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Pubblica amministrazione, 500 mila uscite. Bongiorno: "Assunzioni dirette tramite le università"

Per l'effetto combinato di varie misure di riduzione della spesa degli ultimi anni, tra pensioni di vecchiaia, "opzione donna", pensioni anticipate e "quota 100" (per cui si contano già 41 mila domande, che potrebbero arrivare a 100 mila entro l'anno) circa 500 mila dipendenti pubblici nell'arco dei prossimi 3-4 anni avranno maturato i requisiti per ritirarsi dal lavoro, ma potranno essere sostituiti da nuovo personale grazie allo sblocco del turn over di compensazione al 100% (secondo cui le Pa potranno reinvestire sui nuovi assunti ciò che risparmiano con i pensionamenti).
È quanto emerge dall'indagine sul pubblico impiego presentata in apertura di Forum Pa 2019. Per effetto combinato di legge Fornero e quota ci saranno un totale di "250 mila uscite", ha spiegato la ministra della Pa Giulia Bongiorno. E l'esponente leghista rilancia, spiegando come il governo è al lavoro per "un corso universitario per entrare direttamente nella Pubblica amministrazione".
Il ricambio nel mondo degli statali comporterà nell'immediato qualche problema di gestione dell'uscita per settori in sotto organico come sanità e scuola (per cui solo per requisiti anagrafici si stima il pensionamento in 3-4 anni rispettivamente di 100 mila e 204 mila persone), per i comuni e per gli enti che non rispettano il pareggio di bilancio, ma che rappresenta una straordinaria opportunità di rinnovamento per una Pa sempre più anziana, in cui l'età media del personale è di 50,6 anni, e sale oltre i 54 anni nei Ministeri, alla Presidenza del Consiglio, nelle Prefetture o negli Enti Pubblici non economici. Gli over 60 sono il 16,4% e gli under 30 solo il 2,8%.
Una Pa poco qualificata, in cui ciascun dipendente ha usufruito mediamente solo di 1,04 giornate di formazione l'anno, mentre gli investimenti per l'aggiornamento si sono dimezzati in 10 anni (da 263 milioni di euro nel 2008 a 147 nel 2017). E molto "precaria", con 340 mila lavoratori flessibili nel 2017, di cui sono stati stabilizzati solo lo 0,6% nell'ultimo anno. La forza lavoro però non è troppo abbondante: con 3,2 milioni di persone, l'Italia ha il 70% dei dipendenti pubblici rispetto alla Germania, il 65% rispetto all'Inghilterra, il 60% della Francia e il personale si è ridotto di quasi 200 mila unità in 10 anni (-5,6%). Se però non si modificheranno le modalità di ingresso, gestione e sviluppo del personale, la sostituzione di mezzo milione di persone rischia di non essere una reale opportunità di rinnovamento, ma una "rottamazione" agevolata con l'uscita di competenze e esperienze preziose.
"Per creare valore pubblico, la Pa deve innanzitutto investire sulle proprie persone - afferma Carlo Mochi Sismondi, Presidente di Fpa -. Deve diventare più giovane, più qualificata, libera di misurare e valutare il personale, capace di premiarlo e motivarlo, agendo sulla cultura dei dipendenti e ripensando i modelli organizzativi. Per fare questo, le amministrazioni devono definire le risorse umane necessarie sulla base di una programmazione dei fabbisogni secondo principi qualitativi e prospettici, non quantitativi o legati all'organico storico. Devono attrarre i migliori talenti e dare possibilità di crescita con una politica di employer branding, un miglioramento dei salari medi e un nuovo approccio di sviluppo del personale".
"Va anche rivisto il sistema di entrata e modificato il sistema attuale di valutazione delle performance, a cominciare dalla fissazione degli obiettivi, divenuti mero adempimento - aggiunge Gianni Dominici, Direttore Generale di Fpa -. Ma soprattutto, serve la partecipazione attiva degli impiegati pubblici attraverso azioni di empowerment e di engagement perché possano sentirsi partecipi dello sforzo e del raggiungimento dei risultati".
"In Italia la spesa pubblica pesa il 50 per cento del PIL - dice Andrea Rangone, Ceo di Digital360 -: una Pa efficiente, motivata e sempre più digitale è indispensabile per consentire un vero ammodernamento e rilancio dell'intero Paese".