ITALIA
La storia
Di Stefano, sul deputato Pd l'ombra delle tangenti dopo la misteriosa sparizione del collega-amico
Parlamentare dem, Di Stefano ha un passato alla Regione Lazio e in Polizia. L'inchiesta sugli anni in cui era assessore al Demanio e al Patrimonio

Valigette piene di soldi, viaggi in Svizzera con l'aiuto e l'appoggio di ex colleghi, il salto nella politica sino alla Leopolda, l'amico scomparso senza lasciare traccia e la separazione dalle moglie. Sono gli ingredienti del 'caso Di Stefano', alcuni accertati e altri da verificare ma, su tutti, l'ombra di molti punti ancora da chiarire.
Marco Di Stefano, oggi deputato Pd, entra in Parlamento nell'agosto del 2013 dopo essere passato dalla giunta regionale del Lazio e, prima, dal corpo di Polizia dove faceva pate delle Fiamme Oro in qualità di giocatore di pallanuoto. E arriva a Montecitorio, Di Stefano, come primo dei non eletti e grazie alla nomina ad assessore del comune di Roma Marta Leonori che gli libera la poltrona. Una conquista che l'ex responsabile del Demanio e del Patrimonio della Regione Lazio mette a frutto, facendosi notare, sino a diventare uno degli oratori dell'ultima Leopolda, esperto dei 'pagamenti elettornici'.
Qualifica che, alla luce delle indiscrezioni pubblicate da Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, appare quantomeno inopportuna. Secondo la ricostruzione che fa il quotidiano milanese infatti, il parlamentare dem, durante il suo mandato alla Regione (in particolare tra il 2008 e il 2009), avrebbe incamerato una serie di tangenti diligentemente trasportate, all'interno delle classiche valigette, sino a Ginevra e lì opportunamente occultate.
Ma questo è solo un capitolo della storia di Di Stefano. Prima, la scomparsa di Alfredo Guagnelli: amico, collega e factotum dell'allora assessore di cui non si hanno notizie dall'ottobre del 2009.
L'inchiesta
Tutto nasce nell’estate del 2008. Di Stefano, all’epoca dei fatti assessore alle Risorse umane, demanio e patrimonio della Regione Lazio, si sarebe adoperato affinché la nuova sede della società pubblica Lazio Service spa fosse presa in locazione dagli imprenditori Daniele e Antonio Pulcini, arrestati nei giorni scorsi per un appalto manipolato per la costruzione di un parcheggio a Piazzale Clodio. Di Stefano, è l’accusa, "si faceva dare e promettere (…) una somma di denaro pari a 1.800.000 nonché una somma pari a 300mila euro euro, quest’ultima versata a Alfredo Guagnelli suo collaboratore". In particolare, il politico avrebbe "promosso e autorizzato" l’operazione "al solo fine di soddisfare gli interessi economici degli imprenditori Pulcini". E non solo, in quanto avrebbe fatto in modo "che la gara ad evidenza pubblica bandita da Lazio Service per la individuazione di un immobile da locare e adibire a nuova sede sociale fosse aggiudicata alla società Belgravia Invest srl, riconducibile agli imprenditori Pulcini, nonostante la Belgravia non avesse né la proprietà né la piena disponibilità dell’immobile" da locare all’ente. La locazione poi, attraverso una seria di artifici compreso il canone maggiorato e fuori mercato, avrebbe fatto lievitare il valore delle proprietà dei Pulcini consentendo loro di venderli poi all'Enpam ad un prezzo superiore al valore di mercato di un buon 50% almeno. Questo filone, curato dal procuratore aggiunto Nello Rossi, è prossimo alla chiusura con relativa richiesta di rinvio a giudizio.
I soldi in Svizzera
Secondo quanto racconta la Sarzanini, i magistrati italiani avrebbero scoperto la pista che porta al denaro grazie alla collaborazione con le autorità elevetiche. Nella ricostruzione fatta, Di Stefano avrebbe fatto arrivare i soldi oltreconfine viaggiando, scortato dagli ex colleghi poliziotti, con le classiche 24ore zeppe di banconote. Ad avvalorare questa ricostruzione ci sarebbero, nelle mani dei magistrati, anche le testimonianze di un funzionari della banca di Ginevra che svela, tra l'altro, coma all'improvviso i conti in questione sarebbero stati completamente svuotati.
L'amico-collega scomparso
Il parlamentare Pd giura e ripete di non sapere e non entrarci nulla con la scoparsa di Guagnelli. Una tesi che sembra però non convincere del tutto gli inquirenti, specie dopo la testimonianza rilasciata dall'ex moglie di Di Stefano, Gilda Renzi, che avrebbe fornito ai magistrati elementi molto interessanti. E i pm, oltre all'ex mogli di Di Stefano, hanno ascoltato come teste anche l'allora autista di Guagnelli. Era lui che lo accompagnava in tutti i suoi spostamenti, anche quelli più segreti e delicati. E Guagnelli sarebbe sparito dopo l'affare di Castel Giubuleo, una speculazione con al centro un'area golenale sulla riva del Tevere. Vicenda sulla quale pende un'inchiesta per corruzione. E proprio indagando sulle tangenti, i pm potrebbero arrivare quanto prima a stabilire se l'uomo sia vivo oppure se sia rifugiato in qualche paradiso tropicale con in mano un piccolo tesoro accumulato forse anche con la presunta bustarella da 300 mila euro ricevuta per la vicenda Lazio Service. Nei giorni scorsi la Squadra mobile è riuscita ad acquisire una serie di documentazioni, con cui gli investigatori stanno ricostruendo le ore precedenti alla scomparsa. Si tratta di carteggi che hanno escluso l’ipotesi dell’allontanamento volontario. Che ci fosse qualcosa di strano, comunque, emerge anche dalle informative investigative sulla scomparsa di Guagnelli. Stando a quanto ricostruito, poche ore prima che si perdessero le sue tracce, la vittima sarebbe andata a salutare Di Stefano nelle vicinanze della sede della Regione Lazio. Quella sera aveva una cena con una persona, anche se alla sua fidanzata e al suo autista (riascoltato nei giorni scorsi in Procura) aveva detto che si sarebbe dovuto recare a Firenze. Sta di fatto che pochi giorni dopo la scomparsa arriva un sms sull’utenza di Bruno, suo fratello, in cui Alfredo dice "non preoccuparti". Messaggio che, tuttavia, non risulta convincente. Per Bruno, infatti, a scrivere non è il fratello. E nelle stesse ore dall’abitazione di Alfredo scompare il computer portatile. Solo mesi dopo, a gennaio 2010 – mentre si sta perfezionando la stipula dell’affare Lazio Service – salta fuori il veicolo di Guagnelli, una Lancia nera. La rintracciano i carabinieri in via Adria, l’ultima zona dove risulta aver utilizzato il cellulare, come emerso dai tabulati telefonici. Nell’auto i militari hanno trovato la giacca che indossava la sera della scomparsa, un tutore per la spalla utilizzato in quei giorni e l’alimentatore del telefono cellulare. Altro dato sospetto è rappresentato dal fatto che sul veicolo non c’erano multe. Un elemento in più che ha fatto ipotizzare agli investigatori che il mezzo sia stato portato in quella via in un secondo momento.
La denuncia alla ex-moglie
"Dopo aver letto sui quotidiani le ultime folli dichiarazioni, in merito a festini hard e alla scomparsa di Alfredo Guagnelli, da parte della mia ex moglie, di cui sono ormai da sette anni vittima di un violento e continuo stalking, non posso esimermi di dare mandato ai miei legali di querelarla per calunnia, diffamazione e falsa testimonianza se quanto scritto sui giornali corrispondesse ai verbali dell'interrogatorio da lei sostenuto". Lo dichiara, in una nota, Di Stefano. "In questi anni ho cercato sempre di sopportare le continue provocazioni di questa donna cercando di tenere i toni più bassi possibili, nonostante mi giungessero in continuazione voci sulle folli bugie che raccontava in giro per la città sul mio conto, a tutela della serenità di mio figlio", aggiunge Di Stefano. "Ora però si è oltrepassato il limite della ragione e della decenza con dichiarazioni prive di qualsiasi fondamento da parte di una donna che non frequento piu' da sette anni", conclude Di Stefano.
Marco Di Stefano, oggi deputato Pd, entra in Parlamento nell'agosto del 2013 dopo essere passato dalla giunta regionale del Lazio e, prima, dal corpo di Polizia dove faceva pate delle Fiamme Oro in qualità di giocatore di pallanuoto. E arriva a Montecitorio, Di Stefano, come primo dei non eletti e grazie alla nomina ad assessore del comune di Roma Marta Leonori che gli libera la poltrona. Una conquista che l'ex responsabile del Demanio e del Patrimonio della Regione Lazio mette a frutto, facendosi notare, sino a diventare uno degli oratori dell'ultima Leopolda, esperto dei 'pagamenti elettornici'.
Qualifica che, alla luce delle indiscrezioni pubblicate da Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, appare quantomeno inopportuna. Secondo la ricostruzione che fa il quotidiano milanese infatti, il parlamentare dem, durante il suo mandato alla Regione (in particolare tra il 2008 e il 2009), avrebbe incamerato una serie di tangenti diligentemente trasportate, all'interno delle classiche valigette, sino a Ginevra e lì opportunamente occultate.
Ma questo è solo un capitolo della storia di Di Stefano. Prima, la scomparsa di Alfredo Guagnelli: amico, collega e factotum dell'allora assessore di cui non si hanno notizie dall'ottobre del 2009.
L'inchiesta
Tutto nasce nell’estate del 2008. Di Stefano, all’epoca dei fatti assessore alle Risorse umane, demanio e patrimonio della Regione Lazio, si sarebe adoperato affinché la nuova sede della società pubblica Lazio Service spa fosse presa in locazione dagli imprenditori Daniele e Antonio Pulcini, arrestati nei giorni scorsi per un appalto manipolato per la costruzione di un parcheggio a Piazzale Clodio. Di Stefano, è l’accusa, "si faceva dare e promettere (…) una somma di denaro pari a 1.800.000 nonché una somma pari a 300mila euro euro, quest’ultima versata a Alfredo Guagnelli suo collaboratore". In particolare, il politico avrebbe "promosso e autorizzato" l’operazione "al solo fine di soddisfare gli interessi economici degli imprenditori Pulcini". E non solo, in quanto avrebbe fatto in modo "che la gara ad evidenza pubblica bandita da Lazio Service per la individuazione di un immobile da locare e adibire a nuova sede sociale fosse aggiudicata alla società Belgravia Invest srl, riconducibile agli imprenditori Pulcini, nonostante la Belgravia non avesse né la proprietà né la piena disponibilità dell’immobile" da locare all’ente. La locazione poi, attraverso una seria di artifici compreso il canone maggiorato e fuori mercato, avrebbe fatto lievitare il valore delle proprietà dei Pulcini consentendo loro di venderli poi all'Enpam ad un prezzo superiore al valore di mercato di un buon 50% almeno. Questo filone, curato dal procuratore aggiunto Nello Rossi, è prossimo alla chiusura con relativa richiesta di rinvio a giudizio.
I soldi in Svizzera
Secondo quanto racconta la Sarzanini, i magistrati italiani avrebbero scoperto la pista che porta al denaro grazie alla collaborazione con le autorità elevetiche. Nella ricostruzione fatta, Di Stefano avrebbe fatto arrivare i soldi oltreconfine viaggiando, scortato dagli ex colleghi poliziotti, con le classiche 24ore zeppe di banconote. Ad avvalorare questa ricostruzione ci sarebbero, nelle mani dei magistrati, anche le testimonianze di un funzionari della banca di Ginevra che svela, tra l'altro, coma all'improvviso i conti in questione sarebbero stati completamente svuotati.
L'amico-collega scomparso
Il parlamentare Pd giura e ripete di non sapere e non entrarci nulla con la scoparsa di Guagnelli. Una tesi che sembra però non convincere del tutto gli inquirenti, specie dopo la testimonianza rilasciata dall'ex moglie di Di Stefano, Gilda Renzi, che avrebbe fornito ai magistrati elementi molto interessanti. E i pm, oltre all'ex mogli di Di Stefano, hanno ascoltato come teste anche l'allora autista di Guagnelli. Era lui che lo accompagnava in tutti i suoi spostamenti, anche quelli più segreti e delicati. E Guagnelli sarebbe sparito dopo l'affare di Castel Giubuleo, una speculazione con al centro un'area golenale sulla riva del Tevere. Vicenda sulla quale pende un'inchiesta per corruzione. E proprio indagando sulle tangenti, i pm potrebbero arrivare quanto prima a stabilire se l'uomo sia vivo oppure se sia rifugiato in qualche paradiso tropicale con in mano un piccolo tesoro accumulato forse anche con la presunta bustarella da 300 mila euro ricevuta per la vicenda Lazio Service. Nei giorni scorsi la Squadra mobile è riuscita ad acquisire una serie di documentazioni, con cui gli investigatori stanno ricostruendo le ore precedenti alla scomparsa. Si tratta di carteggi che hanno escluso l’ipotesi dell’allontanamento volontario. Che ci fosse qualcosa di strano, comunque, emerge anche dalle informative investigative sulla scomparsa di Guagnelli. Stando a quanto ricostruito, poche ore prima che si perdessero le sue tracce, la vittima sarebbe andata a salutare Di Stefano nelle vicinanze della sede della Regione Lazio. Quella sera aveva una cena con una persona, anche se alla sua fidanzata e al suo autista (riascoltato nei giorni scorsi in Procura) aveva detto che si sarebbe dovuto recare a Firenze. Sta di fatto che pochi giorni dopo la scomparsa arriva un sms sull’utenza di Bruno, suo fratello, in cui Alfredo dice "non preoccuparti". Messaggio che, tuttavia, non risulta convincente. Per Bruno, infatti, a scrivere non è il fratello. E nelle stesse ore dall’abitazione di Alfredo scompare il computer portatile. Solo mesi dopo, a gennaio 2010 – mentre si sta perfezionando la stipula dell’affare Lazio Service – salta fuori il veicolo di Guagnelli, una Lancia nera. La rintracciano i carabinieri in via Adria, l’ultima zona dove risulta aver utilizzato il cellulare, come emerso dai tabulati telefonici. Nell’auto i militari hanno trovato la giacca che indossava la sera della scomparsa, un tutore per la spalla utilizzato in quei giorni e l’alimentatore del telefono cellulare. Altro dato sospetto è rappresentato dal fatto che sul veicolo non c’erano multe. Un elemento in più che ha fatto ipotizzare agli investigatori che il mezzo sia stato portato in quella via in un secondo momento.
La denuncia alla ex-moglie
"Dopo aver letto sui quotidiani le ultime folli dichiarazioni, in merito a festini hard e alla scomparsa di Alfredo Guagnelli, da parte della mia ex moglie, di cui sono ormai da sette anni vittima di un violento e continuo stalking, non posso esimermi di dare mandato ai miei legali di querelarla per calunnia, diffamazione e falsa testimonianza se quanto scritto sui giornali corrispondesse ai verbali dell'interrogatorio da lei sostenuto". Lo dichiara, in una nota, Di Stefano. "In questi anni ho cercato sempre di sopportare le continue provocazioni di questa donna cercando di tenere i toni più bassi possibili, nonostante mi giungessero in continuazione voci sulle folli bugie che raccontava in giro per la città sul mio conto, a tutela della serenità di mio figlio", aggiunge Di Stefano. "Ora però si è oltrepassato il limite della ragione e della decenza con dichiarazioni prive di qualsiasi fondamento da parte di una donna che non frequento piu' da sette anni", conclude Di Stefano.