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ITALIA

Medicina

La protesta dei neurochirurghi: "scarseggiano" i cadaveri, la formazione è a rischio

Su 25 scuole di specializzazione in neurochirurgia poche, quasi nessuna, dispone di cadaveri o preparati anatomici su cui far esercitare gli specializzandi

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Roma
In Italia mancano i cadaveri e i neurochirurghi non possono esercitarsi. Per quanto macabra possa sembrare la questione, la formazione di molti futuri camici bianchi "con bisturi" è effettivamente a rischio. Il nostro Paese è infatti costretto a importare dall'estero i cosiddetti preparati anatomici, ossia specifiche parti di cadavere, che spesso hanno costi notevoli. Per una avere una testa, ad esempio, si arriva a spendere anche 10mila euro.

Il problema è stato sollevato questa mattina, durante la conferenza stampa di presentazione del 15esimo meeting della Federazione mondiale delle società di neurochirurgia che si svolegerà a Roma dall'8 al 12 settembre. "In Italia la donazione del corpo è ammessa, ma l'acquisizione  dei cosiddetti preparati anatomici  non avviene come in altri paesi europei (ad esempio Austria, Spagna)", ha spiegato Roberto Delfini, direttore della Scuola di specializzazione di Neurochirurgia della Sapienza di Roma, past president della Società italiana di neurochirurgia (Sinch) e presidente del comitato locale del meeting internazionale. "Se più famglie decidessero di donare i corpi dei loro cari defunti, ci sarebbero notevoli risparmi, basti pensare che a Roma e Torino le donazioni sono in media una l'anno. Nel nostro Paese ci sono 25 centri di specializzazione di neurochirurgia - ha aggiunto Delfini - servirebbero una decina di cadaveri per ogni centro, quindi 250 in totale,  o l'unica alternativa è andare a studiare all'estero". 

Insomma il problema c'è e secondo quanto sostiene il responsabile della Sinch "è una questione culturale, non legislativa". 

Ad Aprile di quest'anno anche il prof. Luciano Mastronardi, Direttore UOC Neurochirurgia dell'Ospedale San Filippo Neri, in occasione del quinto corso internazionale di dissesione anatimica (hands-on) di microchirurgia cerebrale, tenutosi ad Arezzo aveva portato alla luce il problema adducendolo agli "accordi secolari" tra Stato e Chiesa, mentre altrove il metodo dei preparati anatomici è considerato fondamentale per la didattica. "Eppure siamo proprio noi i pionieri dell'utilizzo del corpo umano a fini di formazione e ricerca - aveva dichiarato Mastronardi - sin dai tempi di Leonardo Da Vinci. Bisogna pensare se si preferisce farsi operare da un chirurgo che si è già esercitato su un cadavere vero o uno che fa la sua prima esperienza su un corpo vivo". 

Del problema si sta occupando anche il Comitato nazionale di bioetica che ha recentemente sottolineato la mancanza di una legge 'ad hoc' sulla donazione. Oggi l'unica strada in Italia è l'espressione di una chiara volontà in vita con un atto sottoscritto e consegnato a una struttura universitaria. 

La Società italiana di neurochirurgia, per sollecitare la popolazione e le istituzione sulla donazione post-mortem per fini scientifici, lancerà a breve una campagna di informazione.