Original qstring:  | /dl/archivio-rainews/articoli/ContentItem-750802ff-96c5-40fb-b647-297913af435c.html | rainews/live/ | true
ECONOMIA

L'analisi

Confindustria: nessun nuovo calo a fine 2014 e ripresa ad inizio 2015

I dati del Centro studi dell'associazione degli industriali: "Nell'immediato le riforme rispondono alla domanda di cambiamento del Paese e restituiscono così la fiducia necessaria a rilanciare consumi e investimenti". Per l'anno in corso le attese erano invece di un ulteriore calo

Condividi
Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria
L’Italia chiuderà l’anno con un quarto trimestre a crescita zero. Lo scrive il Centro Studi di Confindustria nell’ultimo numero del suo bollettino 'Congiuntura Flash' che vede la ripresa per l'inizio del prossimo anno. Due buone notizie, per l'ultimo trimestre di quest'anno le attese erano infatti di un nuovo calo. 

Nel quarto trimestre, si legge nel documento di Confindustria, "gli indicatori fin qui disponibili suggeriscono una variazione nulla; sarebbe una buona base per la ripartenza a inizio 2015", spiega il bollettino. Nell’ insieme, si legge, "i pochi dati disponibili puntano a un Pil invariato nel quarto trimestre, stima che deve trovare conferma nei numeri prossimamente in uscita; rispetto ad attese di ulteriore calo, ciò sarebbe una migliore base per la ripartenza già dall’avvio dell’anno prossimo".

Le riforme, spiega l'associazione degli industriali, restituiscono fiducia al Paese. "Gli effetti si vedranno solo nel medio termine, ma la volontà di cambiamento è un segnale positivo che aiuterà consumi e investimenti".

"In Italia l’export è tornato ad aumentare, l’occupazione mostra i primi segnali di recupero, si è arrestata l’emorragia di credito alle imprese (anche se le condizioni d’offerta rimangono strette) e la riduzione dei tassi, di cui hanno molto beneficiato titoli pubblici e bancari, inizia a essere trasmessa alle piccole aziende". 

Il Centro studi ha anche commentato il piano di investimenti messo a punto dal presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, che "dovrebbe mobilitare 315 miliardi, ma la leva di 15 è elevata, non chiare le risorse vere (21 miliardi) e non è certo se i contributi nazionali eventuali siano esclusi da deficit e debito".