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MONDO

Reportage dall'Afghanistan

Nascere nel Panshir, grazie ad Emergency

Fondato nel 2003 da Gino Strada, oggi fa partorire 400 donne ogni mese: è il reparto maternità di una remota provincia dove manca tutto. Ma non i ginecologi

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di Lucia Goracci
Quando nel 2003  Gino Strada immaginò di aprire una maternità nel Panshir, nello stesso ospedale dove per anni aveva curato le ferite della guerra civile  tra l’Alleanza del Nord e i talebani, tutti pensarono che sarebbe stata una battaglia persa. E in effetti immaginare  che le donne afghane sarebbero venute a partorire tra le mura di un ospedale occidentale suonava abbastanza visionario. L’Afghanistan è il Paese con lo stetoscopio più lungo al mondo: deve consentire al medico di fare le sue indagini anche su pazienti al di là di un paravento. “I primi tempi viaggiavamo sui 30 parti al mese, non veniva nessuno”  racconta Emanuele Nannini, coordinatore di Emergency. Oggi le nascite sono 400 al mese, tanto che la sala parto ha dovuto moltiplicare i posti letto  e in certi momenti la sinfonia di vagiti che vengono al mondo rende impossibile anche comunicare. “La cosa buona è che sono in aumento anche  le visite prenatali”  mi dice Raffaella. Segno che non vengono solo per partorire – cioè quando non hanno più tempo per pensare troppo – ma anche perché hanno capito che farsi seguire previene  le complicazioni del parto. Emergency ha incubatrici, i due neonati più piccoli pesano poco più di un chilo, sono gemelli  podalici. L’Afghanistan è uno dei Paesi al mondo dove   è più pericoloso essere madri. Rischi di più a fare la mamma che il guerrigliero: statisticamente hai più probabilità di morire. Ecco perché nei villaggi arrampicati sulle montagne ci sono i F.A.P., centri di primo  soccorso  con le loro ambulanze. Per  raggiungere i centri abitati possono volerci anche 4 ore di cammino  e  altrettante al ritorno. Infatti la percentuale dei votanti alle presidenziali è risultata inferiore alla media nazionale, spiega con rammarico il governatore Abdul Rahman Kabiri. Quando gli chiedo cosa dovrebbe fare il nuovo presidente, risponde: portare strade, elettricità, lavoro, scuole. E ospedali. Sono il tallone d’Achille dell’Afghanistan, che di suo non produce quasi niente, neanche le soluzioni saline e quando un gruppo di imprenditori ha tentato di mettersi a produrre medicine, l’industria farmacologica del Pakistan ha fatto lobby sul ministro della sanità afghano che ha fatto chiudere le nuove attività. Così l’India rilascia 300mila visti all’anno per ragioni mediche e diverse migliaia di afghani raggiungono ogni anno il Pakistan. Oncologia, radiologia, dialisi: in Afghanistan manca tutto. Chi ha i soldi per curarsi all’estero lo fa, gli altri immaginate.  Così è importante formare nuovi dottori. All’Emergency del Panshir si fa specializzazione ginecologica, 4 anni riconosciuti dal governo afghano. A Kabul e Lashkar Gah, 5 anni di studi per  diventare traumatologo. Perché l’obiettivo è lasciar dietro di sé un Paese senza più mortalità materna, o infantile, né fame di dottori.