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MONDO

Gran Bretagna

Johnson: il piano May per una Brexit soft "è un'umiliazione nazionale, si cambi"

Boris lancia sfida congresso ma evoca pure transizione più lunga 

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Il piano dei Chequers varato da Theresa May per una Brexit 'soft' rappresenta "un'umiliazione morale e intellettuale" per la Gran Bretagna e va abbandonato a favore di una nuova strategia che miri a un accordo di divorzio più snello, di tipo solo commerciale, come quello esistente fra l'Ue e il Canada. Boris Johnson lancia la sua sfida alla premier a due giorni dal via della conferenza annuale Tory, il congresso del partito di governo, annunciata come l'avvio di un'ulteriore battaglia interna se non già come una resa dei conti.   

In un articolo pubblicato in apertura dal Daily Telegraph, l'ex ministro degli Esteri 'brexiteer' denuncia "il fallimento collettivo del governo" nei negoziati con Bruxelles e "il collasso della volontà dell'establishment di dar corso alla volontà popolare" espressa nel referendum del 2016. E propone "un piano diverso per la Brexit", il suo, improntato a una visione dichiaratamente ottimista sul futuro, ma anche all'idea di una transizione più lunga, con un rinvio di almeno qualche mese dell'uscita vera e propria del Regno dall'Unione. 

Il piano Johnson - subito appoggiato dallo zoccolo duro dei deputati conservatori più euroscettici - viene denominato "super Canada" e punta in sostanza a negoziare un mero trattato di libero scambio con i 27, sia pur rafforzato, sul modello di quello già in vigore fra l'Ue e Ottawa. Ma con "zero dazi" reciproci e la minaccia esplicita di Londra di non pagare il conto di divorzio da 39 miliardi di sterline già concordato nei mesi scorsi in caso di rifiuto. Mentre per mantenere apparentemente un confine senza barriere fra Irlanda e Irlanda del Nord si evoca l'artificio di spostare i controlli doganali post-Brexit dentro il territorio della Repubblica.   

Nel contempo, per consentire di mettere a punto la svolta, Johnson apre peraltro all'ipotesi di prorogare il periodo di transizione (con conseguente allungamento dello status quo) oltre il termine indicato sinora di fine 2020.