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MONDO

La scheda

Chi è Oscar Pistorius, la storia dell'atleta paralimpico condannato per l'omicidio della fidanzata

Nonostante la nascita senza le tibie e l'amputazione ad appena 11 mesi di entrambe le estremità sotto le ginocchia, è riuscito a competere alla Olimpiadi con le sue avveniristiche protesi. Nel  2014 Pistorius è stato condannato a 5 anni di reclusione per l'omicidio colposo della fidanzata Reeva Steenkamp, uccisa la notte di San Valentino del 2013

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Sudafrica
Dopo aver scontato solo un anno reclusione, Oscar Pistorius - condannato a 5 anni di carcere per l'omicidio colposo della fidanzata Reeva Steenkamp, la notte di San Valentino del 2013 -  è uscito dal carcere per una libertà vigilata. E' l'ennesimo colpo di scena nella storia dell'atleta paralimpico, divenuto un'icona per aver varcato il muro della disabilità. 

L'impresa a Londra nel 2012
A Londra, nel 2012, centrò la sua idea folle: diventare il primo biamputato a gareggiare con i normodotati in un'Olimpiade. Il mondo si inchinò al coraggio di un essere umano che, nonostante la nascita senza le tibie e l'amputazione ad appena 11 mesi di entrambe le estremità sotto le ginocchia, fosse riuscito a competere alla Olimpiadi con le sue avveniristiche protesi.

"Blade runner" si classificò per le semifinali dei 400 metri e tagliò il traguardo in 45,44 secondi, il suo quarto tempo più veloce su quella distanza. E solo i maligni dissero che quelle protesi - le 'lame', coltelli ricurvi che pesano il 20% in meno di una gamba in carne e ossa - gli davano un vantaggio sleale sugli avversari.  Gli altri tennero impressa la sua immagine avveniristica (non a caso Time lo inserì tra le 100 persone più influenti del Paese) e qualcuno parlò di "un cieco che ha scalato l'Everest".

L'infazia difficile
Nato a Johannesburg nel 1986, Pistorius ha avuto un'infanzia e un'adolescenza traumatiche, segnate dalla sua vulnerabilità, la separazione dei suoi genitori e l'iper-protezione di una madre ossessionata dalla delinquenza. La madre, a cui il ragazzo era legatissimo, morì quando lui era adolescente.

Tutte esperienze che devono averlo marcato a fuoco. E così nei mesi successivi all'omicidio, sotto i riflettori di una stampa mondiale interessata in maniera ossessiva al caso (le fasi salienti del processo sono state seguite in diretta dai grandi network internazionali), è emersa un'altra immagine di Pistorius: un giovane dai comportamenti a tratti violenti e collerici, facile protagonista di scontri verbali e a volte anche fisici, con una passione sfrenata per le auto veloci e le armi.

L'uccisione della fidanzata
Da allora la sua carriera e anche la sua fama si sono frantumati, con la stessa celerità con cui sono spariti, l'uno dopo l'altro, all'indomani della tragica notte di San Valentino, tutti i lucrosi contratti con i marchi sportivi che lo sponsorizzavano.

Dopo essere uscito dal carcere, senza una casa dove andare dopo aver venduto quella in cui uccise Reeva, è probabile che l'ex atleta finisca di scontare la condanna dallo zio Arnold Pistorius, uomo d'affari facoltoso e di successo, padre adottivo di Pistorius e capo di questo clan di afrikaner con forti convinzioni calviniste, che lo aveva già ospitato durante la libertà condizionata prima della condanna.

Il processo
Una condanna arrivata al termine di un processo in cui si era visto di tutto: spettacolo, dramma, sangue. Pistorius aveva pianto, singhiozzato, vomitato e aveva dovuto mostrare, senza alcun pudore, anche i lati pui' intimi di sé.  Aveva persino camminato sui monconi, senza protesi, per mostrare la sua altezza reale e la sua vulnerabilità.

La sentenza
Le polemiche non l'hanno mai abbandonato, neanche dopo la sentenza, che ha suscitato proteste per la leggerezza della condanna. Entrato in carcere il 21 ottobre del 2014, Pistorius già alla fine di agosto stava per riassaporare la libertà, grazie alla commissione per il riesame che ne aveva decretato la scarcerazione dopo aver scontato già un sesto della pena.

Ma la decisione aveva sollevato un polverone nel Paese, tanto da spingere il ministro della Giustizia, Michael Masutha, a intervenire all'ultimo minuto, opponendosi alla liberazione. La commissione d'appello ha però confermato la decisione del board, approvando la libertà vigilata a partire dal 20 ottobre.

I termini non sono ancora stati resi noti ma molto probabilmente l'atleta dovrà restare confinato in casa per diverse ore al giorno e impegnarsi in lavori socialmente utili. Ma la liberazione potrebbe essere una conquista di breve durata.

Il processo d'appello
La sentenza a cinque anni di carcere per omicidio colposo, infatti, era stata giudicata "incredibilmente lieve" dalla procura che aveva presentato appello. Nel dicembre scorso, la giudice Thokozile Masipa, la stessa che lo aveva condannato in primo grado, aveva dato il via libera: il 3 novembre l'ex campione tornerà in tribunale.