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ITALIA

Il verdetto del processo Aemilia

'Ndrangheta al Nord, Vincenzo Iaquinta non è un mafioso

All'ex calciatore di Juventus, Udinese e campione del mondo nel 2006 con la Nazionale è stato riconosciuto dai giudici del processo Aemilia di non essere mafioso ma di aver semplicemente tentato di aiutare il padre

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Vincenzo Iaquinta, ex calciatore campione del mondo, condannato a due anni per una irregolare custodia di armi, è ritenuto dai giudici estraneo all'associazione mafiosa, di cui invece è parte il padre, Giuseppe. Così i giudici nel motivare la sentenza: "L'estraneità" di Iaquinta "alla associazione mafiosa e lo strettissimo rapporto personale con il padre lasciano il dubbio che egli non abbia agito nel perseguimento della finalità tipica contestata bensì al solo scopo di aiutare il padre", una figura "strategica all'interno del sodalizio criminoso".  La Procura aveva contestato a Vincenzo Iaquinta l'aggravante di aver agito per agevolare l'associazione 'ndranghetistica. Il padre Giuseppe Iaquinta, è stato condannato a 19 anni. Secondo il tribunale l'imprenditore "rappresenta una delle figure maggiormente importanti, strategiche, all'interno del sodalizio criminoso".

L'ex giocatore di Juventus, Udinese e Nazionale di calcio campione del mondo del 2006, era stato condannato in primo grado a due anni nell'ambito del processo Aemilia, il più grande mai celebrato al Nord sulla mafia calabrese. Vincenzo Iaquinta si è sempre proclamato innocente, sostenendo che lui ha pagato la circostanza di essere nativo di Cutro (Crotone), il paese da cui viene il boss principale al centro del processo Aemilia, Nicolino Grande Aracri.