ITALIA
'Ndrangheta, fermi e arresti: c'è anche un sindaco

E’ in corso dalle prime ore di questa mattina una vasta operazione dei carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, in esecuzione di un fermo emesso dalla Dda nei confronti di appartenenti alla cosca Alvaro di Sinopoli, accusati di associazione di tipo mafioso, estorsione, truffa aggravata, trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose. E' il sindaco di Delianuova, Francesco Rossi, eletto 3 anni fa a capo di una lista civica, il primo cittadino sottoposto a fermo nell'ambito dell'operazione condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria contro la cosca Alvaro di Sinopoli. Complessivamente le persone fermate sono 18. Rossi è accusato di associazione mafiosa.
Secondo gli investigatori sarebbe stato a tutti gli effetti partecipe della cosca le cui principali attività di arricchimento illecito sarebbero state legate ad appalti per lavori pubblici. Le indagini dei carabinieri hanno fatto luce sugli interessi criminali della cosca Alvaro, una delle più agguerrite cosche del mandamento tirrenico della 'ndrangheta reggina, in grado di infiltrare enti pubblici e amministrazioni locali per influenzarne le scelte e acquisire illecitamente appalti e finanziamenti pubblici. Le indagini avrebbero documentato la capacità degli Alvaro di influenzare le scelte della pubblica amministrazione, in relazione all'attività dei comuni di Sinopoli e, soprattutto, di quello di Delianuova. Riguardo agli interessi mafiosi su quel comune, centrale si sarebbe rivelata la figura di Rossi. Quando era ancora vicesindaco e assessore ai lavori pubblici (oggi è sindaco di Delianuova ma anche consigliere della Città Metropolitana di Reggio Calabria), avrebbe partecipato ad una riunione in cui avrebbe affrontato con i rappresentanti della cosca, "in un clima - scrivono gli inquirenti - di piena sintonia e unità di intenti con i vertici del sodalizio", questioni relative agli appalti e finanziamenti pubblici e, più in generale, a problematiche del centro urbano di Delianuova su cui la cosca esercitava la sua influenza mafiosa.
Rossi, in particolare, avrebbe richiesto un intervento degli Alvaro su persone che ostacolavano la sua gestione amministrativa, adducendo presunte violazioni dei patti pre-elettorali da parte dell'allora sindaco nella definizione del piano regolatore comunale e della lottizzazione della zona di Carmelia a cui il clan era interessato. Questo per arrivare alla caduta del governo locale nel tentativo di porsi in prima persona alla guida dell' amministrazione comunale.
Rossi, in pratica, secondo gli inquirenti, aveva deciso di portare sul tavolo dei suoi interlocutori mafiosi le diverse questioni che avevano generato gli attriti in seno all'amministrazione comunale, affinché le figure apicali della cosca si esprimessero nel merito, rinnovandogli il sostegno e interrompendo le condotte ostruzionistiche dei suoi oppositori. L'allora vicesindaco e assessore avrebbe, in sostanza, incarnato il ruolo di referente politico della cosca in seno all'amministrazione comunale di Delianuova e sarebbe stato collocato nella carica pubblica dalla 'ndrangheta per farne gli interessi.
Secondo gli investigatori sarebbe stato a tutti gli effetti partecipe della cosca le cui principali attività di arricchimento illecito sarebbero state legate ad appalti per lavori pubblici. Le indagini dei carabinieri hanno fatto luce sugli interessi criminali della cosca Alvaro, una delle più agguerrite cosche del mandamento tirrenico della 'ndrangheta reggina, in grado di infiltrare enti pubblici e amministrazioni locali per influenzarne le scelte e acquisire illecitamente appalti e finanziamenti pubblici. Le indagini avrebbero documentato la capacità degli Alvaro di influenzare le scelte della pubblica amministrazione, in relazione all'attività dei comuni di Sinopoli e, soprattutto, di quello di Delianuova. Riguardo agli interessi mafiosi su quel comune, centrale si sarebbe rivelata la figura di Rossi. Quando era ancora vicesindaco e assessore ai lavori pubblici (oggi è sindaco di Delianuova ma anche consigliere della Città Metropolitana di Reggio Calabria), avrebbe partecipato ad una riunione in cui avrebbe affrontato con i rappresentanti della cosca, "in un clima - scrivono gli inquirenti - di piena sintonia e unità di intenti con i vertici del sodalizio", questioni relative agli appalti e finanziamenti pubblici e, più in generale, a problematiche del centro urbano di Delianuova su cui la cosca esercitava la sua influenza mafiosa.
Rossi, in particolare, avrebbe richiesto un intervento degli Alvaro su persone che ostacolavano la sua gestione amministrativa, adducendo presunte violazioni dei patti pre-elettorali da parte dell'allora sindaco nella definizione del piano regolatore comunale e della lottizzazione della zona di Carmelia a cui il clan era interessato. Questo per arrivare alla caduta del governo locale nel tentativo di porsi in prima persona alla guida dell' amministrazione comunale.
Rossi, in pratica, secondo gli inquirenti, aveva deciso di portare sul tavolo dei suoi interlocutori mafiosi le diverse questioni che avevano generato gli attriti in seno all'amministrazione comunale, affinché le figure apicali della cosca si esprimessero nel merito, rinnovandogli il sostegno e interrompendo le condotte ostruzionistiche dei suoi oppositori. L'allora vicesindaco e assessore avrebbe, in sostanza, incarnato il ruolo di referente politico della cosca in seno all'amministrazione comunale di Delianuova e sarebbe stato collocato nella carica pubblica dalla 'ndrangheta per farne gli interessi.