MONDO
Regno Unito
Brexit, parere legale inguaia May: "Inganna i Comuni"
Con brexit senza accordo in Irlanda il backstop evita un confine fisico, l'Irlanda del Nord rimarrebbe nell'unione doganale e nel mercato comune

Bufera sulla premier britannica, Theresa May, accusata di "fuorviare il Parlamento, inavvertitamente o meno" dopo la pubblicazione integrale del parere legale sull'accordo negoziato con Bruxelles per la Brexit. Il parere avverte che Londra potrebbe sottostare "indefinitamente" al backstop e alla permanenza dell'Irlanda del Nord nell'unione doganale, finché non venisse raggiunto un "accordo sostitutivo" con l'Ue sulle relazioni future.
Il Partito nazionale scozzese (Snp) ha accusato May di "aver nascosto i fatti" in seguito alla pubblicazione del parere giuridico redatto dal procuratore generale, Geoffrey Cox, e che Downing Street inizialmente aveva pubblicato solo in modo parziale, schermandosi dietro a vaghi motivi di "interesse nazionale", salvo poi finire sotto il fuoco di fila delle critiche bipartisan.
Ieri, la Camera dei Comuni aveva approvato una mozione di censura promossa dal Labour contro il governo May per la mancata pubblicazione integrale del parere legale di Cox. L'ultima sconfitta della premier Tory sulla strada verso la Brexit ha costretto il governo a rendere noto per intero il documento.
Il parere di sei pagine, datato 13 novembre, sostiene che il backstop - una sorta di piano di emergenza proposto da Londra alla Ue per evitare un confine fisico in Irlanda, qualora giunti alla fine del periodo di transizione non si riuscisse a raggiungere un nuovo accordo definitivo - potrebbe "durare indefinitamente". Punto chiave dell'accordo di divorzio con l'Ue, il backstop garantisce che in assenza di un 'deal' con la Ue, l'Irlanda del Nord (parte del Regno Unito) rimarrà nell'unione doganale e nel mercato comune, scongiurando l'hard border con la Repubblica di Irlanda, che invece è membro dell'Ue. I detrattori di May, anche tra i Tory, contestano il fatto che dal piano di backstop non si possa uscire in modo unilaterale e che, di fatto, viene messa a rischio l'integrità del Regno Unito, con l'Irlanda del Nord che rimarrebbe di fatto nella Ue. Secondo il parere di Cox, in questo modo la Gran Bretagna rischia di rimanere intrappolata per un tempo non preventivabile "in ripetuti e protratti round negoziali" sull'accordo definitivo per le relazioni future.
Il tema del backstop è stato affrontato anche nel question time di oggi alla Camera dei Comuni, dove Ian Blackfor, dello Snp, ha chiesto alla premier di "prendersi le sue responsabilità per aver nascosto i fatti circa il suo accordo per la Brexit". May si è difesa spiegando di non aver mai negato lo scenario tratteggiato da Cox e definendo ancora una volta il piano come "un'assicurazione" che né Londra, né Bruxelles hanno intenzione di far scattare.
Intanto oggi si registrano le opinioni di due ex premier, Tony Blair e di quello italiano Enrico Letta, secondo i quali sarà necessario un secondo referendum sulla brexit.
Blair: secondo referendum per sbloccare l'impasse
"Un secondo referendum darà l'opportunità ai cittadini di scegliere ancora una volta se uscire radicalmente dall'Unione europea o rimanere. Non dare la possibilità di decidere creerebbe un senso di smarrimento a quei milioni di britannici che ancora oggi credono nell'Europa". Lo afferma l'ex premier britannico Tony Blair in un'intervista al Sole 24 ore. In parlamento "non credo che l'accordo passerà al primo turno. Ci sarà un secondo voto, ma anche in questo caso non vedo una maggioranza netta", dice Blair. "Qualcuno suggerisce che alla fine ci sarà il via libera del parlamento ritenendo questo accordo la soluzione migliore di un accordo mancato. Ma non credo che sia così, perché il deal firmato dal premier Theresa May - sottolinea - è una via di mezzo che non piace a nessuno. Ci troviamo di fronte a un impasse che può essere sbloccata soltanto con un secondo voto". "Se la brexit ha avuto un senso, è di essere stata una sveglia per il futuro dell'Europa. Basta vedere che cosa sta succedendo non solo in Gran Bretagna, ma anche negli Usa con l'elezione di Trump, in Europa con i casi dell'Italia e Ungheria", osserva Blair. "Il senso di insoddisfazione che si respira in Europa non può essere ignorato dalla politica, pena il fallimento del progetto europeo".
Letta: secondo referendum sarà quasi obbligatorio
"È difficilissimo fare previsioni, quasi impossibile. È una vicenda che è diventata quasi paradossale. Credo che il voto dell'11 dicembre non sarà l'ultima tappa di Brexit. È un passaggio che riaprirà ancora 1000 complesse discussioni e probabilmente avremo nei prossimi mesi ulteriori sorprese". Così l'ex Premier Enrico Letta, direttore dell'Institut d'etudes politiques - Sciences Po di Parigi intervistato a Fuorigioco, su Rai Radio1. "Credo che il No Deal sia la cosa più improbabile di tutte. Dovranno trovare un altra soluzione, sia al loro interno che con Bruxelles. Non è escluso che comincino a pensare di fermare gli orologi e prendere più tempo o a pensare a un secondo referendum. Penso, spero che questa vicenda serva a tutti quelli che a casa nostra pensano che l'Europa sia un inferno e vogliono uscirne. L'Europa ha tanti elementi di crisi che però possono essere cambiati lottando a suo interno. Di fronte a Usa e Cina o si sta tutti insieme oppure da soli è molto peggio. Credo che più l'impasse parlamentare blocca tutte le diverse soluzioni negoziali e più alla fine il secondo referendum sarà quasi obbligatorio. Il voto è stato molto stretto - 48 a 52 - e non riescono a trovare il modo di applicare quel voto".
Il Partito nazionale scozzese (Snp) ha accusato May di "aver nascosto i fatti" in seguito alla pubblicazione del parere giuridico redatto dal procuratore generale, Geoffrey Cox, e che Downing Street inizialmente aveva pubblicato solo in modo parziale, schermandosi dietro a vaghi motivi di "interesse nazionale", salvo poi finire sotto il fuoco di fila delle critiche bipartisan.
Ieri, la Camera dei Comuni aveva approvato una mozione di censura promossa dal Labour contro il governo May per la mancata pubblicazione integrale del parere legale di Cox. L'ultima sconfitta della premier Tory sulla strada verso la Brexit ha costretto il governo a rendere noto per intero il documento.
Il parere di sei pagine, datato 13 novembre, sostiene che il backstop - una sorta di piano di emergenza proposto da Londra alla Ue per evitare un confine fisico in Irlanda, qualora giunti alla fine del periodo di transizione non si riuscisse a raggiungere un nuovo accordo definitivo - potrebbe "durare indefinitamente". Punto chiave dell'accordo di divorzio con l'Ue, il backstop garantisce che in assenza di un 'deal' con la Ue, l'Irlanda del Nord (parte del Regno Unito) rimarrà nell'unione doganale e nel mercato comune, scongiurando l'hard border con la Repubblica di Irlanda, che invece è membro dell'Ue. I detrattori di May, anche tra i Tory, contestano il fatto che dal piano di backstop non si possa uscire in modo unilaterale e che, di fatto, viene messa a rischio l'integrità del Regno Unito, con l'Irlanda del Nord che rimarrebbe di fatto nella Ue. Secondo il parere di Cox, in questo modo la Gran Bretagna rischia di rimanere intrappolata per un tempo non preventivabile "in ripetuti e protratti round negoziali" sull'accordo definitivo per le relazioni future.
Il tema del backstop è stato affrontato anche nel question time di oggi alla Camera dei Comuni, dove Ian Blackfor, dello Snp, ha chiesto alla premier di "prendersi le sue responsabilità per aver nascosto i fatti circa il suo accordo per la Brexit". May si è difesa spiegando di non aver mai negato lo scenario tratteggiato da Cox e definendo ancora una volta il piano come "un'assicurazione" che né Londra, né Bruxelles hanno intenzione di far scattare.
Intanto oggi si registrano le opinioni di due ex premier, Tony Blair e di quello italiano Enrico Letta, secondo i quali sarà necessario un secondo referendum sulla brexit.
Blair: secondo referendum per sbloccare l'impasse
"Un secondo referendum darà l'opportunità ai cittadini di scegliere ancora una volta se uscire radicalmente dall'Unione europea o rimanere. Non dare la possibilità di decidere creerebbe un senso di smarrimento a quei milioni di britannici che ancora oggi credono nell'Europa". Lo afferma l'ex premier britannico Tony Blair in un'intervista al Sole 24 ore. In parlamento "non credo che l'accordo passerà al primo turno. Ci sarà un secondo voto, ma anche in questo caso non vedo una maggioranza netta", dice Blair. "Qualcuno suggerisce che alla fine ci sarà il via libera del parlamento ritenendo questo accordo la soluzione migliore di un accordo mancato. Ma non credo che sia così, perché il deal firmato dal premier Theresa May - sottolinea - è una via di mezzo che non piace a nessuno. Ci troviamo di fronte a un impasse che può essere sbloccata soltanto con un secondo voto". "Se la brexit ha avuto un senso, è di essere stata una sveglia per il futuro dell'Europa. Basta vedere che cosa sta succedendo non solo in Gran Bretagna, ma anche negli Usa con l'elezione di Trump, in Europa con i casi dell'Italia e Ungheria", osserva Blair. "Il senso di insoddisfazione che si respira in Europa non può essere ignorato dalla politica, pena il fallimento del progetto europeo".
Letta: secondo referendum sarà quasi obbligatorio
"È difficilissimo fare previsioni, quasi impossibile. È una vicenda che è diventata quasi paradossale. Credo che il voto dell'11 dicembre non sarà l'ultima tappa di Brexit. È un passaggio che riaprirà ancora 1000 complesse discussioni e probabilmente avremo nei prossimi mesi ulteriori sorprese". Così l'ex Premier Enrico Letta, direttore dell'Institut d'etudes politiques - Sciences Po di Parigi intervistato a Fuorigioco, su Rai Radio1. "Credo che il No Deal sia la cosa più improbabile di tutte. Dovranno trovare un altra soluzione, sia al loro interno che con Bruxelles. Non è escluso che comincino a pensare di fermare gli orologi e prendere più tempo o a pensare a un secondo referendum. Penso, spero che questa vicenda serva a tutti quelli che a casa nostra pensano che l'Europa sia un inferno e vogliono uscirne. L'Europa ha tanti elementi di crisi che però possono essere cambiati lottando a suo interno. Di fronte a Usa e Cina o si sta tutti insieme oppure da soli è molto peggio. Credo che più l'impasse parlamentare blocca tutte le diverse soluzioni negoziali e più alla fine il secondo referendum sarà quasi obbligatorio. Il voto è stato molto stretto - 48 a 52 - e non riescono a trovare il modo di applicare quel voto".