Il giallo del volo MH370
Aereo scomparso, il punto sulle ricerche: certezze, ipotesi e misteri
A più di due settimane dalla sparizione dai radar, non si sa ancora cosa sia accaduto al Boeing 777 della Malaysia Airlines. Punti fermi e interrogativi

Tanta acqua, alcuni indizi contradditori e una pista che sembra avere sempre più consistenza delle altre e conduce in uno dei luoghi più remoti del pianeta. Sono questi gli esiti di due settimane di indagine sul più grande mistero dell’aviazione degli ultimi decenni, quello che circonda il Boeing 777 della Malaysia Airlines scomparso l’8 marzo scorso mentre viaggiava da Kuala Lumpur a Pechino con 239 persone a bordo.
Le certezze: cambio di rotta e comunicazioni interrotte
Il giallo ha inizio all’1.09 di notte, quando qualcuno pre-programma una virata a ovest, fuori dalla rotta stabilita, inserendo nuove coordinate. Dieci minuti più tardi, all’1.19, c’è l’ultimo contatto con il personale a bordo: una voce, probabilmente quella del co-pilota, dice che va tutto bene e augura buonanotte. Dopo due minuti il transponder che dialoga con il radar smette di funzionare, forse spento volontariamente da qualcuno. Alle 2.40 un radar malese segnala il Boeing vicino all’isola di Pulau Perak, diretto a ovest sullo Stretto di Malacca. Alle 8.11 un satellite riceve l'ultimo segnale, che potrebbe però arrivare da un’area vastissima, che va dall’Asia centrale all’Australia.
Le ricerche
Per trovare l’aereo scomparso sono stati mobilitati mezzi appartenenti a 26 Paesi. Le ricerche si sono concentrate inizialmente sul tratto di mare che separa Malesia e Vietnam, poi con l’emergere di nuovi elementi sono state estese ad un’area sempre più ampia: migliaia di chilometri quadrati controllati senza successo. Resta il mistero su come sia possibile che un aereo di linea possa scomparire dagli schermi dei radar civili e militari per così tanto tempo e in una zona così vasta, comunque la pista che appare più concreta sposta l’attenzione sull’Oceano Indiano meridionale, a circa 2500 km a sud ovest della città australiana di Perth. Lì alcuni satelliti australiani hanno individuato due oggetti galleggianti, il più grande dei quali di circa 24 metri: potrebbero essere parti dell’aereo. A circa 120 chilometri di distanza un satellite cinese ha avvistato un altro oggetto di 22 metri per 13. La zona è lontanissima da luoghi abitati e finora gli aerei e le navi inviate sul posto non hanno trovato nulla.
Le ipotesi
L'ipotesi dell'esplosione è passata in secondo piano: sono stati ricevuti dei segnali a ore di distanza dalle ultime comunicazioni con i piloti. Per il resto, al momento gli investigatori non escludono alcuno scenario. Quelli che appaiono più plausibili sono tre: un dirottamento, una crisi di estrema gravità durante il volo che abbia lasciato l’equipaggio incapace di agire mentre l’aereo volava con il pilota automatico per otto ore fino ad esaurire il carburante e precipitare oppure un sabotaggio da parte dei piloti. A rafforzare quest'ultima tesi, nei giorni scorsi c'era stata anche la scoperta nell'abitazione del pilota, Zaharie Ahmad Shahdi, di un simulatore di volo con dei dati cancellati. Secondo fonti della polizia malese, al suo interno non sarebbe però stato trovato nulla di sospetto. Se così fosse, sarebbe stata solo l'ennesima falsa pista in una vicenda ancora tutta da chiarire.