ECONOMIA
Dichiarata fondata un'eccezione di legittimità
Lira prescritta in anticipo, la Consulta boccia la norma di Monti
Il provvedimento, contenuto nel decreto "Salva Italia" fu preso nel 2011 per ridurre il debito pubblico

La prescrizione anticipata della lira decisa dal governo Monti è illegittima. Lo ha deciso la Corte Costituzionale che ha "bocciato" il provvedimento con cui nel 2011, in deroga alla legge del 2002, si stabilì con decorrenza immediata la prescrizione anticipata - contenuta nel decreto "Salva Italia"- delle lire ancora in circolazione a favore delle casse dello Stato. Una decisione che fu presa per ridurre il debito pubblico.
La Corte Costituzionale ha dichiarato fondata un'eccezione di legittimità sollevata dalla sezione specializzata in materia di impresa del tribunale di Milano nel corso di un giudizio promosso da alcuni risparmiatori, che avevano chiesto la condanna della Banca d'Italia al pagamento del controvalore delle banconote in lire in loro possesso, oltre al risarcimento dei danni, affermando di avere inutilmente tentato di convertire le banconote in euro presso varie filiali della Banca d'Italia.
Una legge del 2002 aveva previsto che la conversione delle lire aventi corso legale poteva avvenire a richiesta degli interessati fino al 28 febbraio 2012. Ma il decreto-legge 201 del 6 dicembre 2011, varato dal governo Monti, ha invece stabilito, in deroga alla legge del 2002, che "le lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell'Erario con decorrenza immediata" e che "il relativo controvalore è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnato al fondo per l'ammortamento dei titoli di stato". Ora, però, la Consulta ha dichiarato incostituzionale questo provvedimento.
"Non è dubitabile - si legge nella sentenza - che il quadro normativo preesistente alla disposizione denunciata di incostituzionalità fosse tale da far sorgere nei possessori di banconote in lire la ragionevole fiducia nel mantenimento del termine fino alla sua prevista scadenza decennale". E "il fatto che, al momento dell'entrata in vigore della disposizione censurata, fossero già trascorsi nove anni e nove mesi circa dalla cessazione del corso legale della lira non è idoneo a giustificare il sacrificio della posizione di coloro che, confidando nella perdurante pendenza del termine originariamente fissato dalla legge, non avevano ancora esercitato il diritto di conversione in euro delle banconote in lire possedute".
La Corte Costituzionale ha dichiarato fondata un'eccezione di legittimità sollevata dalla sezione specializzata in materia di impresa del tribunale di Milano nel corso di un giudizio promosso da alcuni risparmiatori, che avevano chiesto la condanna della Banca d'Italia al pagamento del controvalore delle banconote in lire in loro possesso, oltre al risarcimento dei danni, affermando di avere inutilmente tentato di convertire le banconote in euro presso varie filiali della Banca d'Italia.
Una legge del 2002 aveva previsto che la conversione delle lire aventi corso legale poteva avvenire a richiesta degli interessati fino al 28 febbraio 2012. Ma il decreto-legge 201 del 6 dicembre 2011, varato dal governo Monti, ha invece stabilito, in deroga alla legge del 2002, che "le lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell'Erario con decorrenza immediata" e che "il relativo controvalore è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnato al fondo per l'ammortamento dei titoli di stato". Ora, però, la Consulta ha dichiarato incostituzionale questo provvedimento.
"Non è dubitabile - si legge nella sentenza - che il quadro normativo preesistente alla disposizione denunciata di incostituzionalità fosse tale da far sorgere nei possessori di banconote in lire la ragionevole fiducia nel mantenimento del termine fino alla sua prevista scadenza decennale". E "il fatto che, al momento dell'entrata in vigore della disposizione censurata, fossero già trascorsi nove anni e nove mesi circa dalla cessazione del corso legale della lira non è idoneo a giustificare il sacrificio della posizione di coloro che, confidando nella perdurante pendenza del termine originariamente fissato dalla legge, non avevano ancora esercitato il diritto di conversione in euro delle banconote in lire possedute".