ITALIA
L'inchiesta
Il governatore della Campania De Luca indagato per concussione si difende: "Sono parte lesa"
La difesa del governatore della Campania indagato per concussione per induzione. Secondo il pm, De Luca sarebbe stato minacciato di una decisione del tribunale civile di Napoli sfavorevole se non avesse fatto una nomina nella sanità campana. Si dichiara vittima di una millanteria il giudice Scognamiglio, componente del collegio' che emanò la sentenza favorevole a De Luca
"Io sono parte lesa" si difende il governatore della Campania Vincenzo De Luca, indagato per concussione per induzione insieme ad altri 6 per la vicenda relativa al giudizio del tribunale di Napoli sulla legittimità della sua elezione a presidente della Regione Campania. Il presidente ha sottilineato che continuerà la sua battaglia "nei confronti di chiunque oserà nei prossimi giorni gettare ombre sui nostri comportamenti. Ci rivarremo nei confronti di chiunque offenderà la dignità delle nostre persone e delle nostre istituzioni"
L'accusa
Secondo il pm, De Luca "per il tramite di Giuseppe Vetrano e Carmelo Mastursi (l’ex capo di gabinetto dimessosi due giorni fa dalla segreteria politica di De Luca prima e da responsabile dell’organizzazione del Pd regionale poi", sarebbe stato minacciato «di una decisione a lui sfavorevole da parte del tribunale civile di Napoli, con conseguente perdita della carica ricoperta" e per questo indotto "a promettere a Guglielmo Manna, sempre per il tramite dei due, la nomina a una importante carica dirigenziale nella sanità campana".
La difesa
Il presidente campano ha ribadito di non essere a conoscenza dei fatti e di non conoscere altri coinvolti nell'inchiesta: "Leggo di questo Manna: io non so chi sia, dove viva, cosa faccia. Nessuno in maniera pubblica né privata mi ha mai fatto cenno a questa persona", ha assicurato. Questa vicenda, secondo De Luca, servirà quindi a far ripartire l'azione della sua amministrazione, "lanciando la sfida della trasparenza, della correttezza e del rigore amministrativo. Noi e il partito in cui milito siamo protagonisti di questa sfida e non arretreremo di un passo".
Le origini della vicenda
La minaccia, secondo l’ipotesi formulata dal procuratore Giuseppe Pignatone e dai pm Giorgio Orano e Corrado Fasanelli, sarebbe partita da Anna Scognamiglio, il giudice relatore del tribunale civile di Napoli che si sarebbe occupato del ricorso De Luca contro la sospensione dalla carica prevista della Legge Severino. "Abusando della sua qualità e dei poteri decisionali nella controversia giudiziaria" avrebbe agito in concorso con il marito Guglielmo Manna e con gli intermediari Giorgio Poziello e Gianfranco Brancaccio. La condotta contestata - è l’ipotesi della procura di Roma- "è stata reiterata in occasione dell’udienza tenutasi presso il tribunale di Napoli l’11 settembre 2015 avente ad oggetto la legittimità del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri che aveva sospeso De Luca dalla carica di Presidente della Regione Campania". De Luca ha aggiunto di non conoscere Guglielmo Manna, che è marito del giudice Anna Scognamiglio.
Fonti Nazareno: fiducia nei giudici
Fiducia "totale" nel lavoro dei magistrati, "massimo garantismo" nei confronti degli indagati. E' questa, a quanto si apprende da fonti del Nazareno, la linea del Pd verso l'indagine campana. "La magistratura faccia il suo corso, la Regione Campania lavori sulle emergenze a partire da Terra dei Fuochi e Bagnoli", aggiungono le stesse fonti.
L'indagine
Concussione per induzione, secondo l'articolo 319 quater del codice penale. E' questo il reato per cui è indagato il presidente della Regione Campania ed altre 6 persone nell'ambito di una inchiesta della Procura di Roma e avviata dalla magistratura partenopea. La contestazione riguarda un periodo di tempo tra il luglio ed il settembre scorso. Oltre a De Luca sono sotto accusa il giudice del tribunale civile di Napoli, Anna Scognamiglio; il marito di questa Guglielmo Manna; gli "intermediari" Giorgio Poziello e Gianfranco Brancaccio; l'ex coordinatore delle liste a sostegno di De Luca, Giuseppe Vetrano; e Carmelo Mastursi, già capo della segreteria del governatore. In merito alle indagini della Procura di Roma su De Luca, il procuratore capo della Capitale, Giuseppe Pignatone, ha spiegato che il merito della decisione del Tribunale di Napoli, con la quale De Luca aveva vinto il ricorso contro la legge Severino, "non è oggetto di esame da parte nostra". Le perquisizioni eseguite dagli investigatori risalgono al 19 ottobre scorso. L'unico indagato a non essere stato oggetto del decreto è proprio De Luca. Nessuno poi ha fatto ricorso al tribunale del Riesame.
L'accusa
Secondo il pm, De Luca "per il tramite di Giuseppe Vetrano e Carmelo Mastursi (l’ex capo di gabinetto dimessosi due giorni fa dalla segreteria politica di De Luca prima e da responsabile dell’organizzazione del Pd regionale poi", sarebbe stato minacciato «di una decisione a lui sfavorevole da parte del tribunale civile di Napoli, con conseguente perdita della carica ricoperta" e per questo indotto "a promettere a Guglielmo Manna, sempre per il tramite dei due, la nomina a una importante carica dirigenziale nella sanità campana".
La difesa
Il presidente campano ha ribadito di non essere a conoscenza dei fatti e di non conoscere altri coinvolti nell'inchiesta: "Leggo di questo Manna: io non so chi sia, dove viva, cosa faccia. Nessuno in maniera pubblica né privata mi ha mai fatto cenno a questa persona", ha assicurato. Questa vicenda, secondo De Luca, servirà quindi a far ripartire l'azione della sua amministrazione, "lanciando la sfida della trasparenza, della correttezza e del rigore amministrativo. Noi e il partito in cui milito siamo protagonisti di questa sfida e non arretreremo di un passo".
Le origini della vicenda
La minaccia, secondo l’ipotesi formulata dal procuratore Giuseppe Pignatone e dai pm Giorgio Orano e Corrado Fasanelli, sarebbe partita da Anna Scognamiglio, il giudice relatore del tribunale civile di Napoli che si sarebbe occupato del ricorso De Luca contro la sospensione dalla carica prevista della Legge Severino. "Abusando della sua qualità e dei poteri decisionali nella controversia giudiziaria" avrebbe agito in concorso con il marito Guglielmo Manna e con gli intermediari Giorgio Poziello e Gianfranco Brancaccio. La condotta contestata - è l’ipotesi della procura di Roma- "è stata reiterata in occasione dell’udienza tenutasi presso il tribunale di Napoli l’11 settembre 2015 avente ad oggetto la legittimità del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri che aveva sospeso De Luca dalla carica di Presidente della Regione Campania". De Luca ha aggiunto di non conoscere Guglielmo Manna, che è marito del giudice Anna Scognamiglio.
Fonti Nazareno: fiducia nei giudici
Fiducia "totale" nel lavoro dei magistrati, "massimo garantismo" nei confronti degli indagati. E' questa, a quanto si apprende da fonti del Nazareno, la linea del Pd verso l'indagine campana. "La magistratura faccia il suo corso, la Regione Campania lavori sulle emergenze a partire da Terra dei Fuochi e Bagnoli", aggiungono le stesse fonti.
L'indagine
Concussione per induzione, secondo l'articolo 319 quater del codice penale. E' questo il reato per cui è indagato il presidente della Regione Campania ed altre 6 persone nell'ambito di una inchiesta della Procura di Roma e avviata dalla magistratura partenopea. La contestazione riguarda un periodo di tempo tra il luglio ed il settembre scorso. Oltre a De Luca sono sotto accusa il giudice del tribunale civile di Napoli, Anna Scognamiglio; il marito di questa Guglielmo Manna; gli "intermediari" Giorgio Poziello e Gianfranco Brancaccio; l'ex coordinatore delle liste a sostegno di De Luca, Giuseppe Vetrano; e Carmelo Mastursi, già capo della segreteria del governatore. In merito alle indagini della Procura di Roma su De Luca, il procuratore capo della Capitale, Giuseppe Pignatone, ha spiegato che il merito della decisione del Tribunale di Napoli, con la quale De Luca aveva vinto il ricorso contro la legge Severino, "non è oggetto di esame da parte nostra". Le perquisizioni eseguite dagli investigatori risalgono al 19 ottobre scorso. L'unico indagato a non essere stato oggetto del decreto è proprio De Luca. Nessuno poi ha fatto ricorso al tribunale del Riesame.