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ITALIA

ROBERTO BERARDI, DAL CARCERE IN GUINEA EQUATORIALE ALLA LIBERTA'

Berardi: lotterò per i detenuti italiani all'estero

TORNA A LATINA DOPO LA SCARCERAZIONE DEL 9 LUGLIO.  L'IMPRENDITORE ITALIANO RACCONTA LA SUA AGONIA DURATA DUE ANNI IN CARCERE, TRA TORTURE E DIGIUNI, MALATTIE E SOPRUSI

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di Mariaceleste de Martino
Torturato, un pasto al giorno, nel fine-settimana è costretto a digiunare. Dorme in terra su un materasso in una cella di due metri per tre con una finestra minuscola. In isolamento per 7 mesi, contrae più volte la malaria, e in più: enfisema polmonare, febbre tifoide e dimagrisce 30 chili.

La famiglia pensa al peggio:  che non sarebbe più tornato in Italia, neanche da morto. Il 9 luglio l'imprenditore italiano viene scarcerato, dopo 900 giorni di reclusione. E' l'esito di una vicenda controversa.
 
Tutto comincia in Camerun dove Berardi, imprenditore attivo da anni in Africa, conosce Teodoro Obiang Mangue, detto “Teodorin il Principe”, vice presidente della Guinea equatoriale e figlio del Presidente Teodoro. Un Paese ricco che vive di petrolio e gas, anche se l'80% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno. Teodorin propone a Berardi di creare una società per realizzare grandi opere in Guinea. Berardi accetta la proposta: 40% a lui e 60% all’africano. Gli affari vanno, finché l'imprenditore italiano trova, raccontano i suoi avvocati, nel dicembre 2013, ammanchi milionari dalle casse della società. Chiede spiegazioni al socio africano, poco dopo l'arresto.

Durante il processo vengono commesse irregolarità di ogni genere: testimoni che scompaiono subito dopo la deposizione contro Berardi, nessun documento, e la condanna arriva immediata: due anni e mezzo di carcere e 1,5 milioni di dollari da restituire. Nel frattempo, sono in corso indagini dell'Interpol e della Corte Usa della California su Teodorin, accusato di appropriazione indebita di denaro e riciclaggio internazionale, Un tribunale francese sequestra un appartamento a Parigi, conti correnti e auto lussuose, tutto intestato a Teodorin. Gli Stati Uniti emettono un mandato di cattura internazionale per Teodoro e Teodorin. Berardi resta in carcere. La sua famiglia chiede aiuto al Vaticano, ma il nunzio apostolico in Guinea equatoriale, mons. Piero Pioppo, dice di non poter fare nulla. Berardi è disperato. Evade dal carcere grazie ad alcuni complici, ma viene catturato mentre implora invano all'ambasciata spagnola di Bata di aprirgli il cancello per salvarlo. Sono in molti ad occuparsi del suo caso, da amnesty international, al senatore Lugi Manconi, alla Farnesina.

"La felicità per il rilascio di Berardi - che condividiamo con lui, i familiari e il comitato che si era costituito per la sua scarcerazione - non deve fare dimenticare il fatto che egli è rimasto in carcere, in condizioni disumane, per oltre 900 giorni e che in quel periodo è stato sottoposto a maltrattamenti e torture" - ha dichiarato Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia.

Il 9 luglio viene scarcerato e il 14 torna a Latina. E ora vuole lottare per chi si trova in condizioni simili a quelle da lui vissute.

“La paura mi ha costantemente accompagnato durante tutto il tempo: ho sempre pensato di non farcela, ma forse questo pensiero mi ha anche dato la forza di andare avanti. Pensavo ai miei figli, alla mia famiglia, ma anche alla follia di quanto mi stava succedendo”.

Cosa la spinse a far diventare suo socio il figlio del dittatore? Pensava potesse fargli guadagnare di più? Si fidava? Deluso?
“Avevo avuto rassicurazioni sulla gestione della società, che era interamente in mano mia. Con lui spartivamo solo i dividendi. Invece lui tramava alle mie spalle. Non mi fidavo, non mi sono mai fidato, ma il controllo della società era effettivamente nelle mie mani: lui ha usato il mio nome e quello della mai società per i suoi traffici, mettendoci però la sua firma”. 

Si sente un sequestrato o un "delinquente" che ha scontato una pena ingiusta?
“Ho scontato una pena per qualcosa che non ho commesso. Sono stato frodato dal mio socio e sono finito a essere io il delinquente. In effetti, devo dire che tutta la vicenda che mi ha riguardato è stata caratterizzata da ingiustizie e soprusi”.

Oltre la galera ha dovuto pagare con del denaro la sua pena?
Non ho più niente: le mie proprietà, i miei averi, i miei soldi, mi hanno rubato tutto. Se devo pagare qualcosa ho già pagato con la reclusione e la truffa che ho subito.