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Huawei, alta tensione tra Cina e Usa. Pechino: basta isteria

La proposta di legge presentata da un gruppo di parlamentari negli Stati Uniti che prende di mira Huawei e Zte e' frutto di "isteria" e la Cina chiede agli Stati Uniti di fermare la legge. Lo ha dichiarato oggi la portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, Hua Chunying, dopo che un gruppo di membri del Congresso, sia repubblicani che democratici, degli Stati Uniti ha presentato una proposta di legge per vietare la vendita di componenti ai due colossi informatici e altri gruppi cinesi che gli Usa ritengono violare le sanzioni e le leggi sul controllo alle esportazioni.
Intanto le autorità statunitensi sarebbero nelle fasi "avanzate" di una indagine che potrebbe tradursi in una accusa di furto di segreti commerciali rivolta al colosso tecnologico cinese Huawei. A riferirlo è il Wall Street Journal, citando fonti anonime. Secondo la testata americana, il Dipartimento di Giustizia starebbe valutando la sottrazione di segreti da parte della società asiatica ai danni dei suoi partner negli Usa, incluso un dispositivo robotico di T-Mobile utilizzato per testare gli smartphone. Lo stesso dicastero del governo federale non ha però voluto commentare quanto riportato e Huawei non ha a sua volta risposto alle richieste di commento. Se confermata, la mossa potrebbe d'altra parte portare a un'ulteriore escalation nelle tensioni già presenti tra Stati Uniti e Cina, dopo l'arresto avvenuto sul finire dello scorso anno in Canada di Meng Wanzhou, chief financial officer di Huawei, nonché figlia del fondatore della società. Nelle settimane successive all’arresto di Meng, due cittadini canadesi sono stati posti sotto detenzione in Cina e un terzo è stato condannato a morte con l'accusa di traffico di droga. Sviluppi nei quali alcuni osservatori hanno visto tentativi di Pechino di esercitare pressioni su Ottawa. Huawei, secondo produttore mondiale di smartphone e primo produttore a livello globale di apparecchiature per le telecomunicazioni, è stata per anni sotto esame negli Stati Uniti per presunti collegamenti con il governo cinese. Sospetti smentiti in modo risoluto dal fondatore Ren Zhengfei, che in una rara intervista rilasciata nei giorni scorsi ha negato con forza le accuse per cui l'azienda si occuperebbe di spionaggio per conto di Pechino. Le ultime frizioni arrivano tra l'altro in un quadro che vede la Casa Bianca sforzarsi di ottenere più manifattura sul suolo statunitense. Ma anche in una fase di ripresa del dialogo tra le due superpotenze proprio in tema di commercio: la scorsa settimana nella capitale cinese si è svolto il primo round di negoziati a livello vice ministeriale dopo la "tregua" di tre mesi nell'imposizione di nuovi dazi proclamata da Trump e Xi Jinping in occasione del G20 svoltosi in Argentina. Le Borse asiatiche, intanto, si muovono in flessione. Tokyo ha chiuso in arretramento di un moderato 0,20%, mentre Shanghai ha lasciato sul parterre lo 0,40%
Intanto le autorità statunitensi sarebbero nelle fasi "avanzate" di una indagine che potrebbe tradursi in una accusa di furto di segreti commerciali rivolta al colosso tecnologico cinese Huawei. A riferirlo è il Wall Street Journal, citando fonti anonime. Secondo la testata americana, il Dipartimento di Giustizia starebbe valutando la sottrazione di segreti da parte della società asiatica ai danni dei suoi partner negli Usa, incluso un dispositivo robotico di T-Mobile utilizzato per testare gli smartphone. Lo stesso dicastero del governo federale non ha però voluto commentare quanto riportato e Huawei non ha a sua volta risposto alle richieste di commento. Se confermata, la mossa potrebbe d'altra parte portare a un'ulteriore escalation nelle tensioni già presenti tra Stati Uniti e Cina, dopo l'arresto avvenuto sul finire dello scorso anno in Canada di Meng Wanzhou, chief financial officer di Huawei, nonché figlia del fondatore della società. Nelle settimane successive all’arresto di Meng, due cittadini canadesi sono stati posti sotto detenzione in Cina e un terzo è stato condannato a morte con l'accusa di traffico di droga. Sviluppi nei quali alcuni osservatori hanno visto tentativi di Pechino di esercitare pressioni su Ottawa. Huawei, secondo produttore mondiale di smartphone e primo produttore a livello globale di apparecchiature per le telecomunicazioni, è stata per anni sotto esame negli Stati Uniti per presunti collegamenti con il governo cinese. Sospetti smentiti in modo risoluto dal fondatore Ren Zhengfei, che in una rara intervista rilasciata nei giorni scorsi ha negato con forza le accuse per cui l'azienda si occuperebbe di spionaggio per conto di Pechino. Le ultime frizioni arrivano tra l'altro in un quadro che vede la Casa Bianca sforzarsi di ottenere più manifattura sul suolo statunitense. Ma anche in una fase di ripresa del dialogo tra le due superpotenze proprio in tema di commercio: la scorsa settimana nella capitale cinese si è svolto il primo round di negoziati a livello vice ministeriale dopo la "tregua" di tre mesi nell'imposizione di nuovi dazi proclamata da Trump e Xi Jinping in occasione del G20 svoltosi in Argentina. Le Borse asiatiche, intanto, si muovono in flessione. Tokyo ha chiuso in arretramento di un moderato 0,20%, mentre Shanghai ha lasciato sul parterre lo 0,40%