SALUTE
Giornata mondiale
Ictus, ischemia anche nell'assistenza
Ogni anno in Italia 200mila persone sono colpite da ischemia cerebrale, la maggior parte sopravvive grazie ad interventi mirati, stroke unit, nuovi trattamenti farmacologici. Ma poi manca o è difficoltoso il recupero, che è lungo e costoso.

E’ la terza causa di morte nel nostro Paese, 1 uomo su 6 ed 1 donna su 5 può andare incontro a ictus nel corso della propria vita. Una malattia multifattoriale che però è possibile individuare precocemente.
L’ictus cerebrale è causato dell'improvvisa chiusura o rottura di un vaso cerebrale e dal conseguente danno alle cellule cerebrali dovuto dalla mancanza dell'ossigeno e dei nutrimenti portati dal sangue (ischemia, causato da un coagulo che impedisce al sangue di passare) o alla compressione dovuta al sangue uscito dal vaso (emorragia cerebrale).
Ipertensione, alcune cardiopatie, diabete, sovrappeso, eccesso di colesterolo, sedentarietà, fumo e abuso di alcol sono i principali fattori di rischio che vanno ad incidere sulla salute e l’elasticità delle arterie e della circolazione sanguigna. Alcuni di questi possono essere monitorati (ipertensione) o corretti (soprattutto nel caso di stili di vita non corretti come sedentarietà, sovrappeso e fumo).
“La caratteristica principale dell'ictus è la sua comparsa improvvisa, solitamente senza dolore. Solo nell'emorragia cerebrale c'è spesso mal di testa fortissimo” dice Valeria Caso, neurologa Ospedale S. Maria della Misericordia di Perugia “I sintomi tipici sono la comparsa improvvisa di una mancanza di forza, o formicolio e mancanza di sensibilità ad un braccio e/o ad una gamba, la difficoltà nel parlare, problemi a vedere da un occhio. Quando tali sintomi compaiono solo per alcuni minuti, si parla di attacchi ischemici transitori (TIA), anch’essi molto importanti, in quanto possono essere campanelli di allarme per un ICTUS vero e proprio. In caso di comparsa di uno o più sintomi di questo tipo è indispensabile rivolgersi sempre e con urgenza ad un medico, perché il fattore tempo è fondamentale” .
Ipertensione arteriosa, dislipidemie, diabete, ma anche alterazioni del ritmo cardiaco come la Fibrillazione Atriale sono tutti fattori di rischio. La fibrillazione atriale è la forma di aritmia cardiaca più frequente, in continua crescita nella popolazione generale, colpisce 1 milione di persone nel nostro Paese, aumenta il rischio ischemico di circa 5 volte, ed è responsabile del 15% di tutti gli ictus cardio-embolici (30% negli ultraottantenni). E gli ictus collegati a Fibrillazione Atriale sono più gravi e provocano invalidità maggiore rispetto agli eventi che colpiscono chi non ne è affetto.
“Dal punto di vista delle innovazioni terapeutiche negli ultimi 10 anni abbiamo assistito ad enormi progressi – dice Elio Clemente Agostoni, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze e della Struttura Complessa Neurologia e Stroke Unit dell'Ospedale Niguarda Ca' Granda di Milano, Coordinatore per la Regione Lombardia della Società Italiana di Neurologia (SIN) e della Società Italiana Neurologi, Neurochirurghi e Neuroradiologi Ospedalieri (SNO): dall’introduzione della trombolisi sistemica (farmaci capaci di sciogliere i trombi nell’arteria cerebrale), che ha portato un notevole miglioramento per quanto riguarda la riduzione della mortalità, ma soprattutto della disabilità, alla trombectomia meccanica, ovvero la rimozione attraverso micorocateteri del trombo nell’arteria cerebrale occlusa tramite dispositivi definiti “stent triver” che permettono di catturare il trombo e portarlo fuori dalla circolazione sanguigna. La combinazione di queste due procedure ha dimostrato, in tutti gli studi clinici, un’efficacia decisamente superiore rispetto alla sola trombolisi venosa. Tuttavia, questo approccio terapeutico, per essere efficace, deve essere praticato in una finestra terapeutica ristretta: entro 4 ore, al massimo, dall’insorgenza dei primi sintomi nel caso della sola trombolisi, fino a 6 ore se effettuata in combinazione con la trombectomia meccanica.”
Ma, se da un punto di vista clinico, l’efficacia dell’integrazione delle due terapie è notevole, da un punto di vista organizzativo, non tutti i Centri sono pronti a praticare questa doppia procedura.
“I Centri – spiega Agostoni – devono avere le caratteristiche proprie delle stroke unit di 2° livello: neurologi dedicati e neurointerventisti capaci di aggiungere la seconda azione terapeutica. Dobbiamo perfezionare le stroke unit che hanno già queste valenze, aggiungendo figure professionali che possano costituire la base per offrire questa terapia 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno”.
Importante sarebbe poi strutturare un percorso dedicato all’ictus: ai primi sintomi chiamare il “118” che, a sua volta deve applicare al trasporto un codice di massima gravità (chiamato “codice ictus) che poi venga confermato al triage.
L’ictus è infatti una patologia tempo/dipendente, dove la tempestività degli interventi diventa un elemento cruciale.
Ma all’ictus sarebbe meglio non arrivare. “Per questo l’attività preventiva andrebbe attuata su più livelli – dice Ovidio Brignoli, Vice Presidente SIMG, Società Italiana di Medicina Generale – In primo luogo andrebbe attuato un monitoraggio delle patologie cardiovascolari su una popolazione “sana” con fattori di rischio predisponenti, che presuppone un’attività informativa nei confronti dei cittadini e dei clinici affinché sorveglino attentamente questa fascia di popolazione. Una volta, poi, che un fattore di rischio è stato identificato, ad esempio la Fibrillazione Atriale, è importante impostare un adeguato piano terapeutico, monitorando la persistenza e l’aderenza alla terapia, la sorveglianza degli eventi avversi, il trattamento di eventuali comorbilità extra cardiache (respiratorie, endocrine, metaboliche, ecc.). In questo caso il ruolo del Medico di Medicina Generale diventa imprescindibile”.
Molte le iniziative di ALICE onlus per la giornata mondiale dedicata all’ictus, il 29 Ottobre. Innanzitutto la informazione alla popolazione, poi il punto sugli aspetti più dolenti che deve affrontare chi rimane vittima di questo evento. Non tutte le regioni e non tutte allo stesso modo garantiscono efficaci percorsi di riabilitazione, con specialisti e centri dedicato per il recupero delle funzioni motorie, della parola. Come pure assistenza domiciliare e affiancamento per il ritorno al lavoro.
L’ictus cerebrale è causato dell'improvvisa chiusura o rottura di un vaso cerebrale e dal conseguente danno alle cellule cerebrali dovuto dalla mancanza dell'ossigeno e dei nutrimenti portati dal sangue (ischemia, causato da un coagulo che impedisce al sangue di passare) o alla compressione dovuta al sangue uscito dal vaso (emorragia cerebrale).
Ipertensione, alcune cardiopatie, diabete, sovrappeso, eccesso di colesterolo, sedentarietà, fumo e abuso di alcol sono i principali fattori di rischio che vanno ad incidere sulla salute e l’elasticità delle arterie e della circolazione sanguigna. Alcuni di questi possono essere monitorati (ipertensione) o corretti (soprattutto nel caso di stili di vita non corretti come sedentarietà, sovrappeso e fumo).
“La caratteristica principale dell'ictus è la sua comparsa improvvisa, solitamente senza dolore. Solo nell'emorragia cerebrale c'è spesso mal di testa fortissimo” dice Valeria Caso, neurologa Ospedale S. Maria della Misericordia di Perugia “I sintomi tipici sono la comparsa improvvisa di una mancanza di forza, o formicolio e mancanza di sensibilità ad un braccio e/o ad una gamba, la difficoltà nel parlare, problemi a vedere da un occhio. Quando tali sintomi compaiono solo per alcuni minuti, si parla di attacchi ischemici transitori (TIA), anch’essi molto importanti, in quanto possono essere campanelli di allarme per un ICTUS vero e proprio. In caso di comparsa di uno o più sintomi di questo tipo è indispensabile rivolgersi sempre e con urgenza ad un medico, perché il fattore tempo è fondamentale” .
Ipertensione arteriosa, dislipidemie, diabete, ma anche alterazioni del ritmo cardiaco come la Fibrillazione Atriale sono tutti fattori di rischio. La fibrillazione atriale è la forma di aritmia cardiaca più frequente, in continua crescita nella popolazione generale, colpisce 1 milione di persone nel nostro Paese, aumenta il rischio ischemico di circa 5 volte, ed è responsabile del 15% di tutti gli ictus cardio-embolici (30% negli ultraottantenni). E gli ictus collegati a Fibrillazione Atriale sono più gravi e provocano invalidità maggiore rispetto agli eventi che colpiscono chi non ne è affetto.
“Dal punto di vista delle innovazioni terapeutiche negli ultimi 10 anni abbiamo assistito ad enormi progressi – dice Elio Clemente Agostoni, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze e della Struttura Complessa Neurologia e Stroke Unit dell'Ospedale Niguarda Ca' Granda di Milano, Coordinatore per la Regione Lombardia della Società Italiana di Neurologia (SIN) e della Società Italiana Neurologi, Neurochirurghi e Neuroradiologi Ospedalieri (SNO): dall’introduzione della trombolisi sistemica (farmaci capaci di sciogliere i trombi nell’arteria cerebrale), che ha portato un notevole miglioramento per quanto riguarda la riduzione della mortalità, ma soprattutto della disabilità, alla trombectomia meccanica, ovvero la rimozione attraverso micorocateteri del trombo nell’arteria cerebrale occlusa tramite dispositivi definiti “stent triver” che permettono di catturare il trombo e portarlo fuori dalla circolazione sanguigna. La combinazione di queste due procedure ha dimostrato, in tutti gli studi clinici, un’efficacia decisamente superiore rispetto alla sola trombolisi venosa. Tuttavia, questo approccio terapeutico, per essere efficace, deve essere praticato in una finestra terapeutica ristretta: entro 4 ore, al massimo, dall’insorgenza dei primi sintomi nel caso della sola trombolisi, fino a 6 ore se effettuata in combinazione con la trombectomia meccanica.”
Ma, se da un punto di vista clinico, l’efficacia dell’integrazione delle due terapie è notevole, da un punto di vista organizzativo, non tutti i Centri sono pronti a praticare questa doppia procedura.
“I Centri – spiega Agostoni – devono avere le caratteristiche proprie delle stroke unit di 2° livello: neurologi dedicati e neurointerventisti capaci di aggiungere la seconda azione terapeutica. Dobbiamo perfezionare le stroke unit che hanno già queste valenze, aggiungendo figure professionali che possano costituire la base per offrire questa terapia 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno”.
Importante sarebbe poi strutturare un percorso dedicato all’ictus: ai primi sintomi chiamare il “118” che, a sua volta deve applicare al trasporto un codice di massima gravità (chiamato “codice ictus) che poi venga confermato al triage.
L’ictus è infatti una patologia tempo/dipendente, dove la tempestività degli interventi diventa un elemento cruciale.
Ma all’ictus sarebbe meglio non arrivare. “Per questo l’attività preventiva andrebbe attuata su più livelli – dice Ovidio Brignoli, Vice Presidente SIMG, Società Italiana di Medicina Generale – In primo luogo andrebbe attuato un monitoraggio delle patologie cardiovascolari su una popolazione “sana” con fattori di rischio predisponenti, che presuppone un’attività informativa nei confronti dei cittadini e dei clinici affinché sorveglino attentamente questa fascia di popolazione. Una volta, poi, che un fattore di rischio è stato identificato, ad esempio la Fibrillazione Atriale, è importante impostare un adeguato piano terapeutico, monitorando la persistenza e l’aderenza alla terapia, la sorveglianza degli eventi avversi, il trattamento di eventuali comorbilità extra cardiache (respiratorie, endocrine, metaboliche, ecc.). In questo caso il ruolo del Medico di Medicina Generale diventa imprescindibile”.
Molte le iniziative di ALICE onlus per la giornata mondiale dedicata all’ictus, il 29 Ottobre. Innanzitutto la informazione alla popolazione, poi il punto sugli aspetti più dolenti che deve affrontare chi rimane vittima di questo evento. Non tutte le regioni e non tutte allo stesso modo garantiscono efficaci percorsi di riabilitazione, con specialisti e centri dedicato per il recupero delle funzioni motorie, della parola. Come pure assistenza domiciliare e affiancamento per il ritorno al lavoro.