MONDO
Tre candidati in corsa, risultati attesi sabato pomeriggio
Teheran va al voto e guarda alla nuova America di Biden
Tutti i candidati vogliono l'accordo con l'America. L'Iran in ginocchio tra le sanzioni e la crisi del covid. Favorito l'ultraconservatore Ebrahim Raisi

Con il voto della guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, si sono ufficialmente aperte le urne per l'elezione dell'ottavo presidente della repubblica islamica iraniana. Sono circa 60 milioni gli elettori che potranno esprimere la loro preferenza entro la mezzanotte iraniana (le 21:30 italiane) Ma non è escluso che le operazioni possano protrarsi per ulteriori due ore. I risultati sono attesi nel pomeriggio di domani.
In lizza restano 3 candidati, dopo il ritiro alla vigilia degli altri 4 ammessi dal consiglio del guardiani, tutti uomini, sui quasi 600 iniziali aspiranti: L'ultraconservatore Ebrahim Raisi, capo dell'apparato giudiziario, l'ex comandante dei pasdaran, Mohsen Rezai, dello stesso schieramento, e il governatore della Banca centrale, il moderato Abdolnaser Hemmati. A pesare potrebbe essere l'astensione: i sondaggi la prevedono intorno al 60 per cento.
Da quando nel 2018 l'allora presidente usa Donald Trump uscì dall'accordo sul nucleare di tre anni prima, reimponendo pesanti sanzioni all'Iran, la moneta nazionale, il Rial, è crollata rispetto al dollaro e l'inflazione interna ha cominciato a galoppare senza freni. I prezzi dei generi alimentari di base rincarano quasi ogni settimana, e alla gente resta ben poco per il resto. A far precipitare ulteriormente la situazione è stato il covid, che ha colpito l'Iran più di ogni altro paese mediorientale, facendo oltre 80.000 morti. I contagi giornalieri si mantengono ancora intorno ai 10.000.
Ebrahim Raisi, l'ultraconservatore capo dell'apparato giudiziario, rivoluzionario della prima ora e coetaneo di Khamenei, è dato come il favorito da tutti i sondaggi, con circa il 60 per cento delle preferenze. Gli altri dovrebbero spartirsi le briciole, tra loro, l'ex comandante dei Pasdaran Mohsen Rezai e il governatore della Banca centrale Abdolnasser Hemmati, l'unico moderato rimasto in lizza dopo che le altre candidature erano state escluse dal Consiglio dei guardiani, organo conservatore controllato dalla guida suprema.
Con l'economia sull'orlo del precipizio, fare rientrare gli Usa nell'accordo sul nucleare e mettere fine alle sanzioni sembra l'obiettivo primario allo steso modo per ultraconservatori, conservatori o riformisti, questo. E ciò sembra confermato dalle dichiarazioni fatte qualche settimana fa da Raisi di voler lavorare per la revoca delle sanzioni.
In lizza restano 3 candidati, dopo il ritiro alla vigilia degli altri 4 ammessi dal consiglio del guardiani, tutti uomini, sui quasi 600 iniziali aspiranti: L'ultraconservatore Ebrahim Raisi, capo dell'apparato giudiziario, l'ex comandante dei pasdaran, Mohsen Rezai, dello stesso schieramento, e il governatore della Banca centrale, il moderato Abdolnaser Hemmati. A pesare potrebbe essere l'astensione: i sondaggi la prevedono intorno al 60 per cento.
Da quando nel 2018 l'allora presidente usa Donald Trump uscì dall'accordo sul nucleare di tre anni prima, reimponendo pesanti sanzioni all'Iran, la moneta nazionale, il Rial, è crollata rispetto al dollaro e l'inflazione interna ha cominciato a galoppare senza freni. I prezzi dei generi alimentari di base rincarano quasi ogni settimana, e alla gente resta ben poco per il resto. A far precipitare ulteriormente la situazione è stato il covid, che ha colpito l'Iran più di ogni altro paese mediorientale, facendo oltre 80.000 morti. I contagi giornalieri si mantengono ancora intorno ai 10.000.
Ebrahim Raisi, l'ultraconservatore capo dell'apparato giudiziario, rivoluzionario della prima ora e coetaneo di Khamenei, è dato come il favorito da tutti i sondaggi, con circa il 60 per cento delle preferenze. Gli altri dovrebbero spartirsi le briciole, tra loro, l'ex comandante dei Pasdaran Mohsen Rezai e il governatore della Banca centrale Abdolnasser Hemmati, l'unico moderato rimasto in lizza dopo che le altre candidature erano state escluse dal Consiglio dei guardiani, organo conservatore controllato dalla guida suprema.
Con l'economia sull'orlo del precipizio, fare rientrare gli Usa nell'accordo sul nucleare e mettere fine alle sanzioni sembra l'obiettivo primario allo steso modo per ultraconservatori, conservatori o riformisti, questo. E ciò sembra confermato dalle dichiarazioni fatte qualche settimana fa da Raisi di voler lavorare per la revoca delle sanzioni.