ITALIA
Caltanissetta
Mafia. Borsellino quater, confermate in appello tutte le condanne
Confermata la sentenza di primo grado dell'aprile 2017. I familiari di Borsellino: "Confermato il più grave depistaggio della storia giudiziaria italiana". Maria Falcone: ora fare luce su ruolo politica

I giudici della Corte d'assise d'appello di Caltanissetta - presidente Andreina Occhipinti - nel processo d'appello del Borsellino quater ha condannato i boss palermitani Salvatore Madonia e Vittorio Tutino all'ergastolo; 10 anni ciascuno ai falsi collaboratori di giustizia Calogero Pulci e Francesco Andriotta, reato prescritto per Vincenzo Scarantino.
Il verdetto è arrivato dopo circa sette ore di camera di consiglio. Confermata, dunque, la sentenza di primo grado dell'aprile 2017, come chiesto dalla procura generale guidata da Lia Sava.
Il depistaggio sulla strage di via D'Amelio quindi ci fu. La conferma è arrivata dalla sentenza di secondo grado di Caltanissetta. Alla lettura del dispositivo di sentenza era presente l'intera Procura generale di Caltanissetta, guidata da Lia Sava. Presenti i sostituti Antonino Patti, Fabiola Furnari, Carlo Lenzi e Lucia Brescia. Durante la requisitoria fiume i rappresentanti dell'accusa avevano chiesto la conferma delle condanne per gli imputati.
Lia Sava durante l'avvio della requisitoria aveva sottolineato che la "ricerca della verità" sulle stragi mafiose del 1992 "non si è mai fermata", nonostante siano trascorsi 27 anni. Perché gli italiani, "anche quelli nati dopo il 1992" hanno "tutto il diritto di avere risposte su quanto accadde quella domenica", del 19 luglio 1992 in cui furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta.
E "lo sviluppo delle indagini sta via via delineando altre strade che, se doverosamente riscontrate, possono far individuare altri soggetti", anche esterni a Cosa nostra. Per la Pg dopo la strage di via D'Amelio prese "iniziò un percorso di ricostruzione delle responsabilità di tutti coloro che ne furono autori, percorso faticosissimo, incidentato, a volte contraddittorio, che ancora non è terminato". E parlando dei congiunti di Paolo Borsellino e degli agenti della scorta, disse: "Essi hanno il diritto di sapere e di comprendere fino in fondo come e perché si giunse alla stagione delle stragi, anche al fine di cercare di lenire un dolore mai sopito ma che addirittura si amplifica di fronte agli assordanti silenzi di coloro che sanno, sia all'interno di ''cosa nostra'' che all'interno di altri e più differenti contesti, ed ancora non hanno il coraggio e la dignità di riferire in ordine ai pezzi di verità mancanti, con ciò profanando non solo la sensibilità ma anche l'intelligenza dei familiari delle vittime delle stragi e di tutti gli italiani onesti".
La soddisfazione dei familiari di Borsellino
"A nome dell'intera famiglia Borsellino, anche di Agnese che non c'è più, non posso che essere contento della conferma della sentenza di appello del processo Borsellino quater che ha confermato le condanne del primo grado, ma non nascondo anche la mia amarezza". A parlare con l'Adnkronos è Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino, che è anche avvocato di parte civile del processo. Trizzino ha assistito "emozionato" come ha detto lui al momento della sentenza.
"Il più grave depistaggio della storia giudiziaria italiana"
"Quello che rimane oggi è che abbiamo un'altra istanza di merito che ci dice che nell'ambito dei processi Borsellino uno e bis si è realizzato il più grave depistaggio della storia giudiziaria italiana", dice Trizzino. "E' qualcosa che ci avvicina alla verità - dice ancora - vorrei rammentare che i figli del giudice hanno messo a verbale in primo grado che qualora venisse confermato il depistaggio è come avere ucciso il padre una seconda volta, per certi versi il depistaggio è più grave della strage medesima, perché che i mafiosi fossero nemici del giudice si sapeva che un tradimento di questo tipo potesse venire da uomini delle istituzioni francamente la famiglia non se lo aspettava. Ma ora abbiamo due sentenze di merito che dicono che c'è stata una determinazione a commettere il reato di calunnia, giacché il reato di depistaggio non era stato allora tipizzato dal legislatore, e vi rendete conto che c'è soddisfazione ma anche tanta amarezza".
Maria Falcone: ora fare luce su ruolo politica
"Era un esito scontato, non credo che ci potessero essere grandi difficoltà, soprattutto dopo le dichiarazioni di Spatuzza e dopo quello che ci ha detto Scarantino. Adesso, finalmente si è fatta un po' di luce". Lo dice all'Agi Maria Falcone dopo il verdetto del Borsellino quater che confermato la sentenza di primo grado. Una sentenza che fa ben sperare sulla possibilità di fare chiarezza sulle stragi di via D'Amelio e Capaci? "Credo - risponde - che i magistrati si possono muovere solo alla luce di determinati prove che si vengono a creare negli anni. Come si possono prevedere certe cose? Certo me lo auguro di potere scoprire quali sono stati i veri contatti con la politica, ma se non ci sono le prove o qualche dichiarazione nuova, non possiamo fare altro che auspicarlo, ma non è facile che ciò avvenga".
Il verdetto è arrivato dopo circa sette ore di camera di consiglio. Confermata, dunque, la sentenza di primo grado dell'aprile 2017, come chiesto dalla procura generale guidata da Lia Sava.
Il depistaggio sulla strage di via D'Amelio quindi ci fu. La conferma è arrivata dalla sentenza di secondo grado di Caltanissetta. Alla lettura del dispositivo di sentenza era presente l'intera Procura generale di Caltanissetta, guidata da Lia Sava. Presenti i sostituti Antonino Patti, Fabiola Furnari, Carlo Lenzi e Lucia Brescia. Durante la requisitoria fiume i rappresentanti dell'accusa avevano chiesto la conferma delle condanne per gli imputati.
Lia Sava durante l'avvio della requisitoria aveva sottolineato che la "ricerca della verità" sulle stragi mafiose del 1992 "non si è mai fermata", nonostante siano trascorsi 27 anni. Perché gli italiani, "anche quelli nati dopo il 1992" hanno "tutto il diritto di avere risposte su quanto accadde quella domenica", del 19 luglio 1992 in cui furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta.
E "lo sviluppo delle indagini sta via via delineando altre strade che, se doverosamente riscontrate, possono far individuare altri soggetti", anche esterni a Cosa nostra. Per la Pg dopo la strage di via D'Amelio prese "iniziò un percorso di ricostruzione delle responsabilità di tutti coloro che ne furono autori, percorso faticosissimo, incidentato, a volte contraddittorio, che ancora non è terminato". E parlando dei congiunti di Paolo Borsellino e degli agenti della scorta, disse: "Essi hanno il diritto di sapere e di comprendere fino in fondo come e perché si giunse alla stagione delle stragi, anche al fine di cercare di lenire un dolore mai sopito ma che addirittura si amplifica di fronte agli assordanti silenzi di coloro che sanno, sia all'interno di ''cosa nostra'' che all'interno di altri e più differenti contesti, ed ancora non hanno il coraggio e la dignità di riferire in ordine ai pezzi di verità mancanti, con ciò profanando non solo la sensibilità ma anche l'intelligenza dei familiari delle vittime delle stragi e di tutti gli italiani onesti".
La soddisfazione dei familiari di Borsellino
"A nome dell'intera famiglia Borsellino, anche di Agnese che non c'è più, non posso che essere contento della conferma della sentenza di appello del processo Borsellino quater che ha confermato le condanne del primo grado, ma non nascondo anche la mia amarezza". A parlare con l'Adnkronos è Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino, che è anche avvocato di parte civile del processo. Trizzino ha assistito "emozionato" come ha detto lui al momento della sentenza.
"Il più grave depistaggio della storia giudiziaria italiana"
"Quello che rimane oggi è che abbiamo un'altra istanza di merito che ci dice che nell'ambito dei processi Borsellino uno e bis si è realizzato il più grave depistaggio della storia giudiziaria italiana", dice Trizzino. "E' qualcosa che ci avvicina alla verità - dice ancora - vorrei rammentare che i figli del giudice hanno messo a verbale in primo grado che qualora venisse confermato il depistaggio è come avere ucciso il padre una seconda volta, per certi versi il depistaggio è più grave della strage medesima, perché che i mafiosi fossero nemici del giudice si sapeva che un tradimento di questo tipo potesse venire da uomini delle istituzioni francamente la famiglia non se lo aspettava. Ma ora abbiamo due sentenze di merito che dicono che c'è stata una determinazione a commettere il reato di calunnia, giacché il reato di depistaggio non era stato allora tipizzato dal legislatore, e vi rendete conto che c'è soddisfazione ma anche tanta amarezza".
Maria Falcone: ora fare luce su ruolo politica
"Era un esito scontato, non credo che ci potessero essere grandi difficoltà, soprattutto dopo le dichiarazioni di Spatuzza e dopo quello che ci ha detto Scarantino. Adesso, finalmente si è fatta un po' di luce". Lo dice all'Agi Maria Falcone dopo il verdetto del Borsellino quater che confermato la sentenza di primo grado. Una sentenza che fa ben sperare sulla possibilità di fare chiarezza sulle stragi di via D'Amelio e Capaci? "Credo - risponde - che i magistrati si possono muovere solo alla luce di determinati prove che si vengono a creare negli anni. Come si possono prevedere certe cose? Certo me lo auguro di potere scoprire quali sono stati i veri contatti con la politica, ma se non ci sono le prove o qualche dichiarazione nuova, non possiamo fare altro che auspicarlo, ma non è facile che ciò avvenga".