ITALIA
Sentenza di primo grado
Processo ultrà della Juventus, 6 condanne per associazione a delinquere
E' una delle prime volte che viene riconosciuto il reato di associazione a delinquere nei confronti di un gruppo di tifosi

Si è concluso con sei condanne e sei assoluzioni in Tribunale a Torino il processo di primo grado nei confronti di 12 esponenti della tifoseria organizzata della Juventus.
La pena più alta è stata per Gerardo Mocciola, chiamato anche Dino, condannato a 4 anni e 10 mesi di reclusione e a 5 anni di Daspo. Figura leggendaria nel mondo degli ultras, Mocciola fu il centro dell'operazione "Last Banner", da cui trae origine l'odierna sentenza.
A 2 anni e 4 mesi è stato condannato Salvatore Cava, 3 anni e 3 mesi a Domenico Scarano, 2 anni e 6 mesi a Sergio Genre, tutti appartenenti ai «Drughi». Assolto invece Fabio D’Alonzo, dello stesso gruppo ultrà. Condanna anche per il leader di Tradizione, Umberto Toia, a un anno e 6 mesi, per il rappresentante di «Quelli di via Filadelfia», Beppe Franzo, 1 anno e 2 mesi.
Si tratta di una delle prime volte che viene riconosciuta l’associazione a delinquere nei confronti di un gruppo organizzato di tifosi.
La Juventus e alcuni dirigenti bianconeri che si sono costituiti parte civile hanno ottenuto il diritto a un risarcimento e a provvisionali che in totale ammontano a 53 mila euro.
Secondo la Procura, sulla base delle indagini svolte dalla Digos di Torino, coordinate dal pubblico ministero Chiara Maina, nella stagione 2018/19 la tifoseria organizzata bianconera esercitò pressioni illecite sulla Juventus per non perdere una serie di benefici e agevolazioni.
La Procura aveva chiesto pene più pesanti per gli imputati, in particolare per Mocciola erano stati chiesti oltre 13 anni di reclusione, ma i giudici hanno riqualificato molti dei capi d’accusa da estorsione a tentativo di estorsione.
Inoltre è stato comminata la misura del Daspo da 2 a 5 anni per i sei tifosi condannati a Torino al termine del processo Last Banner. In particolare, per Gerardo Mocciola, Salvatore Cava, Domenico Scarano e Sergio Genre è stato deciso il divieto di accesso per 5 anni in impianti sportivi italiani e all'estero. Due anni di Daspo, è stato fissato invece, per Umberto Toia e Giuseppe Franzo.
La pena più alta è stata per Gerardo Mocciola, chiamato anche Dino, condannato a 4 anni e 10 mesi di reclusione e a 5 anni di Daspo. Figura leggendaria nel mondo degli ultras, Mocciola fu il centro dell'operazione "Last Banner", da cui trae origine l'odierna sentenza.
A 2 anni e 4 mesi è stato condannato Salvatore Cava, 3 anni e 3 mesi a Domenico Scarano, 2 anni e 6 mesi a Sergio Genre, tutti appartenenti ai «Drughi». Assolto invece Fabio D’Alonzo, dello stesso gruppo ultrà. Condanna anche per il leader di Tradizione, Umberto Toia, a un anno e 6 mesi, per il rappresentante di «Quelli di via Filadelfia», Beppe Franzo, 1 anno e 2 mesi.
Si tratta di una delle prime volte che viene riconosciuta l’associazione a delinquere nei confronti di un gruppo organizzato di tifosi.
La Juventus e alcuni dirigenti bianconeri che si sono costituiti parte civile hanno ottenuto il diritto a un risarcimento e a provvisionali che in totale ammontano a 53 mila euro.
Secondo la Procura, sulla base delle indagini svolte dalla Digos di Torino, coordinate dal pubblico ministero Chiara Maina, nella stagione 2018/19 la tifoseria organizzata bianconera esercitò pressioni illecite sulla Juventus per non perdere una serie di benefici e agevolazioni.
La Procura aveva chiesto pene più pesanti per gli imputati, in particolare per Mocciola erano stati chiesti oltre 13 anni di reclusione, ma i giudici hanno riqualificato molti dei capi d’accusa da estorsione a tentativo di estorsione.
Inoltre è stato comminata la misura del Daspo da 2 a 5 anni per i sei tifosi condannati a Torino al termine del processo Last Banner. In particolare, per Gerardo Mocciola, Salvatore Cava, Domenico Scarano e Sergio Genre è stato deciso il divieto di accesso per 5 anni in impianti sportivi italiani e all'estero. Due anni di Daspo, è stato fissato invece, per Umberto Toia e Giuseppe Franzo.