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ECONOMIA

Italia ancora sotto 4,2 punti da inizio crisi

Cgia: +0,8% Pil nel 2019, rischio manovra prima dell'estate

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Il Pil dell'Italia dovrebbe crescere dello 0,8% nel 2019 e "non è da escludere, infine, che se la crescita del Pil dovesse essere molto meno del +1% stimato dal Governo Conte, quest'ultimo dovrà approvare una manovra correttiva già prima dell'estate". È quanto afferma la Cgia di Mestre che ha oggi elaborato alcuni dati relativi alla crescita dell'Italia su dati di Prometeia dell'ottobre 2018 che stimano per il prossimo anno un incremento degli investimenti dell'1,9% e dei consumi delle famiglie dell'1,1%, con un impatto positivo sugli occupati (+0,4%) e sulla disoccupazione (-0,2%). In ogni caso, premette la Cgia, "a seguito del rallentamento dell'economia mondiale, degli effetti ancora molto incerti della Brexit e a causa della cessazione del Quantitative easing avvenuta il 31 dicembre scorso, mai come quest'anno è estremamente difficile prevedere come andrà l'economia italiana".

Con meno disoccupati e un po' di occupati in più - stima la Cgia - il reddito delle famiglie è destinato a salire dell'1,5%. Seppur in frenata, l'export salirà del 2,9%, a dimostrazione che le nostre produzioni continuano aessere apprezzate dai mercati internazionali.   

La Cgia ipotizza una manovra "già prima dell'estate" anche perché tutti i principali organismi internazionali e nazionali stanno rivedendo al ribasso le stime di crescita" e "con un Pil più basso di quello previsto nella legge di Bilancio 2019, il rapporto deficit/Pil finirebbe per essere più alto del 2,04%"impostoci" da Bruxelles". È uno scenario - prosegue il rapporto - "che, ovviamente, è da scongiurare, visto che entro la fine di quest'anno bisognerà trovare 23 miliardi per evitare l'aumento dell'Iva dal 2020. Va segnalato, infine, che con una crescita del Pil 2019 nettamente inferiore all'1%, nessun altro Paese, come ha avuto modo di segnalare la Commissione europea, farà peggio di noi, anche quest'anno".

Italia ancora sotto 4,2 punti da inizio crisi
Rispetto l'anno ante-crisi (2007) dobbiamo ancora recuperare 4,2 punti percentuali di Pil e 19,2 punti di investimenti. A distanza di 10 anni, inoltre, i consumi delle famiglie sono meno dell'1,9% e il reddito disponibile, sempre delle famiglie, è in calo del 6,8%. In materia di lavoro, l'occupazione è aumentata dell'1,7%, mentre il tasso di disoccupazione è salito dell'84,4%. Se nel 2007 il tasso di coloro che erano alla ricerca di un'occupazione si attestava al 6,1%, nel 2018 è salito al 10,5% (dato ancora ufficioso). Il monte ore lavorate è sceso a 43,2 miliardi, di 2,7 miliardi di ore (6,1%). Invece a distanza di un decennio l'export è cresciuto del 13,9%.   

Lo rileva la Cgia secondo la quale "sebbene negli ultimi 5 anni il Pil sia tornato a salire, il risultato è che rispetto l'anno pre-crisi siamo meno ricchi, sono franati gli investimenti, spendiamo meno e abbiamo più disoccupati. Stando alle previsioni di crescita che nel triennio saranno ben al di sotto dell'1%,molto probabilmente l'Italia recupererà i 4 punti di Pil persi dal 2007 non prima del 2024: praticamente 17 anni dopo".

Rispetto a 10 anni fa abbiamo 4,2 punti di Pil in meno, in gran parte riconducibili al crollo degli investimenti pubblici e privati e al calo dei consumi delle famiglie (che costituiscono il 60% dell'intera ricchezza prodotta dal paese ogni anno). Ovviamente, la contrazione dei consumi è ascrivibile all'aumento dei disoccupati (solo in piccola parte compensati dall'aumento dell'occupazione), che ha ridotto notevolmente la disponibilità di reddito delle famiglie, specie al Sud.   

Nel 2018 il numero degli occupati in Italia (23,3 mln) ha superato il livello del 2007 (22,9 mln). Tuttavia, è crollato il numero delle ore lavorate. Tra il 2007 e il 2017 (ultimo anno in cui il dato è disponibile) il monte ore è sceso a 43,2 mld (-6,1% che in termini assoluti equivalgono a - 2,7 mld di ore). Nei primi 9 mesi del 2018, sempre a confronto con lo stesso periodo del 2007, sono state recuperate 338 mln di ore. E sebbene sia stato recuperato e superato il numero degli occupati del 2007, la crisi economica di questi ultimi 10 anni ha aumentato in misura rilevante i lavoratori dipendenti con contratti a termine (+22,4% rispetto al 2007). In altre parole ci sono sempre più precari.