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POLITICA

Eletti i presidenti di Camera e Senato

Martina: Pd unito in Aula, ora alternativa per il Paese

"Saremo forza di minoranza e ci prepariamo per essere l'alternativa alla destra e ai cinque stelle"  dice il segretario reggente al termine delle votazioni

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"Il Partito Democratico ha lavorato unito in aula attorno ai suoi candidati Giachetti e Fedeli in coerenza con quello che abbiamo detto subito dopo il 4 marzo. Saremo forza di minoranza e ci prepariamo per essere l'alternativa alla destra e ai cinque stelle nel Paese". Cosi' il Segretario reggente Maurizio Martina al termine delle votazioni alla Camera.

Il Pd oscilla tra "soddisfazione e rammarico"
Tra questi due sentimenti opposti oscillano gli umori all'interno del gruppo dirigente del Partito Nazionale. "Soddisfazione per essere rimasti estranei a uno spettacolo poco edificante andato in scena a scapito delle istituzioni", spiegano fonti parlamentari del Pd. Rammarico per rendersi conto di essere "ormai marginali" nella scena politica nazionale.

Dopo il via libera di Lega e Movimento 5 Stelle, a cui sembra volersi accodare anche Berlusconi per "essere della partita" sul governo, i dem tirano le somme della strategia messa in campo. La scheda bianca alle prime votazioni li ha tenuti alla larga dalle trattative notturne, condotte "con metodi discutibili" che hanno portato alla scelta di Roberto Fico alla Camera ed Elisabetta Casellati al Senato. Niente da ridire sui profili personali dei presidenti, le riserve del Pd sono tutte sui metodi impiegati, con depistaggi e tranelli, fino al colpo di scena di Matteo Salvini che, votando Anna Maria Bernini contro Paolo Romani, ha tirato la corda con Silvio Berlusconi, fin quasi a romperla.

"Chi ci aveva promesso di inaugurare la stagione della Terza repubblica, di aprire il Parlamento come una scatoletta, con i caminetti e i minuetti di questi giorni ci riporta ai riti dei ricatti e dei vertici notturni della Prima Repubblica", spiega la senatrice Simona Malpezzi: "Invece della trasparenza e della ricerca di figure di garanzia, centrodestra e M5s si spartiscono il potere". Di caminetti parla anche Matteo Renzi. L'ex segretario del Pd e' intercettato all'ingresso del senato e a chi gli chiede dei due nomi avanzati dal Pd, Valeria Fedeli e Roberto Giachetti, risponde "tornano i caminetti". Parole che rischiano di provocare un nuovo terremoto dentro al partito, tanto che il segretario reggente, Maurizio Martina, subito ribatte: "Caminetti? Si chiama collegialita'". Poco dopo, pero', Renzi torna sull'argomento e precisa di riferirsi "non certo al Pd", ma alle riunioni notturne che hanno 'partorito' l'accordo tra lega e Movimento 5 Stelle. La scelta di avanzare due nomi dem e' maturata durante i confronti fra i leader dem nelle ultime ore. Confronti portati avanti spesso in Aula, alla Camera, e in Transatlantico. Come quello che ha visti protagonisti ieri Dario Franceschini, Lorenzo Guerini e Graziano Delrio. Il segretario reggente ha poi proposto la linea ai gruppi riuniti questa mattina a Montecitorio. Martina e il gruppo dirigente Pd avevano subodorato che la rottura tra Berlusconi e Salvini sarebbe durata lo spazio di due votazioni e, ai parlamentari dem, stamane, annuncia: "Allo stato attuale non e' chiaro cosa accadra' alla complessa situazione che si e' aperta in queste ore nel centrodestra. Dobbiamo capire se ci sara' una rottura, che potrebbe cambiare ancora una volta il quadro, o se siamo di fronte a una ricomposizione. E come si riposizionera' di conseguenza il M5s. Se lo scenario e' quello di ricomposizione, con le candidature del centrodestra al Senato e M5s alla Camera, propongo che il Pd metta in campo due sue candidature".

I nomi prescelti sono quelli della ministra dell'Istruzione, Valeria Fedeli, per il senato e Roberto Giachetti, per la Camera. Su questa proposta, Martina chiede e ottiene il mandato dei parlamentari. Un mandato pieno, tanto che i 54 senatori e 102 deputati dem in parlamento votano compatti secondo le indicazioni del vertice del partito. Il rammarico subentra nel momento in cui ci si rende conto di non avere piu' un ruolo al centro della scacchiera politica: il Partito Democratico non e' stato mai chiamato in causa durante la pur complicata partita per gli scranni piu' alti del Parlamento. Una presa d'atto dalla quale ricominciare, per costruire un partito capace di tornare a vincere nel 2019, anno di consultazioni europee, a cinque anni dall'ultima vittoria. Una marginalita' che, viene spiegato ancora in ambienti dem, avra' ricadute sulla composizione degli uffici di presidenza. Una partita questa che si giochera' dall'inizio della prossima settimana e si concludera' prima del Venerdi' Santo: "Nella maggioranza ci sono M5s, Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia. Anche ammesso che Forza Italia al senato e M5s alla Camera rinuncino a un vice presidente, rimarrebbero tre posti per ciascuna camera, sei in tutto. Difficile pensare che ne lasceranno uno al Partito Democratico".