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MONDO

Presunte tangenti

Inchiesta Eni–Saipem: chiesti 6 anni e 4 mesi per Paolo Scaroni

Al processo in corso a Milano per le presunte tangenti pagate dalle due società al Ministro dell’energia algerino per avere appalti e altri favori

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Arrivano le richieste di condanna da parte dei giudici per l’inchiesta sulle presunte tangenti pagate da Saipem – Eni in Algeria, che sarebbero state pagate per garantirsi i favori del governo locale. Il Pubblico ministero milanese, Isidoro Palma, ha chiesto 6 anni e 4 mesi di carcere per Paolo Scaroni, ex Amministratore delegato di Eni, tra gli imputati per corruzione internazionale (con l’aggravante della transnazionalità) per aver versato soldi all’allora Ministro dell’energia algerino, Chakib Khelil, in cambio di appalti. Chiesti anche 900mila euro di sanzione per la stessa Eni e per Saipem, alla sbarra in qualità di enti, e 8 anni per Farid Noureddine Bedjaoui, fiduciario dell'allora membro del governo, ritenuto con il suo entourage il destinatario delle mazzette.

Nella sua requisitoria il Pm Palma ha citato gli “elementi di prova” sui presunti pagamenti corruttivi che ha definito il “biglietto di invito alle gare” pagato da Saipem “per scalzare gli avversari”.  Al centro del processo c’è un presunto pagamento di 197 milioni di euro di tangenti per far ottenere a Saipem nel paese nordafricano appalti da 8 miliardi di euro e per far avere a Eni l‘autorizzazione del ministro dell‘Energia algerino ad acquistare la società canadese Firs Calgary Petroleums, titolare dei diritti per lo sfruttamento di un giacimento algerino e far estendere la concessione sullo stesso. I fatti contestati sarebbero avvenuti tra il 2007 e il 2010, periodo in cui ai vertici delle due società c’erano Scaroni e l‘ex presidente di Saipem, Pietro Tali. Tutti gli imputati hanno sempre respinto ogni addebito.