MONDO
La rabbia della gente ingannata da giornali e autorità
Cina. La supertruffa della borsa dei metalli rari
Dentro la bolla e poi il crollo dei mercati in Cina troviamo storie come questa: autorità provinciali, regolatori, operatori dei media, tutti complici nella frode a danno di migliaia di risparmiatori che hanno perso tutto nella cosiddetta "Fanya" borsa dei metalli rari di Kunming. Il racconto in presa diretta del corrispondente Marco Madinelli

Non capita spesso a Pechino di assistere a manifestazioni pubbliche e ancora meno di essere avvisati per tempo.
Ma oggi abbiamo saputo che un migliaio di risparmiatori truffati dalla Borsa Metalli Fanya di Kunming avrebbero inscenato una protesta davanti alla Commissione di controllo della borsa cinese.
Appena arrivati ci siamo trovati davanti ad un gruppo ben organizzato: indossavano tutti magliette bianche, con su scritto "ignorata la truffa della Fanya", in mano bandierine rosse, striscioni e megafoni.
Qualche poliziotto in divisa cercava di contenere le folla che aveva bloccato completamente Jingrong Lu, Via della Finanza, qualche chilometro a ovest della Città Proibita. Altri agenti, anche in borghese, registravano tutto con minuscole telecamere che stanno nel palmo di una mano.
"Non siamo qui per protestare - ci racconta il signor Yin - ma solo per fare delle richieste. Siamo vittime della Borsa Metalli Fanya. Abbiamo comprato i loro prodotti a rendimento fisso, approvati dalla provincia dello Yunnan e dalla Commissione per gli Investimenti. Erano i nostri risparmi - continua Yin - i soldi di famiglie intere, chi ha investito 100,000 yuan (14 mila euro), chi un milione (140 mila euro). Nello Yunnan da più di 6 mesi il governo non ci dà retta. Per questo siamo venuti a Pechino per chiedere aiuto al governo centrale, che risolva la questione".
Le bandierine cinesi che i manifestanti sventolano sotto al naso dei poliziotti sono un talismano: le proteste di piazza non sono ben viste. I risparmiatori sono patrioti e non vogliono passare per "disturbatori dell'ordine sociale", l'accusa che viene mossa più spesso a chi viene arrestato per proteste. Gridano anche slogan a sostegno del premier Li Keqiang e del presidente Xi Jinping. Come spesso succede in Cina, chi protesta lo fa contro i funzionari locali, gli autori del sopruso, invocando l'intervento riparatore del governo di Pechino. "Farò uso di un modo di dire - premette il signor Yin, e poi lancia l'accusa - il governo locale ha costruito il teatro e i truffatori hanno messo in piedi lo spettacolo. Da quello che abbiamo capito - continua Yin - il governo dello Yunnan ha promosso la compagnia Fanya. Tutti i rappresentati del governo andavano alla Fanya. Persino la tv di stato, CCTV, ha fatto dei servizi. Fanya - continua Yin - ha avuto tutto l'appoggio di cui aveva bisogno da parte delle autorità per fare in modo che la gente credesse in questa compagnia e vi investisse tutto il proprio denaro. Se si fosse trattato di una normale società - conclude - tutte queste persone non avrebbero investito i propri risparmi".
Sono 220 mila le famiglie cinesi cadute nella truffa della Borsa Metalli di Kunming. Hanno investito oltre 43 miliardi di yuan, circa 6 miliardi di euro in un prodotto finanziario chiamato Rijinbao, i cui caratteri significano "Il Tesoro dell'Oro Quotidiano", come dire un patrimonio che cresce ogni giorno. Un nome mirabolante, come la promessa di interessi, fino al 13,68%. E questo, forse, poteva essere un indizio per gli investitori che il metallo della Fanya, non era certamente oro. La Borsa Metalli Fanya di Kunming viene fondata nel 2011 per trattare la compravendita dei cosiddetti metalli minori e rari, come l'indio, il molibdeno, o l'afnio, scambiati in volumi molto inferiori rispetto al ferro o al rame, ma fondamentali nelle nuove applicazioni tecnologiche: schermi piatti, pannelli solari, batterie per i veicoli elettrici o i cellulari. Così come le terre rare, di cui la Cina è, di fatto, il monopolista mondiale.
La Borsa di Kunming si impone rapidamente tanto che sia l'agenzia Reuters che Bloomberg, nei loro report finanziari, seguono l'andamento del suo listino. Se si va sulle pagine in inglese del sito della Fanya si scopre che tra i suoi partner, non solo ci sono i maggiori produttori cinesi, ma anche le maggiori banche del Paese, e i più bei nomi dell'informazione generalista come la tv di stato CCTV o l'agenzia ufficiale XInhua e di quella specializzata come East Money e Yicai.
Come potevano dunque i piccoli risparmiatori capire che investire nel "Tesoro dell'Oro Quotidiano" era troppo rischioso? Oltretutto sul contratto, secondo un documento diffuso dagli investitori truffati, c'era scritto che avrebbero potuto recedere in qualsiasi momento ricevendo capitale e interessi, che il capitale investito nel prodotto non sarebbe stato influenzato dall'andamento del listino della Borsa Metalli e che gli investitori non avrebbero partecipato a nessuna compravendita di merci. Un altro campanello d'allarme poteva essere un rapporto della Commissione di controllo della borsa cinese, pubblicato sul sito a metà novembre 2014, in cui si metteva in risalto il comportamento irregolare della Borsa Metalli. Ma il rapporto, secondo quanto scrive il sito Strategic Metal Report è stato prontamente cancellato e ogni riferimento alla Fanya sulle cronache locali, è scomparso. Dunque ad aprile di quest'anno la Fanya congela gli investimenti dei piccoli risparmiatori, facendo riferimento ad alcune difficoltà di cassa, e assicurando che tutto si sarebbe risolto entro la fine di giugno. Ma non è successo niente di tutto questo. Secondo quanto affermano i manifestanti, né le autorità politiche locali, nè la polizia avrebbero fatto alcunché per il recupero dei risparmi bloccati. A luglio le vittime della truffa hanno manifestato a Kunming, capitale provinciale dello Yunnan, e ad agosto a Shanghai, ma senza alcun risultato. La loro mossa successiva ha fatto il giro del mondo: esasperati hanno messo sotto controllo il capo della Fanya, Shan Jiuliang, e il 23 agosto lo hanno sequestrato davanti ad un hotel della capitale finanziaria cinese e lo hanno consegnato alla polizia locale. Alla stazione di polizia, Shan, evidentemente impaurito, ha promesso che ai primi di settembre avrebbe reso noto uno schema di rimborso da attuare nell'arco di dodici mesi. Ma anche questo impegno è rimasto lettera morta. Oltretutto la polizia, secondo quanto scrive il Financial Times, lo ha rilasciato senza alcuna accusa. Oggi, dopo un'ora di slogan, trattative e qualche spintone i manifestanti sono stati convinti a togliere l'assedio alla Commissione di controllo, la stessa che aveva lanciato l'allarme poi scomparso. Noi pure siamo stati gentilmente invitati a lasciare la zona. A quanto abbiamo saputo dopo, nessuno è stato arrestato. Dallo scoppio della bolla alle borse di Shanghai e Shenzhen è la prima volta che qualcuno scende in piazza per aver perso i propri risparmi. E data l'organizzazione delle vittime della Fanya, potrebbe anche non essere l'ultima.
Ma oggi abbiamo saputo che un migliaio di risparmiatori truffati dalla Borsa Metalli Fanya di Kunming avrebbero inscenato una protesta davanti alla Commissione di controllo della borsa cinese.
Appena arrivati ci siamo trovati davanti ad un gruppo ben organizzato: indossavano tutti magliette bianche, con su scritto "ignorata la truffa della Fanya", in mano bandierine rosse, striscioni e megafoni.
Qualche poliziotto in divisa cercava di contenere le folla che aveva bloccato completamente Jingrong Lu, Via della Finanza, qualche chilometro a ovest della Città Proibita. Altri agenti, anche in borghese, registravano tutto con minuscole telecamere che stanno nel palmo di una mano.
"Non siamo qui per protestare - ci racconta il signor Yin - ma solo per fare delle richieste. Siamo vittime della Borsa Metalli Fanya. Abbiamo comprato i loro prodotti a rendimento fisso, approvati dalla provincia dello Yunnan e dalla Commissione per gli Investimenti. Erano i nostri risparmi - continua Yin - i soldi di famiglie intere, chi ha investito 100,000 yuan (14 mila euro), chi un milione (140 mila euro). Nello Yunnan da più di 6 mesi il governo non ci dà retta. Per questo siamo venuti a Pechino per chiedere aiuto al governo centrale, che risolva la questione".
Le bandierine cinesi che i manifestanti sventolano sotto al naso dei poliziotti sono un talismano: le proteste di piazza non sono ben viste. I risparmiatori sono patrioti e non vogliono passare per "disturbatori dell'ordine sociale", l'accusa che viene mossa più spesso a chi viene arrestato per proteste. Gridano anche slogan a sostegno del premier Li Keqiang e del presidente Xi Jinping. Come spesso succede in Cina, chi protesta lo fa contro i funzionari locali, gli autori del sopruso, invocando l'intervento riparatore del governo di Pechino. "Farò uso di un modo di dire - premette il signor Yin, e poi lancia l'accusa - il governo locale ha costruito il teatro e i truffatori hanno messo in piedi lo spettacolo. Da quello che abbiamo capito - continua Yin - il governo dello Yunnan ha promosso la compagnia Fanya. Tutti i rappresentati del governo andavano alla Fanya. Persino la tv di stato, CCTV, ha fatto dei servizi. Fanya - continua Yin - ha avuto tutto l'appoggio di cui aveva bisogno da parte delle autorità per fare in modo che la gente credesse in questa compagnia e vi investisse tutto il proprio denaro. Se si fosse trattato di una normale società - conclude - tutte queste persone non avrebbero investito i propri risparmi".
Sono 220 mila le famiglie cinesi cadute nella truffa della Borsa Metalli di Kunming. Hanno investito oltre 43 miliardi di yuan, circa 6 miliardi di euro in un prodotto finanziario chiamato Rijinbao, i cui caratteri significano "Il Tesoro dell'Oro Quotidiano", come dire un patrimonio che cresce ogni giorno. Un nome mirabolante, come la promessa di interessi, fino al 13,68%. E questo, forse, poteva essere un indizio per gli investitori che il metallo della Fanya, non era certamente oro. La Borsa Metalli Fanya di Kunming viene fondata nel 2011 per trattare la compravendita dei cosiddetti metalli minori e rari, come l'indio, il molibdeno, o l'afnio, scambiati in volumi molto inferiori rispetto al ferro o al rame, ma fondamentali nelle nuove applicazioni tecnologiche: schermi piatti, pannelli solari, batterie per i veicoli elettrici o i cellulari. Così come le terre rare, di cui la Cina è, di fatto, il monopolista mondiale.
La Borsa di Kunming si impone rapidamente tanto che sia l'agenzia Reuters che Bloomberg, nei loro report finanziari, seguono l'andamento del suo listino. Se si va sulle pagine in inglese del sito della Fanya si scopre che tra i suoi partner, non solo ci sono i maggiori produttori cinesi, ma anche le maggiori banche del Paese, e i più bei nomi dell'informazione generalista come la tv di stato CCTV o l'agenzia ufficiale XInhua e di quella specializzata come East Money e Yicai.
Come potevano dunque i piccoli risparmiatori capire che investire nel "Tesoro dell'Oro Quotidiano" era troppo rischioso? Oltretutto sul contratto, secondo un documento diffuso dagli investitori truffati, c'era scritto che avrebbero potuto recedere in qualsiasi momento ricevendo capitale e interessi, che il capitale investito nel prodotto non sarebbe stato influenzato dall'andamento del listino della Borsa Metalli e che gli investitori non avrebbero partecipato a nessuna compravendita di merci. Un altro campanello d'allarme poteva essere un rapporto della Commissione di controllo della borsa cinese, pubblicato sul sito a metà novembre 2014, in cui si metteva in risalto il comportamento irregolare della Borsa Metalli. Ma il rapporto, secondo quanto scrive il sito Strategic Metal Report è stato prontamente cancellato e ogni riferimento alla Fanya sulle cronache locali, è scomparso. Dunque ad aprile di quest'anno la Fanya congela gli investimenti dei piccoli risparmiatori, facendo riferimento ad alcune difficoltà di cassa, e assicurando che tutto si sarebbe risolto entro la fine di giugno. Ma non è successo niente di tutto questo. Secondo quanto affermano i manifestanti, né le autorità politiche locali, nè la polizia avrebbero fatto alcunché per il recupero dei risparmi bloccati. A luglio le vittime della truffa hanno manifestato a Kunming, capitale provinciale dello Yunnan, e ad agosto a Shanghai, ma senza alcun risultato. La loro mossa successiva ha fatto il giro del mondo: esasperati hanno messo sotto controllo il capo della Fanya, Shan Jiuliang, e il 23 agosto lo hanno sequestrato davanti ad un hotel della capitale finanziaria cinese e lo hanno consegnato alla polizia locale. Alla stazione di polizia, Shan, evidentemente impaurito, ha promesso che ai primi di settembre avrebbe reso noto uno schema di rimborso da attuare nell'arco di dodici mesi. Ma anche questo impegno è rimasto lettera morta. Oltretutto la polizia, secondo quanto scrive il Financial Times, lo ha rilasciato senza alcuna accusa. Oggi, dopo un'ora di slogan, trattative e qualche spintone i manifestanti sono stati convinti a togliere l'assedio alla Commissione di controllo, la stessa che aveva lanciato l'allarme poi scomparso. Noi pure siamo stati gentilmente invitati a lasciare la zona. A quanto abbiamo saputo dopo, nessuno è stato arrestato. Dallo scoppio della bolla alle borse di Shanghai e Shenzhen è la prima volta che qualcuno scende in piazza per aver perso i propri risparmi. E data l'organizzazione delle vittime della Fanya, potrebbe anche non essere l'ultima.