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MONDO

Fiaccolata al Pantheon, a Roma

Caso Regeni. A sei mesi dalla morte di Giulio, i genitori: "Chiediamo sempre più forte la verità"

Gli inquirenti italiani, d'intesa con quelli egiziani, hanno deciso l'invio dell'hard disk del sistema di video sorveglianza della metropolitana del Cairo in Germania per provare ad acquisire possibili immagini del viaggio che il giovane ha compiuto tra le stazioni di Bohooth fino a quella di Naguih, passando per Dokki

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I genitori di Giulio Regeni hanno denunciato il fatto che non c'è ancora una verità ufficiale sulla fine del figlio, il ricercatore italiano sequestrato, torturato e ucciso al Cairo, in Egitto, in occasione di una fiaccolata organizzata al Pantheon, a Roma, da Amnesty international e altre associazioni nel sesto anniversario dal momento in cui si sono perse le sue tracce.

"Grazie perché chiedete che sia fatta giustizia e verità e grazie per accendere l'attenzione per Giulio", ha detto la madre Paola in collegamento telefonico. Al sit-in è stato letto anche un messaggio, scritto dall'avvocato Alessandra Ballerini nel quale i genitori di Giulio Regeni, Paola e Claudio, ringraziano in particolare la Procura di Roma per gli sforzi fatti al fine di fare luce sulla vicenda, sottolineando che "purtroppo ad oggi, dopo sei mesi, ancora non sappiamo perché nostro figlio è stato torturato e ucciso". La famiglia Regeni denuncia che "non c'è stata la collaborazione premessa" da parte delle autorità egiziane, in particolare su un fascicolo aperto dalla procura del Cairo, e ricorda la persecuzione portata avanti nel frattempo a danno di diversi attivisti egiziani.

I circa cento partecipanti hanno acceso le fiaccole alle 19.41, ossia l'ora esatta dopo la quale, il 25 gennaio scorso, si sono perse le tracce di Giulio Regeni. La fiaccolata è stata organizzata, per continuare a chiedere da diverse associazioni tra cui: "Verità per Giulio Regeni", Amnesty International Italia, Articolo 21, Associazione Amici di Roberto Morrione e Usigrai. 

Le indagini
Continua a rimanere aperto il canale di collaborazione con gli inquirenti della procura generale del Cairo". I pubblici ministeri di Roma responsabili dell'indagine sulla scomparsa e la morte di Giulio Regeni sottolineano come, ancora in questi ultimi giorni, siano stati stabiliti "una serie di passi da compiere" d'intesa con i colleghi egiziani. A partire dalla consulenza tecnica sulle immagini del sistema sicurezza video della metropolitana del Cairo.

Quel che resta un vicolo cieco è invece relativo ai tabulati telefonici ed alle acquisizioni dalle 'celle' della stazione metro di Dokki del 25 febbraio a quelle del luogo di ritrovamento di Giulio, il 3 febbraio. Gli inquirenti italiani ritengono che dal confronto di quei numeri potrebbe esser possibile estrapolare possibili "coincidenze". Gli egiziani sinora hanno risposto che per motivi di privacy non è possibile fornire questi documenti. Dalle prime relazioni relative a numeri di derivazione inglese, invece, il dato certo è che si tratta di numeri di servizio relativi ad operatori telefonici britannici. Nessun mistero.

Al momento chi indaga sta cercando di ricostruire le modalità attraverso le quali gli effetti personali di Giulio, come il passaporto e la carta di credito, sono poi stati trovati in casa della sorella di uno presunti banditi uccisi dalla polizia del Cairo. Per gli inquirenti italiani questa pista continua ad essere considerata inattendibile. L'attività a sei mesi dalla scomparsa di Regeni fa tappa anche in Inghilterra. A piazzale Clodio si spiega che il contatto con le autorità di Oltremanica si spiega che il contatto con le autorità di Oltremanica è continuo per acquisire elementi probatori, contatti, relazioni.

Inviato in Germania video su ultimo viaggio metro
Dovranno arrivare fino in Germania le indagini su Giulio Regeni, il giovane ricercatore universitario friulano trovato cadavere nel febbraio scorso al Cairo, in Egitto. Nelle ultime ore gli inquirenti italiani, d'intesa con quelli del paese nord africano, hanno deciso l'invio dell'hard disk del sistema di video sorveglianza della metropolitana del Cairo in Germania per provare ad acquisire possibili immagini del viaggio che il giovane ha compiuto tra le stazioni di Bohooth
fino a quella di Naguih, passando per Dokki.

Giulio non è mai arrivato a destinazione e comunque non sarebbe stato notato da chi lo aspettava. Perché? Questo interrogativo - si sottolinea - potrebbe avere una risposta solo grazie alle telecamere ed alle registrazioni effettuate la sera del 25 gennaio.

Il lavoro di consulenza, secondo quanto si è appreso, comincerà a settembre, una volta che tutti i materiali saranno all'attenzione degli esperti tedeschi. Si è scelto di affidarsi alla Germania perché proprio lì è stato realizzato l'impianto poi installato al Cairo. Il problema da risolvere è che i sistemi digitali sono stati oggetto di una sovrascrittura.

Palazzo Pirelli da stasera illuminato con la scritta "Verità x Regeni"
Anche il consiglio regionale della Lombardia in prima linea nel chiedere che sia fatta pienamente luce e chiarezza sulle circostanze che hanno portato alla morte di Giulio Regeni. Come deciso dall'Ufficio di Presidenza presieduto da Raffaele Cattaneo, da stasera Palazzo Pirelli sarà illuminato con la scritta 'Verità x Regeni', visibile sulla facciata del Grattacielo che guarda verso piazza Duca D'Aosta.

"A sei mesi dalla morte del nostro giovane connazionale, il Consiglio regionale si unisce al dolore dei familiari e dell'intero popolo italiano per questa tragica vicenda" ha commentato Cattaneo, chiarendo che "la nostra è una testimonianza per dire che non abbiamo dimenticato Giulio Regeni e che per onorare la sua memoria ci uniamo alla voce dei tanti che chiedono chiarezza su questa vicenda, anche alla luce degli ultimi elementi emersi dall'inchiesta. Non ci possono essere ombre su quanto accaduto al ricercatore e non possiamo tollerare verità parziali".

Il ricercatore italiano dell'Università di Cambridge fu rapito in Egitto il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, e il suo corpo fu ritrovato il 3 febbraio successivo. La sua salma, abbandonata vicino al Cairo in un fosso lungo l'autostrada per Alessandria, presentava evidenti segni di torture.