Original qstring:  | /dl/archivio-rainews/articoli/Con-Taxi-Teheran-Panahi-ci-porta-dritti-dentro-Iran-1fa9d7e2-35ac-4cf9-b321-78666f0277de.html | rainews/live/ | true
SPETTACOLO

Al cinema dal 27 agosto

Con 'Taxi Teheran' Panahi ci porta dritti dentro l'Iran

Orso d'oro a Berlino, il film è distribuito in oltre 30 paesi, più di 500mila spettatori in Francia lo scorso aprile. Panahi, condannato per propaganda anti islamica, racconta in modo quasi didascalico il suo Iran, portando lo spettatore dentro uno dei taxi collettivi della capitale 

Condividi
di Silvia BalducciRoma
Se si ha il dubbio che il cinema d’autore non sia più di moda basta affacciarsi ad una delle proiezioni di Taxi Teheran. All’anteprima del film del regista Jafar Panahi, in una delle arene romane, la fila arrivava fino alla strada. In molti sono rimasti fuori. Certo il momento è propizio: da un lato l’accordo sul nucleare, dall’altro l’incoronazione della pellicola arrivata al Festival di Berlino e l’attenzione che ne è seguita.

Panahi nel suo ultimo lavoro clandestino, il terzo dopo This is not a film e Closed curtain, porta lo spettatore dentro uno dei taxi collettivi della capitale e racconta il suo Iran in modo divertente, a tratti grottesco, e in alcuni passaggi persino didascalico.

Il suo occhio è una piccola telecamera all’altezza dello specchietto che osserva i passeggeri che si alternano all’interno della vettura. Un espediente che gli permette di girare la quasi totalità degli oltre 80 minuti di pellicola passando pressocché inosservato. La condanna arrivata nel 2011, sei anni di carcere che sono diventati poi libertà sotto cauzione per propaganda anti islamica, gli vieta infatti anche di realizzare film per i prossimi venti anni.



Panahi nel film è alla guida del taxi. Sale un borseggiatore, una maestra, due anziane signore con due pesci rossi. Non sono attori ma conoscenti o amici alla lontana. Alcuni interpretano sé stessi come nel caso del venditore di dvd banditi dal regime, dell’avvocatessa impegnata Nasrin e Omid e ovviamente della nipotina Hana Saeidi, che per lui ha anche ritirato l’Orso d’oro a Berlino. Ed è proprio il lungo dialogo con la piccola Hana che permette al regista di spiegare in modo elementare la censura. La bambina legge allo zio il decalogo dettato a scuola dalla maestra. Regole per la realizzazione di un film secondo il regime: personaggi buoni solo in veste islamica (evitare nomi persiani - da Ciro a Dario – e abiti occidentali come ad esempio le cravatte) e realtà raccontata solo in chiave positiva (evitare il disdicevole).

Con l'avvocatessa Nasrin e Omid, a bordo con un mazzo di rose rosse, torna sul caso di Ghoncheh Ghavami, la giovane arrestata mentre cercava di entrare allo stadio per assistere alla partita di volley Iran-Italia, poi liberata su cauzione. Anche così Panahi ricorda al pubblico occidentale quanto sia preziosa la libertà. E mostra le due facce di un paese che non ha ancora scelto quale strada percorrere.