SCIENZA
Craig Venter la sognava dal 1995, si chiama Syn 3.0 e ha 473 geni
Nasce una prima forma di vita sintetica, ha un Dna 'minimo'

Il sogno della vita sintetica non è mai stato così vicino a concretizzarsi: dopo oltre 20 anni di esperimenti il pioniere delle ricerche sulla vita costruita in laboratorio, Craig Venter, ha ottenuto l'essere vivente con il più piccolo dei Dna: è un batterio che contiene appena 473 geni, ognuno dei quali svolge una funzione indispensabile alla vita: una sorta di kit di sopravvivenza comune a tutti gli esseri viventi. Descritto sulla rivista Science, il batterio sintetico si chiama Syn 3.0 e permetterà di studiare le funzioni della vita con un dettaglio mai raggiunto finora.
Il risultato apre anche la strada alle prime applicazioni della vita artificiale: su questo kit di base comune a tutti i viventi sarà possibile in futuro innestare specifiche funzioni per ottenere batteri con specializzazioni particolari, come produrre biocarburanti o bonificare terreni e acque contaminati.
L'istituto in cui è stato ottenuto il batterio è lo stesso fondato e diretto da Craig Venter e porta il suo nome: "Craig Venter Institute". Qui da anni la parola d'ordine è considerare la cellula come "l'unità fondamentale della vita" e il suo genoma come "il suo sistema operativo", ossia come il codice che contiene le istruzioni per le funzioni della cellula: la sua chimica, la struttura, il meccanismo con cui si replica. Per i ricercatori, guidati da Clyde Hutchinson, "ogni genoma contiene le istruzioni per le funzioni universali comuni a tutte le forme di vita" e trovare questo Sacro Graal della biologia è stato il loro obiettivo. Lo hanno raggiunto lavorando anno dopo anno sullo stesso batterio sul quale, all'inizio degli anni 2000, avevano condotto le prime ricerche, il Mycoplasma mycoides, o SYn 1.0, nella versione sintetica ottenuta nel 2010.
I ricercatori hanno diviso il suo Dna, composto da 901 geni, in otto sezioni, ognuna delle quali è stata "etichettata" in modo da renderla facilmente riconoscibile rispetto alle altre. Hanno quindi cominciato a comporre queste tessere di Dna in centinaia di "mosaici" genetici diversi, eliminando ogni volta quelle che non avevano un legame con funzioni essenziali alla vita. E' stato un lavoro di pazienza, nel quale si sono ripetuti centinaia di tentativi, e alla fine sono rimaste solo le tessere importanti per la sopravvivenza: il programma alla base della vita. Organizzandole in un unico genoma si è ottenuto Syn 3.0, il vivente con un Dna minimo composto da 473 geni.
Il risultato apre anche la strada alle prime applicazioni della vita artificiale: su questo kit di base comune a tutti i viventi sarà possibile in futuro innestare specifiche funzioni per ottenere batteri con specializzazioni particolari, come produrre biocarburanti o bonificare terreni e acque contaminati.
L'istituto in cui è stato ottenuto il batterio è lo stesso fondato e diretto da Craig Venter e porta il suo nome: "Craig Venter Institute". Qui da anni la parola d'ordine è considerare la cellula come "l'unità fondamentale della vita" e il suo genoma come "il suo sistema operativo", ossia come il codice che contiene le istruzioni per le funzioni della cellula: la sua chimica, la struttura, il meccanismo con cui si replica. Per i ricercatori, guidati da Clyde Hutchinson, "ogni genoma contiene le istruzioni per le funzioni universali comuni a tutte le forme di vita" e trovare questo Sacro Graal della biologia è stato il loro obiettivo. Lo hanno raggiunto lavorando anno dopo anno sullo stesso batterio sul quale, all'inizio degli anni 2000, avevano condotto le prime ricerche, il Mycoplasma mycoides, o SYn 1.0, nella versione sintetica ottenuta nel 2010.
I ricercatori hanno diviso il suo Dna, composto da 901 geni, in otto sezioni, ognuna delle quali è stata "etichettata" in modo da renderla facilmente riconoscibile rispetto alle altre. Hanno quindi cominciato a comporre queste tessere di Dna in centinaia di "mosaici" genetici diversi, eliminando ogni volta quelle che non avevano un legame con funzioni essenziali alla vita. E' stato un lavoro di pazienza, nel quale si sono ripetuti centinaia di tentativi, e alla fine sono rimaste solo le tessere importanti per la sopravvivenza: il programma alla base della vita. Organizzandole in un unico genoma si è ottenuto Syn 3.0, il vivente con un Dna minimo composto da 473 geni.