MONDO
Un processo durato 8 anni
Un tribunale sudcoreano condanna Tokyo a risarcire le "schiave del sesso"
Una sentenza storica è stata emessa dal tribunale del distretto centrale di Seul ordinando al governo giapponese di risarcire dodici 'schiave del sesso' della Seconda Guerra Mondiale. Una decisione che non sarà gradita a Tokyo con costi per 100 milioni di won, pari a 91 mila dollari, a ciascuna delle vittime o alle loro famiglie

Si tratta del primo caso giudiziario riguardo alle ragazze fatte schiave del sesso dalle truppe di occupazione giapponese che eufemisticamente venivano etichettate come "donne di conforto". Tokyo e Seul sono entrambe grandi alleate degli Stati Uniti, ma le loro relazioni sono tese a causa del dominio coloniale giapponese dell'inizio del XX secolo e ulteriormente peggiorate negli anni del governo sudcoreano di centro-sinistra guidato da Moon Jae-in.
Gli storici ritengono che fino a 200.000 donne, per lo più coreane, ma anche di altre parti dell'Asia, compresa la Cina, furono costrette a lavorare come prostitute per i militari giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale. La sentenza giunge dopo un processo durato otto anni fa. Da allora alcuni dei querelanti originari sono morti e sono sono stati sostituiti dalle
rispettive famiglie.
Tokyo, in questi anni, ha boicottato il procedimento e sostiene che tutte le questioni di risarcimento derivanti dal suo dominio coloniale sono state risolte con il Trattato del 1965 che normalizza le relazioni diplomatiche con i Paesi i vicini. Il governo giapponese nega inoltre di essere direttamente responsabile degli abusi di guerra, insistendo sul fatto che le vittime erano state reclutate da civili e che i bordelli militari erano gestiti da privati. La disputa si è inasprita nonostante Seul e Tokyo avessero trovato un accordo nel 2015 volto a risolvere la questione "definitivamente e irreversibilmente" con le scuse giapponesi e la creazione di un fondo da un miliardo di yen per i sopravvissuti. Ma il governo sudcoreano di Moon ha dichiarato difettoso l'accordo raggiunto sotto il suo predecessore conservatore e lo ha di fatto annullato, citando la mancanza del consenso delle vittime.
La mossa ha portato a un'aspra disputa diplomatica che ha finito per incidere sui legami commerciali e di sicurezza fra i due Paesi. Lo stesso tribunale di Seul si pronuncerà la prossima settimana su una causa simile intentata contro Tokyo da altre 20 donne e dalle loro famiglie.
Gli storici ritengono che fino a 200.000 donne, per lo più coreane, ma anche di altre parti dell'Asia, compresa la Cina, furono costrette a lavorare come prostitute per i militari giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale. La sentenza giunge dopo un processo durato otto anni fa. Da allora alcuni dei querelanti originari sono morti e sono sono stati sostituiti dalle
rispettive famiglie.
Tokyo, in questi anni, ha boicottato il procedimento e sostiene che tutte le questioni di risarcimento derivanti dal suo dominio coloniale sono state risolte con il Trattato del 1965 che normalizza le relazioni diplomatiche con i Paesi i vicini. Il governo giapponese nega inoltre di essere direttamente responsabile degli abusi di guerra, insistendo sul fatto che le vittime erano state reclutate da civili e che i bordelli militari erano gestiti da privati. La disputa si è inasprita nonostante Seul e Tokyo avessero trovato un accordo nel 2015 volto a risolvere la questione "definitivamente e irreversibilmente" con le scuse giapponesi e la creazione di un fondo da un miliardo di yen per i sopravvissuti. Ma il governo sudcoreano di Moon ha dichiarato difettoso l'accordo raggiunto sotto il suo predecessore conservatore e lo ha di fatto annullato, citando la mancanza del consenso delle vittime.
La mossa ha portato a un'aspra disputa diplomatica che ha finito per incidere sui legami commerciali e di sicurezza fra i due Paesi. Lo stesso tribunale di Seul si pronuncerà la prossima settimana su una causa simile intentata contro Tokyo da altre 20 donne e dalle loro famiglie.