Audizione dell'ex premier
Caso Regeni, Matteo Renzi in Commissione: "Rivendico con forza tutto quello che fece il governo"
"Dal Regno Unito poca chiarezza. Inaccettabile. C’è qualcosa che non torna nella professoressa universitaria inglese che non risponde alle domande sulla morte di Giulio Regeni"

Il senatore di Italia Viva, Matteo Renzi, è stato ascoltato dalla Commissione Regeni in quanto presidente del Consiglio al tempo del rapimento e dell'uccisione di Giulio Regeni in Egitto. L'intervento di Renzi ha toccato vari e importanti aspetti del caso che resta ancora in sospeso.
"Abbiamo messo in campo tutto quello che potevamo"
“Devo rivendicare con forza ciò che ha fatto il Governo. Lo faccio con estrema convinzione perché si è trattato di una risposta dell’Italia e non di un singolo a un fatto inaccettabile. Abbiamo messo in campo tutti gli strumenti appena avuta la notizia”.
"No a verità di comodo"
“Appena informati della scomparsa di Giulio Regeni abbiamo segnalato immediatamente la cosa ai massimi livelli egiziani. Al ritrovamento del corpo abbiamo spiegato con molta chiarezza ad al-Sisi che non avremmo accettato verità di comodo”. "Dal 31 gennaio del 2016, appena saputo della vicenda e capito che rischiava di essere drammatica e seria, noi vertici del governo ci siamo messi in moto".
"Se lo avessimo saputo prima"
“Se ho rimpianti? Voglio essere sincero, sì. Tante volte ho pensato che forse se avessimo saputo prima avremo potuto agire prima. Ma quello che è certo è che dal momento in cui siamo venuti a conoscenza dell’evento c’è stata una reazione di squadra da parte di tutto il Governo”.
A questo proposito, la Farnesina ha precisato oggi che le Istituzioni governative italiane e i nostri servizi di sicurezza furono informati fin dalle prime ore successive alla scomparsa di Giulio, il 25 gennaio 2016. Il ministero degli Esteri ricorda, inoltre, che tutti i passi svolti con le più alte Autorità egiziane sono stati ampiamente documentati e resi noti alle Istituzioni competenti a Roma dall'Ambasciatore Massari nelle sue funzioni di Ambasciatore d'Italia al Cairo.
"Chiedemmo cooperazione giudiziaria"
“La prima cosa che abbiamo detto all’Egitto è stata che i nostri magistrati dovevano poter indagare, abbiamo chiesto cooperazione giudiziaria. Non era scontato. Un lavoro straordinario che dimostra che l’Italia non fa sconti a nessuno”.
"Chiesi ad Al Sisi di farsi intervistare"
“Io personalmente ho chiesto al presidente al-Sisi di accettare di rispondere alle domande di un media italiano. La scelta è caduta su Repubblica che si era mostrata molto interessata alla battaglia per la verità sulla morte di Giulio Regeni. Abbiamo preteso che fosse il presidente stesso a rispondere”.
"Comunicai dolore e preoccupazione ad Al Sisi"
“Durante un incontro informale con il presidente egiziano al-Sisi nel settembre 2016 ad Angiò, durante il G20, gli dissi che ero addolorato per ciò che era successo a Giulio Regeni e gli comunicai le mie preoccupazioni e le mie richieste”.
"Da Regno Unito poca chiarezza"
“Durante l’incontro con la nuova primo ministro del Regno Unito, Theresa May, andai giù piatto con lei perché secondo me su questa storia un paese amico come il Regno Unito non ha chiarito fino in fondo. Mi limito a dire questo. C’è qualcosa che non torna nella professoressa universitaria inglese che non risponde alle domande sulla morte di Giulio Regeni. La trovo una cosa inaccettabile”.
"Non ritirerei l'ambasciatore per la seconda volta"
"Ritirare l'ambasciatore adesso non significa mettere in difficoltà l'ambasciatore e due aziende italiane, ma sembrerebbe finalizzato a parlare all'opinione pubblica e non alla ricerca della verità".
"Sbaglia chi dice che l'Egitto non ha fatto nulla"
"Chi dice che l'Egitto non ha fatto nulla per le indagini sulla morte di Giulio Regeni, non si rende conto di quel che è l'Egitto. Probabilmente li qualcuno pensava cavarsela facendo finto di niente, ma gli abbiamo ritirato l'ambasciatore, abbiamo rifiutato verità di comodo, abbiamo portato il tema nei tavoli internazionali e abbiamo portato al Cairo le autorità giudiziarie. Noi abbiamo fatto quel che deve fare un paese civile".
"Ora l'Egitto deve far giudicare i colpevoli"
"Questo livello di collaborazione deve proseguire e soprattutto l'Egitto deve far giudicare i colpevoli. Deve venire fuori la verità". "Magari qualcuno in Egitto cercava di cavarsela facendo finta di niente, noi abbiamo fatto quello che deve fare un Paese civile: portare giornalisti, istituzioni e magistrati"."La procura di Roma è nelle condizioni di andare a concludere il proprio lavoro".
"Servono sottosegretario Servizi e inviato speciale in Egitto"
"Non metto minimamente in discussione la scelta che la Camera ha fatto di istituire la commissione d'inchiesta, che come tale rispetto. Io penso che in questa fase ciò che servirebbe al Paese, l'ho detto al professor Conte e a Gentiloni, è un'autorità delegata. Penso che la legge di riforma dei Servizi che prevede la possibilità e non la necessità debba essere interpretata nella scelta di nominare un sottosegretario con questa delega. Nel caso di specie, io credo che ciò che serve in Egitto non è il ritiro della diplomazia, ma l'invio di un inviato speciale nominato dal presidente del Consiglio perché aiuti nella ricerca dei responsabili".
"Serve stile"
"Va perseguita la strada del dialogo con l'Egitto, con le condizioni di una democrazia liberale, e va fatto in modo coordinato. Se va il ministro degli Esteri va lui, non come con il primo governo Conte con cui prima andava il ministro degli Esteri, poi il presidente della Camera, poi il presidente del Consiglio". "Si va con uno stile, un Paese serio gestisce questa dinamica sapendo che siamo in una complicatissima pagina".