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MONDO

Russia

Parla l'uomo che 50 anni fa sparò al leader sovietico Leonid Brežnev sulla Piazza Rossa

Viktor Iljin, una passione per le armi e l'odio per il partito comunista sovietico. Dopo 20 anni in un manicomio criminale, oggi racconta

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Viktor Iljin, il tenente dell’Armata Rossa che il 22 gennaio del 1969 sparò al corteo del leader sovietico Leonid Brežnev, per la prima volta ha concesso un'intervista ai mass media russi.

L'allora 21enne ufficiale, di stanza a San Pietroburgo (all’epoca Leningrado), racconta che sapendo dalla stampa del ricevimento organizzato al Cremlino per i cosmonauti sovietici, decise di rubare nella sua unità militare 2 pistole Makarov con 4 caricatori, intenzionato a recarsi a Mosca per assassinare Brežnev. Pernottò da suo zio, sottufficiale della polizia in congedo, si procurò una divisa e travestito da poliziotto si inserì nel cordone degli agenti di guardia all’ingresso al Cremlino. Il caso volle che riuscì a inserirsi esattamente al centro di due diverse unità della polizia, per cui ognuno dei due poliziotti vicini lo credeva appartenente all’altra unità.

A quanto era dato sapere, di solito Brežnev viaggiava nella seconda auto del convoglio, ma quel giorno fu fatto salire sulla quinta autovettura. Al passaggio del convoglio, Iljin tirò fuori le due pistole che aveva nascosto nelle maniche del pastrano e riuscì a sparare 16 colpi in soli 7 secondi. Il bilancio dell’attentato fu di un morto (uno degli autisti) e 3 feriti: un motociclista di scorta e due cosmonauti che erano a bordo della seconda auto, colpiti dai vetri frantumati del parabrezza.

L’attentatore fu arrestato e portato per un interrogatorio nella vicina sede del KFB sulla piazza di Lubjianka, dove confessò senza tentennamenti la sua intenzione di assassinare Leonid Brežnev. Gli sarebbe spettata la pena capitale per fucilazione, ma fu risparmiato per un intervento personale dell’allora direttore del KGB, Jurij Andropov. Dichiarato incapace di intendere e volere, fu internato in un manicomio criminale, dove trascorse 20 anni. Dopo il rilascio, gli fu assegnata una pensione e oggi vive a San Pietroburgo in un monolocale.

Nell’intervista Iljin afferma di aver preparato l’attentato nel giro di 6 mesi e di aver agito per ragioni politiche, motivato dalla protesta contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia nel 1968 e dall'odio verso il partito comunista e la leadership sovietica. Ma, a detta dello stesso Iljin, la molla principale che lo spinse a compiere l’attentato fu la sua passione per le armi, e racconta di essersi sentito come 'drogato' quando prese dall'armeria le pistole poi avrebbe usato per l'attentato.

Oggi, però, Iljin dice di provare un forte dispiacere per il crollo dell’Unione Sovietica e che lui stesso con l'eliminazione di Brežnev voleva in realtà migliorare il suo Paese, concludendo con la lista dei suoi leader storici preferiti: Fidel Castro, Che Guevara, John Kennedy e suo fratello Robert.