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SPETTACOLO

Musica

Bob Dylan canta “le ombre della notte”

Nel suo nuovo album, “Shadows in the night”, il menestrello di Duluth si traveste da crooner e rilegge 10 classici dell’ ”American Songbook”.  Togliendosi il cappello di fronte a Frank Sinatra

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di Maurizio Iorio

Sembra Elvis Costello, ma non lo è. E' invece Bob Dylan, che nel nuovo album, Shadow in the night", in uscita il 3  febbraio, veste i panni del crooner e  canta Frank Sinatra.    Una voce rivestita di catrame, come   quella del menestrello di Duluth, sembra totalmente antitetica per l'interpretazione di standard come "Stay with me", "Autumn leaves", "I A Fool To Want You", "Some enchanted evening".

Eppure il risultato è straordinario, il che la dice lunga sulla grandezza dell'interprete che, alla soglia dei 74 anni, si confronta con uno dei suoi idoli e con le canzoni che ascoltava da bambino. Come se le avesse scritte lui.  Il vecchio scorbutico cantautore ha dichiarato, in una lunga intervista alla rivista “Aarp”, la prima dopo tre anni: “Realizzare quest’album è stato un autentico privilegio. Da tempo volevo fare un disco come questo, ma non ho ma avuto il coraggio di avvicinarmi ad arrangiamenti complessi per 30 elementi e adattarli ad una band di 5. Il segreto di queste interpretazioni? Conoscere benissimo i brani. E’ stato fatto tutto dal vivo, in una sola session, senza sovraincisioni”.  E ha aggiunto: “Questo era il momento gusto. Ci penso da quando ho sentito “Stadust” di Willie Nelson per la prima volta, verso la fine degli anni ’70”. E poi il suo panegirico per Frank Sinatra: “Quando inizi a fare queste canzoni, non puoi non avere in mente Frank Sinatra. Perché lui è la montagna. E’ la montagna da scalare, anche se magari non arrivi fino in cima. Ed è difficile trovare una canzone che non abbia fatto lui. Credo che sarebbe orgoglioso di sapere che ho inciso queste canzoni con un quintetto”.  

La grandezza di “Shadow in the night”, delle ombre nella notte ( per lui, probabilmente, le canzoni che gli attraversano il cervello ritornando dal passato) sta proprio in questa rilettura, scarna e ruvida,  di brani che fanno parte a pieno titolo del grande “American Songbook”. Un Dylan bipolare, da abbondanti dosi di litio. Difficile dire quale dei due sia il più bravo, se il rocker o il crooner.