MONDO
La sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo
Giustizia, Strasburgo condanna Italia a pagare 872 mila euro a 32 ricorrenti
Per aver varato leggi che hanno cambiato esiti processi in corso. In particolare la 326 del 2003 che ha cambiato l'interpretazione sul calcolo delle esenzioni di cui possono usufruire le aziende agricole e la 296/06, (la Finanziaria) con cui è stata cambiata l'interpretazione del calcolo delle pensioni per gli italiani che hanno lavorato in Svizzera

L'Italia è stata nuovamente condannata dalla Corte europea dei diritti umani per aver introdotto leggi che sono andate a incidere sull'esito di processi in corso. La Corte ha quindi deciso che le autorità italiane dovranno riconoscere un risarcimento complessivo di 872 mila euro ai 32 ricorrenti nei confronti dei quali è stato violato il diritto a un equo processo.
Le condanne dell'Italia si riferiscono all'introduzione di due nuove leggi. La prima, la numero 326 del 2003, ha cambiato l'interpretazione sul calcolo delle esenzioni di cui possono usufruire le aziende agricole mentre quattro imprese avevano in corso il processo per vedersi riconoscere il diritto a una serie di agevolazioni per i contributi pagati per i dipendenti. Le aziende avevano già vinto in primo e secondo grado, ma dopo l'approvazione della nuova normativa hanno perso in Cassazione.
Gli altri 28 ricorsi riguardavano la legge 296/06, (la Finanziaria) con cui è stata cambiata l'interpretazione del calcolo delle pensioni per gli italiani che hanno lavorato in Svizzera e sono poi tornati in Italia mentre erano in corso i loro processi contro l'Inps.
Tutti i 32 ricorrenti ritenevano che lo Stato avesse violato il loro diritto a un equo processo, sancito dall'articolo 6.1 della convenzione europea dei diritti umani. La Corte di Strasburgo gli ha dato ragione ricordando, ancora una volta, che uno Stato non può introdurre una legge che alteri una giurisprudenza consolidata mentre c'è un processo in corso in cui lo stesso Stato è parte in causa. In altre parole lo Stato non può utilizzare l'introduzione della legge per accordarsi un vantaggio a danno dei cittadini che gli stanno facendo causa.
Le condanne dell'Italia si riferiscono all'introduzione di due nuove leggi. La prima, la numero 326 del 2003, ha cambiato l'interpretazione sul calcolo delle esenzioni di cui possono usufruire le aziende agricole mentre quattro imprese avevano in corso il processo per vedersi riconoscere il diritto a una serie di agevolazioni per i contributi pagati per i dipendenti. Le aziende avevano già vinto in primo e secondo grado, ma dopo l'approvazione della nuova normativa hanno perso in Cassazione.
Gli altri 28 ricorsi riguardavano la legge 296/06, (la Finanziaria) con cui è stata cambiata l'interpretazione del calcolo delle pensioni per gli italiani che hanno lavorato in Svizzera e sono poi tornati in Italia mentre erano in corso i loro processi contro l'Inps.
Tutti i 32 ricorrenti ritenevano che lo Stato avesse violato il loro diritto a un equo processo, sancito dall'articolo 6.1 della convenzione europea dei diritti umani. La Corte di Strasburgo gli ha dato ragione ricordando, ancora una volta, che uno Stato non può introdurre una legge che alteri una giurisprudenza consolidata mentre c'è un processo in corso in cui lo stesso Stato è parte in causa. In altre parole lo Stato non può utilizzare l'introduzione della legge per accordarsi un vantaggio a danno dei cittadini che gli stanno facendo causa.