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SALUTE

Prof. Riccardo Masetti, dir. Centro Senologia Pol. Gemelli Roma

Con 'Race For The Cure' correndo per la vita, felice di aiutare

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Roma
Professor Masetti, che tipo di felicità è quella che la spinge, oltre a curare migliaia di donne al Centro del Policlinico Gemelli che dirige, ad organizzare anche eventi giganteschi come la Race For The Cure, la corsa con decine di migliaia di persone che si tiene ogni anno, la prossima il 15 Maggio?
Per un Medico, la felicita' professionale viene dal poter applicare le proprie conoscenze per curare una persona.  Nel mio caso, la  felicita' professionale viene dalla possibilità di aiutare una donna a superare meglio il difficile confronto con un tumore del seno. Questa felicita' si rinnova per ogni paziente che decide di scegliermi come riferimento per il suo percorso di cura. Ma per quante donne ti scelgano, nella tua pratica clinica non potrai assisterne che un numero comunque piccolo. Mentre i numeri del tumore del seno sono molto grandi. Quasi 48.000 nuovi casi ogni anno, che detto in altre parole vuol dire una nuova donna che riceve questa diagnosi ogni 15 minuti. Una nuova donna che ogni 15 minuti si trova ad affrontare un esperienza molto difficile e sempre destabilizzante, una diagnosi che quasi sempre ti arriva addosso  a ciel sereno e in pieno benessere, che ti ferisce, ti riempie di paura, ti toglie il sonno e la serenità.
Di fronte a questi numeri della malattia  ed a questo impatto forte che sempre determina, uno vorrebbe fare di piu'. Vorrebbe essere ancora piu' di aiuto.
La possibilita' di portare in Italia la Race for the Cure ha contribuito a darmi una grande felicita' aggiuntiva. La Race e' una  speciale mini-maratona per festeggiare le donne che hanno superato un tumore del seno. Una manifestazione che negli Stati Uniti ha avuto la forza di rompere il silenzio e le paure che aleggiavano intorno alla malattia  e di favorire un atteggiamento piu'  consapevole e positivo nell'affrontarla.
Oggi la Race si corre in 4 citta' italiane (Roma, Bari, Bologna e Brescia), l'anno prossimo arrivera' anche a Torino e Palermo, e con la sua forza positiva ha generato gli stessi cambiamenti anche in Italia.
Lo scorso anno a Roma quasi 60.000 persone hanno riempito il Circo Massimo  per tenere alto l'impegno contro questa vera e propria calamita' sociale. Tra queste, piu' di 5.000 erano "Donne in Rosa",  donne che hanno superato il tumore del seno e che nella manifestazione si rendono intenzionalmente "visibili" con una maglia rosa.
Riuscire a riempire il Circo Massimo per una manifestazione dedicata ai tumori del seno e aiutare migliaia di donne a diventare"ambasciatrici della prevenzione" credo spieghi bene il perche' di questa grande felicita' aggiuntiva.

Lei fa una sorta di volontariato, la professione medica che non resta chiusa in uno studio specialistico ma "si sporca" le mani: a parte i risultati delle cure forse anche per questo è amatissimo dalle sue pazienti. 
Le pazienti apprezzano molto quando ti metti in gioco per loro. E soprattutto quando ti metti in gioco in modo diverso, andando oltre gli ambiti professionali. E quando lo fai come volontariato. 
Nel volontariato ci si  avvicina ancora di piu', ci si mette in gioco insieme, alla pari. Il volontariato esprime un'attenzione forte per il prossimo, un desiderio di essere d'aiuto, di fare qualcosa in piu'.
Quando fai un lavoro che gia' ti impegna moltissimo, ma trovi il tempo lo stesso per fare volontariato, vuol dire che hai il cuore che batte nel modo giusto. E questo battito le pazienti lo sentono. E lo apprezzano.
Come fa a mantenere sempre una carica positiva, a trasmettere addirittura allegria, avendo a che fare tutti i giorni con mille storie di dolore, di angoscia legate alla malattia
Se uno ha la fortuna di fare un lavoro che gli piace e che riesce a dargli soddisfazione,  questo lavoro lo fa con gioia, con felicita'. Se uno poi ha la possibilita' nel proprio lavoro di essere di aiuto a chi soffre, questa felicita' e' ancora piu' grande. Fare il medico mi piace molto. Fare il chirurgo ancora di piu'. Mi sento fortunato, e quindi mi sento felice. E questa felicita' mi si rinnova ogni mattina quando entro in ospedale, ogni volta che tengo la mano ad una paziente in sala operatoria mentre si sta addormentando prima di essere operata, ogni volta che eseguo un intervento ed ogni volta che riesco a toccare con mano che una persona che ho avuto in cura si e' lasciata alle spalle la sua malattia . Questa felicita' mi aiuta a superare le difficolta' quotidiane e la stanchezza dal tanto lavoro. E mi aiuta a vivere in modo intenso il tempo limitato che ho per stare con la mia famiglia, con mia moglie ed i miei tre figli.

Quante volte avrá letto nello sguardo di una donna con diagnosi positiva una gioia incontenibile, la felicità di essere nata una seconda volta: come comunicare però notizie che si sa che daranno prostrazione, alla malata ed alla sua famiglia
Una malattia come il tumore del seno se la affronti male ti puo' destabiizzare anche in modo  permanente. Ti puo' riempire di paura e togliere la capacita' di proiettare la tua vita nel futuro. Ma puo' anche essere una grande occasione di "ripartenza", un'esperienza che puo' aiutare a riordinare il proprio modo di affrontare la vita, la  scala delle priorita'. Ho visto molte donne cadere in depressione dopo la malattia e molte donne invece rinascere a nuova vita. 
Un bravo oncologo deve riuscire non solo a curare bene una malattia, ma anche e soprattutto aiutare la persona ad affrontare questa malattia con il piede giusto. Aiutarla a non farsi sovrastare da preoccupazioni spesso esagerate, a non sentirsi schiacciata e a riuscire  invece a ritrovare dopo la malattia un nuovo equilibrio, modificando in meglio il proprio stile di vita.
Il Medico puo' influenzare molto il modo in cui una paziente vivra' la sua malattia, gia' dal modo in cui comunica la diagnosi. in quel momento critico, la scelta delle parole risulta determinante per dare a una paziente la giusta speranza o accrescere le sue preoccupazioni. La speranza di guarigione e la serenita' d'animo sono armi terapeutiche importantissime per qualsiasi percorso di cura e per qualsiasi stadio di malattia, anche quelli piu' critici.  Mentre la paura e la disperazione sono dei fardelli che rendono il percorso di cura molto piu' faticoso.
Saper comunicare speranza anziche' preoccupazione e' un'arte che ogni oncologo dovrebbe sforzarsi di apprendere. Ma purtroppo non sempre succede.

Professore spesso i medici sono sbrigativi, per carattere, supposta superiorità, o solo perché hanno troppi malati e non riescono a dedicare ad ognuno il tempo necessario: secondo lei i suoi colleghi si rendono conto, che in quel momento, nel momento della visita, sono speranza di guarigione, chi può far cambiare il corso della malattia, restituendo la vita, ed anche se non sarà così è così, nella mente e nel cuore del malato? Molti suoi colleghi, secondo lei, pensano mai a quanta infelicità provocano, per un sorriso negato, una parola non detta, una mano non accarezzata?
Un bravo medico, e in particolare un bravo oncologo, deve sempre ricordare che il suo compito e' di curare non una "malattia" ma una"persona che ha una malattia". E che mentre per curare la malattia può essere sufficiente l'applicazione corretta del suo sapere medico, per curare una "persona malata" servono anche altre risorse. Serve la capacita' prima di tutto  di "ascoltare" la persona malata, di parlargli con affetto invece che con arroganza, di guardarla negli occhi e sorriderle anziché assumere un'area distaccata e tenere lo sguardo solo sulle carte. La capacita' idi  creare empatia e trasmettere vicinanza, solidarietà e affetto, di limitare le preoccupazioni anziché incrementarle, di essere un generatore di speranza anziché di disperazione, di essere visto dalla persona malata come un "prezioso alleato" e non come un semplice dispensatore di cure. 

E' se e' vero che i malati sono tanti e il tempo a disposizione poco, questo non puo' essere una giustificazione per le eventuali disattenzioni di un medico. Si puo' creare empatia anche con una sola parola giusta, con una carezza o con uno sguardo capace di trasmettere affetto. E con la stessa rapidita' si puo' trasmettere invece freddezza e distanza. 
Un medico che non ha ben presente questo concetto, per quanto bravo possa essere come guaritore di "malattie", dovrebbe fare un altro mestiere.