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MONDO

Sempre più tese le relazioni Usa-Cina

Pechino chiude il consolato Usa a Chengdu

Gli stati Uniti incriminano 4 ricercatori cinesi per legami con esercito e PCC. Mike Pompeo, si appella al "mondo libero" contro la "tirannia" cinese. Sale la guerra verbale tra Washington e Pechino. La Cina minaccia non riconoscere più passaporti britannici ai residenti di Hong Kong

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La Cina ha deciso di chiudere il consolato americano nella citta' sud-occidentale di Chengdu, come rappresaglia per la chiusura del consolato cinese di Houston nei giorni scorsi. La mossa e' una "risposta legittima e necessaria alle misure irragionevoli da parte degli Stati Uniti", fa sapere il ministero degli Esteri in una nota. "L'attuale situazione nelle relazioni Cina-Usa non è ciò che la Cina desidera vedere e gli Stati Uniti ne sono responsabili", si legge ancora nella nota. Le tensioni si sono intensificate su più fronti tra le due maggiori economie del mondo, peggiorando ulteriormente dopo che Washington ha ordinato la chiusura del consolato di Houston martedì. La Cina aveva minacciato di vendicarsi se gli Stati Uniti non avessero rivisto la decisione. Il consolato di Chengdu e' stato istituito nel 1985 e ha circa 200 dipendenti con circa 150 impiegati cinesi assunti localmente.
 
Questa mattina, il ministero degli Esteri ha notificato all'ambasciata Usa che la Cina "ha deciso di revocare la licenza per l'istituzione e il funzionamento del consolato generale degli Stati Uniti a Chengdu e di presentare i requisiti specifici perché il consolato generale fermi tutte le attività", si legge nella nota. 
 
 Il 21 luglio gli Stati Uniti "hanno provocato unilateralmente l'incidente, chiedendo all'improvviso alla Cina di chiudere il consolato generale di Houston, in grave violazione di diritto internazionale e norme di base delle relazioni internazionali e delle disposizioni pertinenti del trattato consolare sino-americano, danneggiando gravemente le relazioni sino-americane".   La situazione attuale tra Cina e Stati Uniti "è qualcosa chela Cina non vuole vedere e la responsabilità pesa esclusivamente sugli Stati Uniti. Invitiamo ancora una volta gli Usa a revocare immediatamente la decisione errata e a creare le condizioni necessarie per il ritorno alla normalità delle relazioni bilaterali", conclude la nota.


Ieri il dipartimento di Giustizia americano ha incriminato 4 ricercatori cinesi accusati di aver mentito sui loro legami con l'Esercito di liberazione popolare e con il Partito comunista cinese. Tre di loro sono stati arrestati, uno si è rifugiato nel consolato cinese di San Francisco. 

Secondo il Dipartimento di Stato facevano parte di una trama organizzata da Pechino per infiltrarsi nelle istituzioni statunitensi e rubare informazioni scientifiche e tecnologiche. Tre dei quattro ricercatori incriminati lavoravano nel campo medico in università della California. Il quarto si stava specializzando in intelligenza artificiale all'Indiana University. 

Pechino ha definito la mossa "una pura persecuzione politica". Il governo americano "ha molestato ed anche arbitrariamente fermato studenti cinesi e ricercatori negli Usa con la presunzione di colpa", ha attaccato il ministero degli Esteri di Pechino, annunciando "misure per salvaguardare la sicurezza dei cittadini e i loro legittimi diritti". 

Il suo omologo americano, Mike Pompeo, non si è tirato indietro nella guerra di dichiarazioni. Parlando in California ha rivolto un appello "al mondo libero" affinché trionfi contro "la nuova tirannia" incarnata dalla Repubblica Popolare Cinese. "Se il mondo libero non cambierà la Cina comunista, la Cina comunista cambierà noi", ha affermato Pompeo usando toni senza precedenti. 

L'intervento fa seguito alla chiusura del consolato cinese a Houston, descritto come un covo di spie per ottenere soprattutto segreti industriali. "La Cina attuale è sempre più autoritaria nell'interno del Paese, e più aggressiva nella sua ostilità nei confronti della libertà altrove" ha detto Pompeo . Pompeo ha quindi definito Xi Jinping "adepto di una ideologia totalitaria".

In attesa della reazione cinese alle parole di Pompeo è arrivata quella all'annuncio fatto da Londra di concedere la cittadinanza ai residenti di Hong Kong in possesso di un passaporto britannico. Secondo quanto riporta il Financial Times, Wang Wenbin, un portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, ha minacciato di non riconoscere più come validi quei passaporti che erano stati garantiti ai cittadini di Hong Kong nati prima del passaggio dell'ex colonia alla Cina nel 1997. Si tratta di circa 3 milioni di persone.