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MONDO

Nuove tensioni in Estremo Oriente

Xi Jinping e la trappola di Tucidide, lo scontro tra Usa e Cina è davvero inevitabile?

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di Maria Novella Rossi
Alle spalle del presidente cinese Xi Jinping, nella grande sala del popolo mentre pronuncia il suo discorso su Taiwan, troneggia l’immagine di Sun Yat Sen, il padre della patria in Cina, colui che mise fine a oltre ventuno secoli di dominazione imperiale, dando inizio nel 1911 alla Repubblica. Una svolta epocale, una nuova pagina di storia in Cina i cui sviluppi hanno portato 38 anni più tardi, alla fondazione della Repubblica Popolare: l’avvento di Mao e del Partito Comunista al potere costrinse  i nazionalisti di Chiang Kai sheck a  rifugiarsi a Taiwan.

Da allora Pechino considera l’isola del Mar Cinese Meridionale una provincia ribelle da riunificare alla madrepatria. “La soluzione di Taiwan è determinata dalla tendenza generale della storia cinese”, ha detto tra l’altro il presidente Xi Jinping nel suo discorso dai toni decisamente perentori che seguono una serie di azioni dimostrative militari, come l’incursione nello spazio aereo di Taiwan di almeno 150 caccia bombardieri negli ultimi 9 giorni, a partire dunque dal 1 ottobre,  proprio  l’anniversario della Fondazione della Repubblica Popolare. 

La scelta delle date per lanciare messaggi subliminali alla nazione e al resto del mondo, le azioni dimostrative, le citazioni nei discorsi stessi, sono sempre sempre state ad alto valore simbolico nella storia e nella cultura cinese, soprattutto nell’era di Xi Jinping, un leader più che mai accentratore, che ha ben chiaramente delineato le linee guida del Partito per un “socialismo con caratteristiche cinesi della nuova era” e che non ha mancato di rimarcare, soprattutto nelle occasioni di straordinaria importanza politica e geostrategica, che la Cina non ha intenzione di cedere su nessuno degli obiettivi primari che intende raggiungere, ora che è in grado di contendersi il primato mondiale con gli USA.

Mai come adesso la tensione per il dominio dell’area del  Pacifico è stata così alta tra USA e Cina, mai come adesso la questione Taiwan sembra incalzare le due potenze tanto da diventare un pretesto potenzialmente fuori controllo.

“Taiwan è una questione interna alla Cina che non ammette interferenze esterne“ ha detto Xi per ribadire innanzitutto uno dei punti cardine del PCC, la non ingerenza  negli affari interni del paese da parte di potenze straniere. “Il secessionismo di Taiwan”, ha continuato, “è una seria minaccia al ringiovanimento nazionale e chiunque voglia tradire e separare il paese sara’ giudicato dalla storia e non farà’ una buona fine”. Parole che sfidano i vertici di Taiwan: (“La riunificazione dell’isola è una questione che riguarda i suoi abitanti” risponde Taipei) - ma soprattutto gli Stati Uniti, oggi più che mai impegnati su più fronti nel contenimento dell’ex celeste impero. Una potenza che nonostante tutte le sue contraddizioni interne, a cominciare dalla crisi energetica e del colosso Evergrande, non sembra arrestare la sua avanzata, a qualunque costo,. soprattuto nell’anno del centenario dalla fondazione del Partito Comunista Cinese nato a Shanghai nel 1921. Un’avanzata che sta ridisegnando tutti gli equilibri geopolitici mondiali, e che mette potenzialmente in discussione la leadership globale degli USA. 

“Dobbiamo tutti lavorare insieme per evitare scenari evocati da Tucidide”, aveva detto in tempi apparentemente non sospetti Xi Jinping in un discorso del 2013: pochi allora capirono il senso di quella frase ma l’allusione per gli osservatori più acuti era già chiara: la rapida ascesa di Atene (Cina) descritta dallo storico greco Tucidide era avvertita come una minaccia dalla potenza consolidata di Sparta, (USA) una paura che sfociò nella guerra del Peloponneso.