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ITALIA

Caso Cucchi, il comandante generale Nistri: "Pochi carabinieri dimenticano la strada della virtù"

Gli ha fatto eco il ministro della Difesa Elisabetta: "Accertare la verità, isolando i responsabili per ristabilire quel sentimento di fiducia da parte dei cittadini nei confronti dell'Arma dei carabinieri e delle istituzioni". Il ministro dell'Interno, Salvini: "Non ammetterò mai che l'eventuale errore di uno permetta a qualcuno di infangare il sacrificio e l'impegno di centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze in divisa"

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Nessuno ha mai fatto il suo nome, nessuno ha mai neanche ipotizzato un accenno a omissioni, depistaggi, inchieste in corso. Eppure il fantasma di Stefano Cucchi ha aleggiato per tutto il tempo della cerimonia per i 40 anni del Gis, il Gruppo d'intervento speciale dei Carabinieri, il fiore all'occhiello dell'Arma impegnato nelle operazioni antiterrorismo in Italia e dietro le linee nemiche nelle missioni all'estero.

Un fantasma così presente che tutti, dal comandante generale Giovanni Nistri al ministro dell'Interno Matteo Salvini fino a quello della Difesa Elisabetta Trenta, hanno sentito la necessità di ribadire nei loro interventi un concetto in fondo semplice, eppure necessario in un momento come quello che oggi sta attraversando l'Arma: gli errori e le responsabilità di pochi vanno perseguiti fino in fondo; ma non devono ricadere sulla spalle dei molti che ogni giorno fanno il loro dovere.

Il generale Nistri, attaccato nei giorni scorsi dalla stessa Ilaria Cucchi che l'ha accusato di fare "sproloqui" contro quei carabinieri che hanno parlato, lo ha ricordato con un certo orgoglio, anche alzando volutamente il tono della voce quando è arrivato al nocciolo del discorso. "L'Arma si deve ricordare -ha detto rivolto all'elite dei Carabinieri affinché il messaggio arrivasse anche all'ultimo appuntato nella più sperduta stazione italiana - che è nella virtù dei 110mila uomini che ogni giorno lavorano per i cittadini che abbiamo tratto, traiamo e trarremo sempre la forza per continuare a servire le istituzioni". Centodiecimila uomini, ha affondato, "che sono molti, ma molti di più dei pochi che possono dimenticare la strada della virtù".

Poco dopo Matteo Salvini è stato ancora più diretto. "Il mio dovere è dare all'Arma uomini, mezzi e dotazioni". Ma soprattutto, ha sottolineato il ministro dell'Interno, è quello di far sì che vi sia "rispetto" nei suoi confronti: "Non ammetterò mai, finché sarò ministro, che l'eventuale errore di uno permetta a qualcuno di infangare il sacrificio e l'impegno di centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze in divisa", ha scandito, facendo scattare l'applauso di generali e autorità. "Mai niente e nessuno - ha concluso tanto per essere ancora più chiaro - potrà mettere in discussione il vostro onore, la vostra fedeltà e la vostra lealtà".

Parole che sono risuonate anche nel discorso del ministro della Difesa Elisabetta Trenta, mentre gli uomini delle forze speciali si stavano già preparando per mostrare ai presenti il loro lavoro quotidiano con un'esercitazione in cui è stata simulata la liberazione di un gruppo di ostaggi in mano a dei terroristi, con tanto di esplosioni e raffiche di mitra. "L'Arma è sempre stata ed è vicina al cittadino. Ed ogni singolo carabiniere è sempre stato un punto di riferimento per i cittadini onesti; un esempio in termini di rettitudine, integrità, coerenza, senso del dovere e responsabilità". E dunque, è stata la conclusione del ministro, nel caso in cui "si accerti l'eventuale negazione di questi valori, si deve agire e accertare la verità, isolando i responsabili per ristabilire quel sentimento di fiducia da parte dei cittadini nei confronti dell'Arma dei carabinieri e delle istituzioni".