ITALIA
I pregiudicati appartenenti al clan Cappello-Bonaccorsi
Droga: traffico all'ombra della mafia a Catania, sgominato clan
Durante l'operazione trovata una culla con dentro un neonato e centinaia di banconote
Il gruppo di pregiudicati finito nel mirino della magistratura anni fa, gestiva una florida attività di spaccio. La banda è legata al clan Cappello-Bonaccorsi dedita ai reati contro il patrimonio con la tecnica della cosiddetta "spaccata/esplosione" dei bancomat/postamat, nel territorio di Catania, Siracusa ed Enna.
Contro sei di loro nuove accuse di associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti fatti aggravati dal metodo mafioso. Sono Alfredo Blancato, di 37 anni, Sebastiano Miano, di 26, entrambi detenuti nel carcere di piazza Lanza a Catania; Salvatore Musumeci, di 26, detenuto a Cosenza; Federico Silicato, di 31, Sebastiano Castiglia, di 32, detenuti nel supercarcere di Bicocca, e Gaetano Spataro, di 25 (detenuto a Brescia).
Durante l'operazione i Carabinieri hanno trovato una culla con dentro un neonato, piena di banconote sulle quali vi era scritto "Tvb", cioè le iniziali di "Ti voglio bene".
I proventi della vendita di marijuana e cocaina servivano a garantire il mantenimento in carcere dei detenuti e a favorire gli interessi del clan Cappello-Bonaccorsi. A disposizione della banda anche armi da guerra.
Contro sei di loro nuove accuse di associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti fatti aggravati dal metodo mafioso. Sono Alfredo Blancato, di 37 anni, Sebastiano Miano, di 26, entrambi detenuti nel carcere di piazza Lanza a Catania; Salvatore Musumeci, di 26, detenuto a Cosenza; Federico Silicato, di 31, Sebastiano Castiglia, di 32, detenuti nel supercarcere di Bicocca, e Gaetano Spataro, di 25 (detenuto a Brescia).
Durante l'operazione i Carabinieri hanno trovato una culla con dentro un neonato, piena di banconote sulle quali vi era scritto "Tvb", cioè le iniziali di "Ti voglio bene".
I proventi della vendita di marijuana e cocaina servivano a garantire il mantenimento in carcere dei detenuti e a favorire gli interessi del clan Cappello-Bonaccorsi. A disposizione della banda anche armi da guerra.