ITALIA
Il feretro coperto dalla toga rossa
L'omaggio a Francesco Saverio Borrelli alla camera ardente a Palazzo Giustizia di Milano
La camera ardente resterà aperta fino alle 12. Alle 14 i funerali

Un lungo applauso ha seguito il feretro Francesco Saverio Borelli il magistrato napoletano scomparso sabato scorso dopo una lunga malattia, all'uscita del Palazzo di Giustizia di Milano dove era stata allestita la camera ardente.
Intorno al feretro, coperto da una toga rossa, si sono disposti a turno alcuni colleghi, tra cui Piercamillo Davigo, Gherardo Colombo che sotto il coordinamento dell'allora procuratore capo Borelli formarono il cosiddetto pool 'Mani Pulite' durante la stagione di Tangentopoli. Accanto la bara anche la moglie Maria Laura e i figli Andrea e Federica che hanno ricevuto numerosi gesti d'affetto dai altri magistrati e anche da normali cittadini.
A rendere omaggio a Francesco Saverio Borrelli il Sindaco di Milano Sala e in rappresentanza del governo, il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede che lo ha voluto ricordare come un "esempio da custodire perle nuove generazioni". Il ministro lo ha definito un "esempio determinante per la lotta alla corruzione" e di "imparzialità". Bonafede ha voluto sottolineare il suo contributo alla"giustizia" e alla "democrazia" italiane.
“Secondo me va constatato che sono finite le nostre indagini, ma la corruzione in questo Paese è proseguita con caratteristiche diverse ma c'è sempre: noi dovevamo perseguire i reati, ma alla fine esistono delle contraddizioni tra la cultura generale e la legge e necessariamente perde la legge". Così Gherardo Colombo, ex magistrato del pool di Mani Pulite, rende omaggio al 'capo' Francesco Saverio Borrelli durante la camera ardente in tribunale a Milano.
L'ex pm di Mani pulite Antonio DiPietro che non ha rilasciato dichiarazioni dopo la notizia della morte del suo ex capo,quando è arrivato, si è inginocchiato davanti alla bara. Dopo ha indossato la toga, e ha vegliato il feretro dell'ex procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli. Accanto a Di Pietro, visibilmente commosso, il procuratore Francesco Greco, il capo del Pool antiterrorismo Alberto Nobili, il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, il procuratore di Monza Luisa Zanetti.
Chi era
Borrelli, classe 1930, magistrato per 47 anni, e capo del pool di Mani Pulite che condusse l'indagine di Tangentopoli morto sabato nell'hospice dell'Istituto dei Tumori di Milano, dove era ricoverato. Laureato in legge con una tesi su 'Sentimento e sentenza', Borrelli vinse il concorso per entrare in magistratura nel 1955, e cominciò la sua carriera come giudice civile a Milano. Quasi tutta la sua carriera si è svolta nelle aule di quel tribunale fino a quel suo discorso da procuratore generale della Corte d'Appello, nel gennaio del 2002, che si concludeva con una parola ripetuta tre volte, un appello per l'indipendenza della magistratura rimasto famoso: "Resistere, resistere, resistere, come sulla linea del Piave" contro le riforme della giustizia del secondo governo Berlusconi. Un verbo reiterato tre volte che ormai fa parte della storia italiana e racconta una delle fasi più calde del complesso rapporto tra politica e giustizia. Nel maggio del 2006 venne nominato capo dell'ufficio indagini della Figc (Federazione italiana Gioco Calcio), incarico che ricoprì per un solo anno. Nel 2012 è stato insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica. Su una cosa ammiratori e detrattori di Francesco Saverio Borrelli sono d'accordo: l'ex capo del pool di Mani pulite è stato un'indiscusso protagonista della storia italiana. Per molti nel bene, come servitore dello Stato, per altri nel male, come fautore di un'intromissione nelle competenze della politica che ancora oggi qualcuno si spinge a definire "un colpo di Stato". La sua morte ha immediatamente riacceso il dibattito su che cosa fu Mani Pulite. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, esprimendo il suo cordoglio, ha definito Borrelli un "magistrato di altissimo valore, impegnato per l'affermazione della supremazia e del rispetto della legge, che ha servito con fedeltà la Repubblica".
Intorno al feretro, coperto da una toga rossa, si sono disposti a turno alcuni colleghi, tra cui Piercamillo Davigo, Gherardo Colombo che sotto il coordinamento dell'allora procuratore capo Borelli formarono il cosiddetto pool 'Mani Pulite' durante la stagione di Tangentopoli. Accanto la bara anche la moglie Maria Laura e i figli Andrea e Federica che hanno ricevuto numerosi gesti d'affetto dai altri magistrati e anche da normali cittadini.
A rendere omaggio a Francesco Saverio Borrelli il Sindaco di Milano Sala e in rappresentanza del governo, il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede che lo ha voluto ricordare come un "esempio da custodire perle nuove generazioni". Il ministro lo ha definito un "esempio determinante per la lotta alla corruzione" e di "imparzialità". Bonafede ha voluto sottolineare il suo contributo alla"giustizia" e alla "democrazia" italiane.
“Secondo me va constatato che sono finite le nostre indagini, ma la corruzione in questo Paese è proseguita con caratteristiche diverse ma c'è sempre: noi dovevamo perseguire i reati, ma alla fine esistono delle contraddizioni tra la cultura generale e la legge e necessariamente perde la legge". Così Gherardo Colombo, ex magistrato del pool di Mani Pulite, rende omaggio al 'capo' Francesco Saverio Borrelli durante la camera ardente in tribunale a Milano.
L'ex pm di Mani pulite Antonio DiPietro che non ha rilasciato dichiarazioni dopo la notizia della morte del suo ex capo,quando è arrivato, si è inginocchiato davanti alla bara. Dopo ha indossato la toga, e ha vegliato il feretro dell'ex procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli. Accanto a Di Pietro, visibilmente commosso, il procuratore Francesco Greco, il capo del Pool antiterrorismo Alberto Nobili, il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, il procuratore di Monza Luisa Zanetti.
Chi era
Borrelli, classe 1930, magistrato per 47 anni, e capo del pool di Mani Pulite che condusse l'indagine di Tangentopoli morto sabato nell'hospice dell'Istituto dei Tumori di Milano, dove era ricoverato. Laureato in legge con una tesi su 'Sentimento e sentenza', Borrelli vinse il concorso per entrare in magistratura nel 1955, e cominciò la sua carriera come giudice civile a Milano. Quasi tutta la sua carriera si è svolta nelle aule di quel tribunale fino a quel suo discorso da procuratore generale della Corte d'Appello, nel gennaio del 2002, che si concludeva con una parola ripetuta tre volte, un appello per l'indipendenza della magistratura rimasto famoso: "Resistere, resistere, resistere, come sulla linea del Piave" contro le riforme della giustizia del secondo governo Berlusconi. Un verbo reiterato tre volte che ormai fa parte della storia italiana e racconta una delle fasi più calde del complesso rapporto tra politica e giustizia. Nel maggio del 2006 venne nominato capo dell'ufficio indagini della Figc (Federazione italiana Gioco Calcio), incarico che ricoprì per un solo anno. Nel 2012 è stato insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica. Su una cosa ammiratori e detrattori di Francesco Saverio Borrelli sono d'accordo: l'ex capo del pool di Mani pulite è stato un'indiscusso protagonista della storia italiana. Per molti nel bene, come servitore dello Stato, per altri nel male, come fautore di un'intromissione nelle competenze della politica che ancora oggi qualcuno si spinge a definire "un colpo di Stato". La sua morte ha immediatamente riacceso il dibattito su che cosa fu Mani Pulite. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, esprimendo il suo cordoglio, ha definito Borrelli un "magistrato di altissimo valore, impegnato per l'affermazione della supremazia e del rispetto della legge, che ha servito con fedeltà la Repubblica".