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ITALIA

Quattro anni fra tensioni e colpi di scena

Dalla vittoria al fotofinish ai tribunali: una legislatura piena di guai

Nel 2010 la vittoria di Cota per soli 9mila voti, poi la battaglia giudiziaria, le accuse politiche e i guai di Michele Giovine, il responsabile della lista dei Pensionati che portò al centrodestra i consensi decisivi per conquistare la Giunta

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Roberto Cota
di Giancarlo Usai
La nuova decisione del Tar piemontese è solo l’ennesima puntata  che ha reso “rovente” la legislatura dell’attuale Consiglio regionale eletto nel marzo del 2010. Dopo che Roberto Cota vinse le elezioni per poco più di novemila voti di vantaggio sulla coalizione di centrosinistra guidata da Mercedes Bresso, le accuse di livello politico e giudiziario corsero parallele fin da subito. La candidata uscita sconfitta chiese immediatamente il riconteggio delle schede, proprio in virtù dell’esiguità del distacco con cui il centrodestra aveva conquistato la presidenza della Giunta. Il distacco anche in termini percentuali spiegava tutto: 47,3% per Cota, 46,9% per la Bresso, un risultato chiuso al fotofinish dopo uno spoglio ad altissima tensione.

La prima sentenza del Tar: via al riconteggio
A luglio dello stesso anno, il Tribunale amministrativo della Regione accolse il ricorso presentato dall’ex governatrice dichiarando, oltre tutto, l’annullamento di due liste a sostegno del leghista neopresidente. Una decisione che ebbe come conseguenza quella di riavviare un nuovo conteggio dei voti, lasciando nell’incertezza la stabilità politica del Piemonte (oltre che la legittimità formale del suo governo). Seguirono anche accuse reciproche tra i due schieramenti sui costi che l’operazione del secondo spoglio avrebbe avuto sui bilanci di una Regione già provata da problemi finanziari.

Una sfida lunga 4 anni
Cota reagì però immediatamente e impugnò la sentenza al Consiglio di Stato. E i giudici di palazzo Spada, a ottobre 2010, gli danno ragione: stop al riconteggio, giunta legittima. Per la Bresso c’è “amarezza” perché le illegittimità di alcune liste della coalizione vincitrice sono palesi. Pare l’ultimo capitolo della vicenda. In realtà se ne sta per aprire un altro, quello decisivo.

I guai di Giovine e la condanna in Cassazione
Finisce infatti al centro di un’inchiesta penale Michele Giovine, il titolare di una lista, “Pensionati per Cota”, che alle elezioni aveva raccolto 27mila voti, decisivi per la vittoria di misura del centrodestra. L’accusa è di aver falsificato le firme per la presentazione alle Regionali della lista stessa. Condannato in primo grado, con conferma in appello, a due anni e otto mesi, la sentenza contro Giovine è infine passata in giudicato perché confermata dalla Cassazione. Una prova fondamentale per provare che le elezioni regionali piemontesi si erano chiuse con un risultato “viziato” da irregolarità delle liste. Elemento che i giudici amministrativi hanno ritenuto rilevante per la loro ultima sentenza.