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SCIENZA

Tumori

Lotta al cancro e disugugalianze

Una ricerca internazionale - svolta tra Lione, Londra, Atlanta e Torino - mette in luce i costi e le prospettive della lotta ai tumori in tutto il mondo. Emergono le difficoltà dei paesi più poveri
 

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di Stefano Lamorgese
S'intitola "Long-term Realism and Cost-effectiveness: Primary Prevention in Combatting Cancer and Associated Inequalities Worldwide" (Quadro reale a lungo termine e rapporto costo-efficacia: prevenzione primaria nella lotta al cancro e disuguaglianze ad essa associate in tutto il mondo); è una ricerca, pubbliata dal Journal of the National Cancer Institute, di grande interesse per mettere a fuoco, su scala globale, l'andamento e le prospettive della lotta a tutti i tumori.


Nel 2012 - questo il dato di partenza assunto dai ricercatori Freddie Bray, Ahmedin Jemal, Lindsey A. Torre, David Forman, Paolo Vineis - si erano registrati circa 14 milioni di nuovi casi di cancro. Saranno 22 milioni entro il 2030.


Al di là del problema epidemiologico-statistico, quel che colpisce, nello studio, è la previsione secondo la quale la stragrande maggioranza delle nuove diagnosi tumorali avverrà nei paesi a medio e basso reddito: nei paesi poveri, insomma. Si passerà infatti dal 59% del totale dei casi diagnosticati al 65%: un peso - è la conclusione della ricerca - insopportabile per le economie più fragili.


Il problema dei soldi

Le spese relative alle terapie antitumorali sono in netta salita, ovunque, indipendentemente dal reddito dei singoli paesi. Il prblema è che, se le le risorse sono limitate, sarà sempre più difficile trattare e gestire il crescente numero di pazienti affetti dal cancro. Tale difficoltà potrebbe addirittura incidere sull'intero sviluppo economico di alcuni paesi, impedendone la crescita.


Salvezza per pochi?

La contraddizione è palese. La continua evoluzione dei protocolli di prevenzione e di quelli terapeutici sta aumentando significativamente il tasso di sopravvivenza, dopo diagnosi infauste. Eppure tali progressi saranno, nel tempo, a disposizione di sempre meno persone, con l'esclusione progressiva dei popoli più poveri del pianeta.


La seconda edizione del Cancer Atlas - redatta dalla American Cancer Society e dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro - mostra che una parte sostanziale dei tumori è prevenibile e che la prevenzione è la strategia più efficace, anche nel rapporto costi-benefici.


Casi virtuosi

Ci sono molti esempi dell'efficacia della prevenzione, citati nella ricerca. A Taiwan, dopo le campagne universali di vaccinazione contro l'epatite B, si è registrata una riduzione dei tassi di incidenza di cancro al fegato in bambini e giovani adulti pari all'80%.

In Brasile, dopo l'attuazione di un aggressivo programma di controllo dell'uso del tabacco, iniziato nel 1989, si è giunti a una diminuzione del tabagismo del 46%.


Conclusioni

Lo dicono chiaramente i ricercatori: le strategie di controllo del cancro devono dare una priorità alla prevenzione primaria e secondaria, oltre che impegnarsi nella gestione terapeutica. I costi sono alti, ma si tratterebbe di un business redditizio: anche la prevenzione - è un vero appello - può portare ricchi dividendi.

Occorre decidere in quali portafogli finirà: se di BigPharma e dei suoi satelliti oppure nel serbatoio della vita dei popoli della Terra.