La sentenza
Consulta sul suicidio assistito: aiuto lecito in casi come Dj Fabo. Cappato: siamo tutti più liberi
In attesa di un "indispensabile intervento del legislatore", la Corte Costituzionale subordina la non punibilità alla normativa sul consenso informato. Il 'no' dei medici cattolici: in 4mila pronti all'obiezione di coscienza. La federazione nazionale medici: "La responsabilità sia di un pubblico ufficiale". La Cei: sconcerto e preoccupazione

E' lecito l'aiuto al suicidio nei casi come quelli del Dj Fabo. La Corte Costituzionale ha ritenuto non punibile ai sensi dell'articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, "chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli".
Indispensabile l'intervento della legge
In attesa di un "indispensabile intervento del legislatore", la Corte Costituzionale ha "subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste sia delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Ssn, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente".
La Corte costituzionale ha previsto, si legge in un comunicato, "specifiche condizioni e modalità procedimentali", perché l'aiuto al suicidio rientri nelle ipotesi non punibili, "per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell'ordinanza 207 del 2018".
Intanto, il vicepresidente dell'Associazione medici cattolici italiani (Amci), Giuseppe Battimelli, annuncia all'Ansa quale sarà la risposta dei camici bianchi iscritti all'associazione a un'eventuale legge sulla materia. "Almeno 4mila medici cattolici sono pronti a fare obiezione di coscienza nel caso in cui, a seguito della pronuncia della Consulta, il Parlamento italiano legiferasse a favore del suicidio medicalmente assistito". Ma "la grande maggioranza dei medici italiani - afferma Battimelli - è sulla nostra posizione".
Federazione nazionale medici: la responsabilità vada a un pubblico ufficiale
"Quello che chiediamo ora al Legislatore è che chi dovesse essere chiamato ad avviare formalmente la procedura del suicidio assistito, essendone responsabile, sia un pubblico ufficiale rappresentante dello Stato e non un medico" afferma il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli. "Prevedo - ha detto - che ci sarà una forte resistenza da parte del mondo medico".
Cappato: da oggi in Italia siamo tutti più liberi
"La Consulta ha deciso: chi è nella condizioni di Fabo ha diritto a essere aiutato. Da oggi siamo tutti più liberi, anche chi non è d'accordo. È una vittoria della disobbedienza civile, mentre i partiti giravano la testa dall'altra parte. Vi aspetto al Congresso dell'Associazione Coscioni". Lo scrive su Twitter Marco Cappato, dopo la sentenza della Consulta.
Cei: garantire l'obiezione di coscienza
Dopo la sentenza della Consulta sul fine vita i vescovi italiani "si attendono che il passaggio parlamentare riconosca nel massimo grado possibile tali valori, anche tutelando gli operatori sanitari con la libertà di scelta". Lo afferma la Conferenza episcopale italiana. I vescovi "esprimono il loro sconcerto e la loro distanza da quanto comunicato dalla Corte Costituzionale. La preoccupazione maggiore è relativa soprattutto alla spinta culturale implicita che può derivarne per i soggetti sofferenti a ritenere che chiedere di porre fine alla propria esistenza sia una scelta di dignità. I vescovi confermano e rilanciano l'impegno di prossimità e di accompagnamento della Chiesa nei confronti di tutti i malati".
Scienza e Vita: sradicata la solidarietà della Costituzione
"Con la decisione di non punire alcune situazioni di assistenza al suicidio, la Corte costituzionale italiana cede a una visione utilitaristica della vita umana ribaltando la lettura dell'articolo 2 della nostra Carta che mette al centro la persona umana e non la sua mera volontà, richiedendo a tutti i consociati doveri inderogabili di solidarietà: da oggi non sarà più un dovere sociale impedire sempre e ovunque l'uccisione di un essere umano". Lo dichiara Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita (Cei) e prorettore dell'Università Europea di Roma.
"Partendo da un caso di grave disabilità, il dj Fabiano Antoniani, e non da una situazione di malattia terminale, dove invece già era intervenuta la legge sul fine-vita del 2017, la Corte - prosegue il prof. Gambino - ha ceduto alla lettura ideologica dei radicali italiani che hanno dato origine al caso, sradicando la solidarietà che da sempre mira a impedire gesti estremi a chi versa in situazioni di fragilità, per aprire a ipotesi di loro uccisione". "Dispiace -continua il presidente di Scienza & Vita - che la riconosciuta saggezza del nostro supremo organo di garanzia sulle leggi non abbia colto l'impatto culturale che l'apertura al suicidio assistito potrà comportare sulle prassi sanitario-assistenziali anche, purtroppo, per motivi di costi e risparmi di spesa". "Ora compito di quanti hanno a cuore la cura delle persone che versano in condizioni vulnerabili - conclude Gambino - dovrà indirizzarsi verso la riduzione al massimo dell'impatto sociale di questa cruciale sentenza della Consulta".