MONDO
Dopo l'incontro alla Moncloa il leader del Psoe Sanchez dice no a Mariano Rajoy
Spagna. No dei socialisti ad un governo di unità nazionale
Governare da sinistra contro Podemos oggi in Spagna è impossibile. Se il Psoe vuole sopravvivere non può permettersi di sbagliare neppure una mossa

"Il partito socialista (PSOE) non sosterrà un esecutivo guidato dal premier uscente Rajoy e, in generale, non parteciperà ad un governo con il Partito Popolare." In conferenza stampa il leader socialista Sanchez esclude non solo di sostenere il premier uscente Rajoy ma anche alleanze di segno diverso che includano il partito popolare. Sanchez ha anche escluso di lavorare per portare il paese a nuove elezioni.
Il No netto e chiaro di Pedro Sanchez alla proposta di Rajoy di formare un governo d’unità nazionale, conferma che la vera preoccupazione del leader socialista non è tanto quella di governare, ma piuttosto di togliere spazio a Podemos che dall’opposizione è riuscito a diventare una forza rilevante nella vita politica spagnola. Alcuni socialisti addirittura vedono nell’investitura di Rajoy un passo verso la distruzione del PSOE.
"Sostenere Rajoy è distruggere la fiducia degli elettori del PSOE", ha detto apertamente il portavoce del partito socialista. Addirittura Pedro Sanchez, che teme per la sua leadership all’interno del proprio partito, preferisce consolidarsi come capo dell’opposizione piuttosto che raggiungere qualsiasi tipo di compromesso con la destra spagnola. Seguendo proprio questa linea, Sanchez ha deciso di rifiutare anche la proposta di Albert Rivera di formare parte d’un governo di coalizione nazionale con Ciudadanos, PP e PSOE.
Coerente con se stesso, il leader socialista ha capito che solo dall’opposizione può ancora avere un ruolo nella vita politica spagnola e così ha chiuso tutte le porte che lo possono portare alla Moncloa o anche a permettere a Rajoy di governare con una astensione che sarà letta da tutti come un appoggio al “governo corrotto”, come è stato chiamato spesso dai socialisti. Sanchez, comunque, ha accennato dopo il suo incontro con Rajoy alla possibilità d’un governo di cambio. Era ovvio che lo faceva senza grande entusiasmo. Governare da sinistra oggi in Spagna non si può fare senza l’approvazione di Podemos. Questo significa avviare un percorso totalmente nuovo, probabilmente rischioso, per i socialisti che hanno governato varie volte il paese. Infatti una presunta alleanza con Podemos per chi come il Psoe si è sempre vantato fin dalla caduta di Franco di avere come faro il senso dello stato, significherebbe aderire ad una visione che privilegia spesso gli ideali alla ragione di Stato.
La terza via è quella di un nuovo ricorso alle urne. Decisione molto rischiosa e avventurosa soprattutto se Sanchez non ottiene un consenso forte da parte del suo partito I risultati del 20 dicembre hanno mostrato tutte le debolezze d’un partito, che dall’opposizione, non è riuscito a fare dimenticare agli spagnoli le sue responsabilità nella crisi che il paese vive da otto anni. L'incertezza post-elettorale del parlamento più frammentato nella storia della Spagna sta portando a vari tipi di pronostici. Una cosa è certa in questo nuovo panorama i socialisti di Sanchez si trovano nella situazione più difficile della loro storia moderna e qualsiasi mossa sbagliata può portare alla fine di un grande partito.
Il No netto e chiaro di Pedro Sanchez alla proposta di Rajoy di formare un governo d’unità nazionale, conferma che la vera preoccupazione del leader socialista non è tanto quella di governare, ma piuttosto di togliere spazio a Podemos che dall’opposizione è riuscito a diventare una forza rilevante nella vita politica spagnola. Alcuni socialisti addirittura vedono nell’investitura di Rajoy un passo verso la distruzione del PSOE.
"Sostenere Rajoy è distruggere la fiducia degli elettori del PSOE", ha detto apertamente il portavoce del partito socialista. Addirittura Pedro Sanchez, che teme per la sua leadership all’interno del proprio partito, preferisce consolidarsi come capo dell’opposizione piuttosto che raggiungere qualsiasi tipo di compromesso con la destra spagnola. Seguendo proprio questa linea, Sanchez ha deciso di rifiutare anche la proposta di Albert Rivera di formare parte d’un governo di coalizione nazionale con Ciudadanos, PP e PSOE.
Coerente con se stesso, il leader socialista ha capito che solo dall’opposizione può ancora avere un ruolo nella vita politica spagnola e così ha chiuso tutte le porte che lo possono portare alla Moncloa o anche a permettere a Rajoy di governare con una astensione che sarà letta da tutti come un appoggio al “governo corrotto”, come è stato chiamato spesso dai socialisti. Sanchez, comunque, ha accennato dopo il suo incontro con Rajoy alla possibilità d’un governo di cambio. Era ovvio che lo faceva senza grande entusiasmo. Governare da sinistra oggi in Spagna non si può fare senza l’approvazione di Podemos. Questo significa avviare un percorso totalmente nuovo, probabilmente rischioso, per i socialisti che hanno governato varie volte il paese. Infatti una presunta alleanza con Podemos per chi come il Psoe si è sempre vantato fin dalla caduta di Franco di avere come faro il senso dello stato, significherebbe aderire ad una visione che privilegia spesso gli ideali alla ragione di Stato.
La terza via è quella di un nuovo ricorso alle urne. Decisione molto rischiosa e avventurosa soprattutto se Sanchez non ottiene un consenso forte da parte del suo partito I risultati del 20 dicembre hanno mostrato tutte le debolezze d’un partito, che dall’opposizione, non è riuscito a fare dimenticare agli spagnoli le sue responsabilità nella crisi che il paese vive da otto anni. L'incertezza post-elettorale del parlamento più frammentato nella storia della Spagna sta portando a vari tipi di pronostici. Una cosa è certa in questo nuovo panorama i socialisti di Sanchez si trovano nella situazione più difficile della loro storia moderna e qualsiasi mossa sbagliata può portare alla fine di un grande partito.