SCIENZA
Un calo del 5 per cento rispetto agli anni precedenti
Ricerca italiana, solo il 2,7 per cento dei progetti finanziato dall'Ue
Continua la fuga dei cervelli dal nostro Paese: nel biennio 2011-12, 2 mila ricercatori sotto i 35 anni si sono trasferiti all'estero

Non si vive di sola politica. “Negli ultimi due anni i progetti italiani che hanno avuto finanziamenti europei sono stati solo il 2,7%, diminuiti del 5% rispetto agli anni precedenti, comunque sotto la media Ue che è intorno al 12%”: è la triste situazione della Ricerca italiana descritta oggi da Elisabetta Dejana, scienziata dell'università degli studi di Milano che dirige l'istituto di oncologia molecolare (Ifom), durante il convegno tenuto al Senato ‘Incontro su scienza, innovazione e salute’, a cui ha preso parte anche il Presidente della Repubblica, Napolitano.
Il record italiano
Dall’incontro, organizzato per “avvicinare la comunità scientifica all'esercizio del potere pubblico per costruire insieme le politiche del futuro”, come detto dal presidente del Senato Grasso, all’apertura dei lavori, è emerso un dato allarmante relativo al nostro Paese: negli ultimi anni l’Italia riesce ad attrarre sempre meno finanziamenti comunitari, perdendo un’occasione importante per sostenere la ricerca e compensare così i pochi fondi destinati al settore a causa dell’austerity.
La fuga dei cervelli
La cosa peggiore, sottolinea la scienziata, è che “il 40% dei progetti finisce all'estero”, verso lidi più benevoli col settore. Solo nel biennio 2011/12, continua, "sono stati circa 10 mila i giovani under 35 emigrati all'estero per motivi di lavoro e di questi 2 mila sono andati via per proseguire studi o progetti nel campo della ricerca biomedica".
La ricerca nostrana, collocata al quarto posto in Europa, e capace di produrre 371 mila pubblicazioni tra il 1998 e 2008, sta "perdendo competitività – ha concluso la scienziata - perché lo Stato è ancora miope nel capire che investendo in ricerca si guadagna".
La Ricerca moltiplicatore economico
"Il tasso di rendimento annuale che si genera nel sistema economico se un governo investe in ricerca è tra il 20 e il 50%. La ricerca pubblica si ripaga così in 2-5 anni", ha spiegato Andrea Bonaccorsi, dell'università di Pisa.
Il record italiano
Dall’incontro, organizzato per “avvicinare la comunità scientifica all'esercizio del potere pubblico per costruire insieme le politiche del futuro”, come detto dal presidente del Senato Grasso, all’apertura dei lavori, è emerso un dato allarmante relativo al nostro Paese: negli ultimi anni l’Italia riesce ad attrarre sempre meno finanziamenti comunitari, perdendo un’occasione importante per sostenere la ricerca e compensare così i pochi fondi destinati al settore a causa dell’austerity.
La fuga dei cervelli
La cosa peggiore, sottolinea la scienziata, è che “il 40% dei progetti finisce all'estero”, verso lidi più benevoli col settore. Solo nel biennio 2011/12, continua, "sono stati circa 10 mila i giovani under 35 emigrati all'estero per motivi di lavoro e di questi 2 mila sono andati via per proseguire studi o progetti nel campo della ricerca biomedica".
La ricerca nostrana, collocata al quarto posto in Europa, e capace di produrre 371 mila pubblicazioni tra il 1998 e 2008, sta "perdendo competitività – ha concluso la scienziata - perché lo Stato è ancora miope nel capire che investendo in ricerca si guadagna".
La Ricerca moltiplicatore economico
"Il tasso di rendimento annuale che si genera nel sistema economico se un governo investe in ricerca è tra il 20 e il 50%. La ricerca pubblica si ripaga così in 2-5 anni", ha spiegato Andrea Bonaccorsi, dell'università di Pisa.