CULTURA
Il libro
Veganesimo e vegetarianismo antico, affinità e differenze: il dibattito sull'Anima degli animali
Pietro Li Causi e Roberto Pomelli hanno selezionato testi chiave sul tema, li hanno ritradotti e accompagnati da un commento storico-filologico, aprendo suggestive connessioni con la modernità

Il dibattito tra l'uomo e l'animale ha origini antiche. Pietro Li Causi e Roberto Pomelli propongono una selezione di testi chiave sul tema in "L'anima degli animali", il volume raccoglie l'ottavo e il nono libro della Historia animalium di Aristotele, i frammenti degli stoici sugli animali, i tre trattati di Plutarco sul vegetarianismo e sulla "questione animale" e infine il De abstinentia di Porfirio. Secondo Pomelli, "è importante sottolineare che, visto che l'uomo e l'animale non costituiscono universi separati, è proprio da nuove dinamiche di armonizzazione che dipende la sopravvivenza dell'ambiente che l'uomo e l'animale condividono".
Li Causi, come mai un volume su questo tema?
"Con Roberto Pomelli abbiamo intuito che era possibile fare emergere dagli scritti dell'antichità alcuni aspetti rispetto ai quali la tradizione umanistica occidentale ci sembrava come cieca - spiega Pietro Li Causi - Se nella biologia post-darwiniana è scontato partire dal presupposto della parentela fra umano e animale, paradossalmente la tradizione umanistica occidentale ha continuato per secoli, anche dopo Darwin, a ragionare in termini di separazione".
Il risultato?
"Il risultato è stato così quello di collocare l'umano e l'animale su versanti opposti. Alla luce di questa tendenza, l'umanesimo – che proprio sul recupero della tradizione classica ha fondato le sue radici – si è sempre pensato e costruito sulla base di divaricazioni e di contrapposizioni binarie che, nel momento stesso in cui hanno esaltato la centralità dell'essere umano, hanno creato paradigmi esclusivi: gli uomini da un lato, le bestie dall'altro; i 'civilizzati' da un lato, i 'barbari' dall'altro. Il che, spesso, nel corso dei secoli, ha giustificato, se non fondato, il ricorso alla violenza". Riscoprire il dibattito greco-romano sullo status degli animali non umani, e fare emergere la varietà delle posizioni espresse dai pensatori antichi, è stato dunque, per noi, anche un modo di suggerire una possibile riconfigurazione degli studi classici e dei modelli per molti versi semplificati che la tradizione scolastica e accademica italiana ci ha pigramente trasmesso".
Come si parla degli animali oggi e come se ne parlava nell’antichità?
"Nonostante molti argomenti possano apparire pressoché identici a quelli contemporanei, tuttavia, lo scenario culturale, ovviamente, muta - prosegue Li Causi - Nel mondo antico, ad esempio, il vegetarianismo non è mai un fenomeno di massa, così come, del resto, il carnivorismo non ha nulla a che fare con i meccanismi 'concentrazionari' degli allevamenti intensivi. Un dato, comunque, è chiaro: prima della diffusione dello stoicismo (ovvero di quella dottrina filosofica che ha volutamente operato una separazione netta fra la sfera dell'umano e quella dell'animale), secondo gli antichi l'uomo è quasi sempre un animal e uno zoon, e difficilmente viene pensato come una forma di vita a sé stante sul versante della biologia e dell'ontologia. È sul piano dell'etica e dell'antropologia, semmai, che l'umano si separa dall'animale. Anche qui, però, i testi antichi ci riservano delle sorprese: Aristotele, ad esempio, nella sua Historia animalium, elabora un modello fortemente connettivo e differenziale che mette in gioco un complesso campo di analogie e differenze che costituisce una intricata 'rete della vita'".
E' giusto mangiare gli animali? Il veganesimo e il dibattito che ne segue...
"Mentre scrivevamo i saggi e i commenti de 'L'anima degli animali', e soprattutto mentre traducevamo Aristotele, Porfirio, Plutarco, siamo stati costretti a ripensare le nostre abitudini alimentari o comunque a riflettere problematicamente su di esse. Sarebbe però corretto dire che a convincerci a limitare il consumo della carne più che le argomentazioni degli antichi, sono stati gli studi che abbiamo compiuto, in parallelo al lavoro sul nostro volume, sui metodi industriali di macellazione. Ad una domanda come quella che lei mi pone forse gli antichi risponderebbero che in alcuni casi, e per alcune persone, è giusto mangiare gli animali, in altri casi, e per altre persone, no. Bisogna infatti ricordare che filosofi 'vegetariani' come Porfirio da un lato sostenevano che bisognava astenersi dalla carne come forma di purificazione della propria anima, dall'altro lato invece dicevano che chi fa lavori di fatica non può non esimersi dal consumare carne. Bisogna poi ricordare che fra le fila degli stessi stoici, che legittimavano l'uccisione degli animali e che sostenevano la totale estraneità di questi ultimi rispetto alla sfera dell'umano, alcuni - soprattutto in età romana - praticavano di fatto il vegetarianismo come forma di ascesi. In questo senso il veganesimo da un lato e il vegetarianismo antico sono davvero universi separati e distanti anni luce".
In un mondo in cui gli animali vengono spesso maltrattati (allevamenti in batteria), si può trovare un’armonia uomo-animale?
"In un mondo in cui il denaro e il capitale sono gli unici valori che hanno corso, non è possibile alcuna forma di armonia, né fra l'uomo e l'animale né fra l'uomo e l'uomo - conclude Li Causi - Al di là di tutte le analisi che si potrebbero fare degli infernali meccanismi economici nei quali siamo immersi, bisogna però dire che forme di armonia e coniugazione fra l'uomo e l'animale sono sempre esistite e, nonostante tutto, continuano ancora ad esistere. Penso in fondo che siano le lenti con cui siamo stati abituati a guardare il mondo che non ci permettono di metterle bene a fuoco, di individuarle e di dare loro spazi paradigmatici, abituati come siamo a pensare - erroneamente - l'uomo e l'animale come universi separati".
Li Causi, come mai un volume su questo tema?
"Con Roberto Pomelli abbiamo intuito che era possibile fare emergere dagli scritti dell'antichità alcuni aspetti rispetto ai quali la tradizione umanistica occidentale ci sembrava come cieca - spiega Pietro Li Causi - Se nella biologia post-darwiniana è scontato partire dal presupposto della parentela fra umano e animale, paradossalmente la tradizione umanistica occidentale ha continuato per secoli, anche dopo Darwin, a ragionare in termini di separazione".
Il risultato?
"Il risultato è stato così quello di collocare l'umano e l'animale su versanti opposti. Alla luce di questa tendenza, l'umanesimo – che proprio sul recupero della tradizione classica ha fondato le sue radici – si è sempre pensato e costruito sulla base di divaricazioni e di contrapposizioni binarie che, nel momento stesso in cui hanno esaltato la centralità dell'essere umano, hanno creato paradigmi esclusivi: gli uomini da un lato, le bestie dall'altro; i 'civilizzati' da un lato, i 'barbari' dall'altro. Il che, spesso, nel corso dei secoli, ha giustificato, se non fondato, il ricorso alla violenza". Riscoprire il dibattito greco-romano sullo status degli animali non umani, e fare emergere la varietà delle posizioni espresse dai pensatori antichi, è stato dunque, per noi, anche un modo di suggerire una possibile riconfigurazione degli studi classici e dei modelli per molti versi semplificati che la tradizione scolastica e accademica italiana ci ha pigramente trasmesso".
Come si parla degli animali oggi e come se ne parlava nell’antichità?
"Nonostante molti argomenti possano apparire pressoché identici a quelli contemporanei, tuttavia, lo scenario culturale, ovviamente, muta - prosegue Li Causi - Nel mondo antico, ad esempio, il vegetarianismo non è mai un fenomeno di massa, così come, del resto, il carnivorismo non ha nulla a che fare con i meccanismi 'concentrazionari' degli allevamenti intensivi. Un dato, comunque, è chiaro: prima della diffusione dello stoicismo (ovvero di quella dottrina filosofica che ha volutamente operato una separazione netta fra la sfera dell'umano e quella dell'animale), secondo gli antichi l'uomo è quasi sempre un animal e uno zoon, e difficilmente viene pensato come una forma di vita a sé stante sul versante della biologia e dell'ontologia. È sul piano dell'etica e dell'antropologia, semmai, che l'umano si separa dall'animale. Anche qui, però, i testi antichi ci riservano delle sorprese: Aristotele, ad esempio, nella sua Historia animalium, elabora un modello fortemente connettivo e differenziale che mette in gioco un complesso campo di analogie e differenze che costituisce una intricata 'rete della vita'".
E' giusto mangiare gli animali? Il veganesimo e il dibattito che ne segue...
"Mentre scrivevamo i saggi e i commenti de 'L'anima degli animali', e soprattutto mentre traducevamo Aristotele, Porfirio, Plutarco, siamo stati costretti a ripensare le nostre abitudini alimentari o comunque a riflettere problematicamente su di esse. Sarebbe però corretto dire che a convincerci a limitare il consumo della carne più che le argomentazioni degli antichi, sono stati gli studi che abbiamo compiuto, in parallelo al lavoro sul nostro volume, sui metodi industriali di macellazione. Ad una domanda come quella che lei mi pone forse gli antichi risponderebbero che in alcuni casi, e per alcune persone, è giusto mangiare gli animali, in altri casi, e per altre persone, no. Bisogna infatti ricordare che filosofi 'vegetariani' come Porfirio da un lato sostenevano che bisognava astenersi dalla carne come forma di purificazione della propria anima, dall'altro lato invece dicevano che chi fa lavori di fatica non può non esimersi dal consumare carne. Bisogna poi ricordare che fra le fila degli stessi stoici, che legittimavano l'uccisione degli animali e che sostenevano la totale estraneità di questi ultimi rispetto alla sfera dell'umano, alcuni - soprattutto in età romana - praticavano di fatto il vegetarianismo come forma di ascesi. In questo senso il veganesimo da un lato e il vegetarianismo antico sono davvero universi separati e distanti anni luce".
In un mondo in cui gli animali vengono spesso maltrattati (allevamenti in batteria), si può trovare un’armonia uomo-animale?
"In un mondo in cui il denaro e il capitale sono gli unici valori che hanno corso, non è possibile alcuna forma di armonia, né fra l'uomo e l'animale né fra l'uomo e l'uomo - conclude Li Causi - Al di là di tutte le analisi che si potrebbero fare degli infernali meccanismi economici nei quali siamo immersi, bisogna però dire che forme di armonia e coniugazione fra l'uomo e l'animale sono sempre esistite e, nonostante tutto, continuano ancora ad esistere. Penso in fondo che siano le lenti con cui siamo stati abituati a guardare il mondo che non ci permettono di metterle bene a fuoco, di individuarle e di dare loro spazi paradigmatici, abituati come siamo a pensare - erroneamente - l'uomo e l'animale come universi separati".