MONDO
Sinodo: “Una conversione integrale, mettendo al centro Cristo nella chiesa Amazzonica”
Abbiamo incontrato Padre Martín Lasarte Topolanski, uruguaiano, missionario salesiano da 25 anni in Africa e America Latina. Papa Francesco lo ha scelto come esperto per seguire con attenzione il sinodo sull’Amazzonia

Si conclude il Sinodo speciale sull’Amazzonia con un documento breve e agile ma nello stesso tempo conciso: 37 pagine ricche di esperienze pastorali e punti di vista diversi.
Tantissime le mozioni presentate, 831, normali le discrepanze e il consenso su alcuni temi. Nell’insieme, il documento è stato apprezzato dall’Assemblea dei vescovi provenienti da oltre oceano. Camminare, insieme con i più deboli, con i popoli indigeni dell’Amazzonia e gli abitanti delle periferie dell’umanità. Queste le grandi linee del pontificato di Papa Francesco, che ha ammesso più volte la necessità di prospettare nuovi cammini, nuove missioni e nuove strade di evangelizzazione. La sfida della chiesa odierna è affrontare i cambiamenti epocali della nostra società, che sembra aver perso la bussola dei valori, ma allo stesso tempo ha fame di verità. Rilanciare l’opera di Dio nella regione panamazzonica, una regione profondamente religiosa, significa dare un’opportunità all’anima del nostro pianeta.
Un sinodo con un forte riscontro mediatico, che doveva occuparsi solo di un dirompente paganesimo e questioni ambientali. Invece, è stato un sinodo che ha fatto luce su chi non ha voce e vive in quella parte del pianeta e su come tutelare al meglio il creato. I temi all’ordine del giorno sono stati: il ruolo della donna nella chiesa, il diaconato permanente, la formazione dei laici e dei sacerdoti (per venire incontro alle comunità ecclesiali locali), i “viri probati” e un’inculturazione del ‘rito amazzonico’ durante la messa. Una chiesa dal volto indigeno e una cultura di sostenibilità contro l’estrattivismo.
Profetica e saggia da più di 2000 anni, è disposta ad essere martire ed esemplare, mettendo al primo posto il Vangelo. È necessaria una Chiesa che sappia ascoltare, che apprezzi la sconosciuta ricchezza culturale di una parte del creato, afflitta dal narcotraffico, potere “occulto” della corruzione, con cui nessuno può competere, un potere capace di distruggere intere generazioni.
Un banco di prova per la Chiesa Universale, che annuncia Gesù e che chiede ai vescovi del Sinodo di essere coraggiosi e intrepidi, di non rimanere fermi a casa racchiusi tra le mura protette, occupandosi solo di se stessi. È la chiesa di Papa Francesco, che ha bisogno di spalancare le porte, una chiesa che accoglie tutti, abbattendo i muri dell’indifferenza e costruendo ponti di umanità.
Abbiamo incontrato Padre Martín Lasarte Topolanski, uruguaiano, missionario salesiano da 25 anni in Africa e America Latina. Papa Francesco lo ha scelto come esperto per seguire con attenzione il sinodo sull’Amazzonia.
Quali sono stati gli argomenti più rilevanti nel Sinodo?
Senza dubbio quando Papa Francesco ha lanciato il sinodo le due grandi colonne sono state l’ecologia integrale e la nuova evangelizzazione. A distanza di 50 anni l’Amazzonia ha perso quasi il 20% delle sue foreste, non è un luogo poetico, un mito scientifico, o una moda ecologica. L’Amazzonia è garante per l’America Latina. La ‘Laudato sì’ sostiene l’armonia del creato con le persone, il grido della terra e il grido dei popoli. Non esiste un’ecologia che non rispetti i popoli, e viceversa non esiste promozione dei popoli che non rispetti il creato. Il secondo tema è stato quello dell’Evangelizzazione in Amazzonia.
Padre Lasarte, proprio su questo secondo punto vorrei porle qualche domanda. Cosa non ha funzionato dopo 500 anni di presenza cattolica in America Latina?
Molti vescovi hanno focalizzato l’attenzione sui sacerdoti sposati, il diaconato femminile permanente. Sono animati dalla volontà di come possiamo prenderci cura pastoralmente delle zone più lontane. Anche noi ci siamo chiesti perché c’è una mancanza di vocazioni in una regione che è fortemente religiosa. La mancanza di una pastorale giovanile adeguata, profonda, la mancanza di una pastorale familiare organica, feconda, capace di generare, sono il sintomo della salute spirituale di una chiesa particolare.
Da dove si può ripartire?
Il sinodo ha fatto un’autocritica del perché siamo arrivati a questa situazione. Uno dei motivi è aver esagerato nella missione della chiesa nella dimensione diaconale, il servizio, la salute, l’educazione, i diritti umani. Certo sì, questo va bene, ma tutto questo deve essere accompagnato dall’Annuncio, dalla testimonianza e dai Misteri della Fede, la Catechesi, la Liturgia. Pertanto, quando la Chiesa si dimentica di alcuni aspetti, ne risente certamente tutta la sua pastorale. In alcuni luoghi la pastorale è stata molto riduttiva. Una presenza della chiesa sociale e assistenzialista, più che strumento di evangelizzazione integrale. Quando ci dimentichiamo di alcune dimensioni si manifesta povertà.
Esiste la possibilità di avere nella chiesa cattolica sacerdoti sposati?
Nella Chiesta Cattolica, esiste la possibilità che uomini sposati esercitino le funzioni del sacerdozio, lo contempla il canone 1047 del Codice di Diritto Canonico. La Santa Sede, in casi estremi o per una giusta motivazione, può concedere una dispensa rispetto al celibato. Per esempio, durante la persecuzione comunista dell’Europa dell’Est, sono stati ordinati alcuni sacerdoti, laici sposati per assistere la loro comunità. Ma questo non riguarda l’assenza della fede. Sono percorsi che già esistono. Il problema è quando si vuole generalizzare, cioè, quando apriamo la porta a tutti. Questa è una banalizzazione, un’improvvisazione che fa solo male alla Chiesa. Il sinodo su questo tema ha avuto una linea molto prudente. Sicuramente emergerà qualche proposta, ma si studierà con attenzione ogni situazione. Mi sarebbe piaciuto che questa tematica fosse stata affrontata da tutta la Chiesa universale, non soltanto da quella della regione pan amazzonica, giacché la mancanza di sacerdoti riguarda molte parti del mondo, Italia compresa.
In questo sinodo cosa chiede papa Francesco ai laici? Qual è il loro ruolo?
Senza dubbio riprendere l’Evangeli Gaudium, i discepoli missionari. Il laico deve essere laico, per Battesimo e per la sua vocazione. Testimonia la presenza reale della Chiesa nel quotidiano, nelle grandi e piccole comunità. Il laico deve sentirsi protagonista e parte viva della chiesa, con semplicità e naturalezza. Ogni battezzato deve sentirsi protagonista. Il Papa ha sottolineato però, durante questo sinodo, il pericolo di “clericalizzare” i laici. Piuttosto, i laici devono avere una mentalità laicale con spirito di servizio. La fede in Gesù Cristo, Il Battesimo e la vita cristiana sono gli elementi indispensabili. Tutto il resto serve come aiuto per crescere. L’evangelizzazione in Corea è stata portata avanti dai laici. Dopodiché, con il passare degli anni, sono arrivati i sacerdoti in maniera regolare. Noi raccogliamo quello che abbiamo seminato.
Mi dia un esempio…
L’Africa ad esempio è stata evangelizzata dai laici, dai catechisti, che si sono presi cura delle comunità. Non pensavano minimamente ad essere ordinati sacerdoti. Da laici la loro passione per Gesù Cristo è stata una testimonianza e molti dei loro figli, mi creda, sono diventati sacerdoti. L’Africa è il continente dove la Fede sta crescendo di più. Tutto questo si vede anche in altre parti del mondo: Corea, Vietnam…
C’è il rischio di introdurre i riti, i simboli indigeni all’interno della liturgia di rito latino romano?
I simboli indigeni non pretendono di essere liturgici; sono gesti, momenti simbolici, di intercambio culturale. Sono gesti che non fanno parte della liturgia. Lo stesso San Francesco chiamava la terra la nostra “Madre Terra”. Quello che ho compreso è che sono simboli che rendono presenti degli elementi dell’Amazzonia, senza pretendere di adorare chissà che cosa. A volte, un certo tipo di stampa cerca e fa risaltare elementi folcloristici con il fine di creare tensione e fraintendimento. Poi c’è rito e rito. Ad esempio ci sono riti che possono essere significativi per l’espressione della vita comunitaria. Un gesto letto nel mistero di Cristo può essere molto eloquente, però questo non vuol dire paganizzare la cultura. La liturgia dovrà sempre parlare del mistero di Cristo. I riti non sono letti nell’improvvisazione e folcloristicamente, è qualcosa che ha il suo senso e la sua profondità. Qualsiasi adattamento di un rito deve avere una lettura Cristologica. Lo sforzo della chiesa è saper collocare il mistero di Cristo nella cultura che si esprime in un luogo. Questo non vuol dire paganizzare.
Quali sono le tre criticità che sta attraversando la Chiesa Cattolica?
Testimoniare la fede. Perché è vero che le parole ispirano le persone, ma gli esempi parlano da soli. I cattolici devono essere autorevoli, allegri, un indiviso corde, coerenti, nella vita pubblica, privata, spirituale. Devono adoperarsi per avere un cuore giusto e traboccante di carità, pur nella nostra pochezza. Il secondo è il fenomeno della secolarizzazione. Una società che cresce senza Dio è una società in crisi. Lo vediamo: c’è molto ‘rispetto umano’. Questo è un freno alla comunicazione della nostra fede. Il cristiano, lì dove si trova, deve essere esempio di vita, non per fare apostolato, ma per essere apostolo. Non è tanto la crisi della famiglia, del celibato, è la crisi della Fede; il pericolo della chiesa è lasciarsi secolarizzare. Ultima criticità è l’importanza di una chiesa armonica. Quando il sacerdote diventa solo un funzionario, la Chiesa diventa un supermercato che presta solo servizi sacerdotali.
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