercare la pace e il silenzio delle montagne e dei boschi, con il cane Libertà che salva durante il percorso.

Il viaggio
Passano due mesi. La sua vita cambia radicalmente, vive di elemosina, conosce l’indifferenza ma anche la solidarietà della gente.  Un pastore lo aiuta e Biagio si occupa del suo gregge, e si avvicina di nuovo agli uomini. “Ho camminato molto  -  racconta Biagio nel sito della Missione - scaricando le tensioni e le scorie della vita mondana, nel silenzio e nella meditazione mi sentivo sempre più libero e pieno di pace, non avevo nulla con me, eppure era come se avessi tutto”.

Il viaggio lo porta a piedi dalla Sicilia alla Calabria, alla Basilicata, la Campania, il Lazio, e infine l’Umbria, Assisi, la città di san Francesco. La sua famiglia si rivolge anche al programma Chi l’ha visto che gli dedica tre puntate. Biagio decide di vivere da missionario, di occuparsi degli altri, proprio come il santo poverello. In un primo momento pensa di andare in Africa o in India, ma, come dirà in seguito, i piani del Signore per lui sono diversi, e Palermo lo sta aspettando. Qui, un anno e due mesi dopo quella notte del 5 maggio, inizia per lui una seconda vita.

Il ritorno a Palermo
Fratel Biagio vive insieme agli emarginati, i senza fissa dimora, i migranti, che chiama, da francescano, Fratelli. Vive per strada, alla stazione, e si occupa di loro: pasti caldi, coperte. Lo aiutano le elemosine, la gente, le parrocchie. Poi la decisione di occupare edifici abbandonati , le proteste, il digiuno, e la fondazione della prima Missione di Speranza e carità, vicino la stazione. Un progetto di accoglienza basato sulla condivisione, la vita di comunità e il motto “Sbracciati e datti da fare”. Tutti si impegnano, lavorano, aiutano gli altri. La solidarietà è contagiosa e catene di volontari aiutano la missione. Si aggiunge il salesiano don Pino. La comunità mira al reinserimento sociale degli ultimi, un percorso materiale e spirituale. Molti si sistemano, trovano lavoro, o tornano dalle proprie famiglie.

La Missione Speranza e Carità
Oggi le Missioni sono tre, una per sole donne e bambini in Via Garibaldi, la storica vicino la stazione, l'ex lazzaretto di via Archirafi, e la Cittadella del povero, a via Decollati, un vecchio magazzino dell'Aeronautica, che accoglie migranti, fissi o di passaggio. Attualmente la missione accoglie 800 persone, e conta sull’aiuto di oltre 400 volontari.

Lo scorso gennaio è stato reso noto che fratel Biagio, costretto su una sedia a rotelle a causa delle fatiche a cui si è sottoposto, ha ritrovato l’uso delle gambe dopo un viaggio a Lourdes. La Curia di Palermo parla di miracolo.