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MONDO

Il dopo voto

Brexit, l'Unione europea: pronti a negoziare, non c'è tempo da perdere

Bruxelles chiede a Londra di procedere nel miglior spirito possibile, minimizzando i danni dell'uscita del Regno Unito dall'Unione

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All'indomani del voto anticipato nel Regno Unito, che ha indebolito invece di rafforzare il governo britannico in vista delll'avvio dei negoziati per la Brexit, l'Unione europea chiede in sostanza di fare presto e bene per evitare un "non accordo" sul divorzio di Londra da Bruxelles.

Tusk: minimizzare i danni
 "La nostra responsabilità condivisa e il nostro compito urgente sono quello di condurre i negoziati" sulla Brexit "nel miglior spirito possibile", minimizzando i danni per i nostri cittadini, imprese e Paesi, dopo il marzo 2019. "Il termine fissato dall'Articolo 50 non ci lascia tempo da perdere". Così il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk nella lettera di felicitazioni a Theresa May, in occasione della sua riconferma nel ruolo di premier.  "Sono pienamente impegnato a mantenere un contatto stretto e regolare al nostro livello, per facilitare il lavoro dei nostri negoziatori", aggiunge Tusk.  "Non sappiamo quando i negoziati sulla Brexit cominceranno, ma sappiamo quando devono finire. Fate del vostro meglio per evitare che alla fine ci sia un 'non accordo' come risultato di un 'non negoziato'". Eloquente e ironico, è il tweet con cui stamattina il presidente del Consiglio europeo aveva commentato il voto.
  
Juncker: no a ulteriori ritardi nel negoziato
"Spero che non ci siano ulteriori ritardi nei negoziati", ha detto, da parte sua, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, parlando in una conferenza stampa stamattina a Praga. "Spero che i risultati elettorali non abbiano grande impatto su questo negoziato, che stiamo aspettando disperatamente", ha aggiunto, osservando poi che  "tutte le elezioni sono importanti, non solo quelle nei cosiddetti grandi Stati membri; ma quelle di ieri erano di particolare importanza. Spero davvero - ha concluso Juncker - che il Regno Unito sia pronto ad aprire i negoziati: per quanto riguarda la Commissione possiamo iniziare domattina alle 9.30: aspettiamo visite da Londra".

Tutto pronto a Bruxelles per il 19 giugno
A Bruxelles, in effetti, tutto era pronto per accogliere i negoziatori britannici ed entrare con loro nel vivo delle discussioni già in queste settimane. Prima del voto di ieri, il capo negoziatore per l'Ue, Michel Barnier, aveva già previsto un'agenda, mai confermata da Londra, che prevedeva un primo incontro formale dei due team negoziali il 19 giugno. L'incontro sarebbe stato preceduto da uno scambio informale, e accompagnato dalla pubblicazione, già la settimana prossima, della posizione negoziale dell'Ue sul dossier più delicato e controverso, quello dell'accordo finanziario. La Commissione ha infatti già pronto nel cassetto il conto che secondo i Ventisette Londra dovrà pagare per poter lasciare l'Ue rispettando tutti i contratti che ha firmato e gli impegni finanziari che ha preso. Una cosa che fa imbestialire gli "hard brexiter", convinti di poter andarsene a loro piacimento senza dover nulla a nessuno. Non è chiaro se ora si potrà rispettare la tabella di marcia di Barnier, e, nonostante la rapidità con cui Theresa May ha avuto il reincarico, è lecito dubitare che si riesca davvero a cominciare i negoziati così in fretta.

Ora una "soft" Brexit?
In fondo, quello che ci si aspetta ora a Bruxelles è che siano ammorbidite la posizioni iniziali della May, quelle iscritte nella sua lettera di notifica del 29 marzo: Londra determinata a uscire dal mercato unico europeo e dall'Unione doganale, non disposta a pagare alcun particolare prezzo per il divorzio, presto paese terzo a tutti gli effetti in vista di un futuro accordo commerciale di libero scambio, se mai si riuscirà a negoziarlo. Oggi gli Unionisti dell'Irlanda del Nord, ad esempio, potrebbero rimettere in discussione l'uscita del Regno Unito dall'unione doganale e dal mercato unico, che rischierebbe di rimettere una "frontiera dura" ai confini con la Repubblica d'Irlanda, territorio Ue. E i numeri risicati della maggioranza su cui conta Theresa May non consigliano di perseverare sulle posizioni care agli "hard brexiter", con Liberaldemocratici, Laburisti e Indipendentisti scozzesi pronti a bocciarle, considerando poi che anche tra i Conservatori non tutti sono diventati euroscettici convinti.

Il rebus nuove elezioni
L'instabilità politica in cui è entrato il Regno Unito è tale che non si esclude nemmeno l'ipotesi di nuove elezioni fra pochi mesi, magari già a ottobre, se non dovesse funzionare o dovesse durare poco il nuovo tentativo di Theresa May. A questo punto, non sarebbe da escludere, e diventerebbe anzi ragionevole, ricorrere alla possibilità di un rinvio della scadenza stabilita per la conclusione dei negoziati di divorzio (il 29 marzo 2019): l'articolo 50 del Trattato Ue consente questa decisione, se la chiede il paese che vuol lasciare l'Unione, ma a condizione che la richiesta sia accettata dagli altri Stati membri all'unanimità.